Mondiali 1950: URUGUAY

Il capocannoniere Ademir

Una beffa, quel mondiale perduto nell’ultima mezz’ora contro l’Uruguay, davanti al pubblico di casa, nella tana iperprotettiva del Maracanà di Rio de Janeiro. Una beffa e quasi un dramma popolare, quel Mondiale ’50 che quasi tutti in Brasile consideravano già acquisito, perduto sul filo di lana. Una pagina nera con un solo lampo coloratissimo. Un solo nome nel buio della sconfitta, quello di Ademir. Che più che infilare nove gol nelle reti avversarie proprio non poteva. Ricapitolando: doppietta al Messico e gol alla Jugoslavia nelle fasi eliminatorie, quattro reti alla Svezia in uno spettacolare 7-1, due alla Spagna (a fianco un momento del match)nel girone finale. Non bastarono.

Lui, Marques Ademir, restò nella leggenda che già si era costruito negli anni precedenti. Di quella Selecão era la “punta de lonza”, l’attaccante di lancio che doveva fornire l’ultimo passaggio smarcante ai compagni di reparto. Ma quando il compagno non era nel posto giusto al momento giusto, ci pensava lui. E succedeva spesso, in Nazionale come nei club in cui prestò servizio.

Il primo è l’Esporte Club di Recife, la città dove era nato l’8 novembre del ’24 (ma alcuni statistici sono certi che l’anno di nascita esatto sia il ’22). Da lì, grazie a un tour con la selezione pernambucana, Ademir si fa conoscere. Sul giovane fenomeno arriva il Fluminense, che propone alla società di Recife un paio di giocatori per il cambio. Affare fatto, siamo nel 1942 e il ragazzo, secondo gli annali, ha diciotto anni. Arriva nella sede del “Flu” per la firma, ma il contratto non è pronto e si rinvia di ventiquattro ore. Mal ne incoglie alla società in colpevole ritardo, perché il padre del ragazzo ha nel frattempo trattato con il Vasco da Gama, che offre qualcosa in più. Ademir si accasa presso la società di Sào Januario, dove il tecnico Flavio Costa lo schiera inizialmente nel ruolo di interno, per poi spostarlo sulla sinistra e infine, per sfruttare meglio la sua velocità e il suo opportunismo nell’area, gli affida il numero nove.

Scelta perfetta: Ademir vince subito il campionato carioca, nel ’45. Il 21 gennaio 1946 Costa, che è anche Ct della Nazionale, lo fa esordire in verdeoro. Nello stesso anno il Fluminense riesce finalmente ad assicuraselo. «Datemi Ademir e vinco il campionato», assicura il tecnico Gentil Cardoso. Glielo danno, e lui mantiene la promessa, vincendone addirittura due in fila. Poi la società entra in un periodo di crisi, e il Vasco si riprende il suo gioiellio, assicurandosi così altri tre titoli: nel ’49 (con 54 reti in 43 incontri!), nel ’50 e nel ’52.

In mezzo, appunto, il Mondiale della grande beffa e del grande bottino personale. Nel ’52, con la Selecao, si rifa vincendo il torneo Sudamericano in Cile, immerso in una prima linea da sogno: Julinho, Didì, Ademir, Pinga e Rodriguez. L’ultimo contratto lo firma nel giugno del ’55, ma riesce a rispettarlo per pochissimo tempo, senza colpe: una lesione alla gamba lo costringe a mollare, a soli 32 anni. Chiude con un ruolino di marcia eccezionale: 478 reti tra Recife, Vasco e Fluminense, una ventina tra selezione pernambucana e carioca, 35 su 39 partite in verdeoro.

LA CLASSIFICA CANNONIERI

9 reti: Ademir (Brasile);
6 reti: Schiaffino (Uruguay);
5 reti: Zarra (Spagna);
4 reti: Chico (Brasile), Basora (Spagna), Ghiggia (Uruguay);
3 reti: Palmer e Sundqvist (Svezia);
2 reti: Baltazar, Jair e Zizinho (Brasile), Cremaschi (Cile), Carapellese (Italia), Ciaikovski II e Tomasevic (Jugoslavia), Lopez (Paraguay), Andersson e Jeppson (Svezia), Fatton (Svizzera), Miguez (Uruguay);
1 rete: Alfredo, Friaça e Maneca (Brasile), Prieto, Riera e Robledo (Cile), Finney e Mortensen (Inghilterra), Muccinelli e Pandolfini (Italia), Bobek, Mitic e Ognjanov (Jugoslavia), Casarin e Velazquez (Messico, Igoa (Spagna), Mellberg (Svezia), Bader e Tamini (Svizzera), Varela, Perez e Vidal (Uruguay), Gaetjens, E. Souza, J. Souza e Wallace (Stati Uniti)