Viene assegnata definitivamente la Coppa Rimet ed a conquistarla è la squadra guidata da O’Rey al suo terzo titolo in dodici anni. Dopo i carioca si classifica l’Italia che in semifinale ha disputato con la Germania la più appassionante partita della storia calcistica di un Mondiale
Gli avvenimenti del calcio internazionale che caratterizzano il quadriennio che va da Londra 1966 a Città del Messico 1970, incidono profondamente nello svolgimento della Coppa messicana. Nel 1967 l’Uruguay trionfa nel Campionato Sudamericano, nel ’68 l’Italia ritorna alle vittorie internazionali vincendo la Coppa Europa per Nazioni e ritroveremo le antiche dominatrici degli anni trenta fra le protagoniste di Città del Messico. Il calcio progredisce velocemente verso la perfezione atletica degli attori, la Germania e l’Inghilterra hanno rispettato da sempre i canoni della «performance» atletica nel calcio, ma ora è l’Olanda a rivoluzionare i concetti sui quali avevano dissertato per lungo tempo i teorici della scienza calcistica. L’Olanda non ha ancora raggiunto quella caratura internazionale necessaria alla diffusione delle teorie che Rinus Michels sta imponendo all’Ajax di Amsterdam, eliminata com’è in Coppa Europa dall’Ungheria e nelle qualificazioni per la Coppa Rimet dalla Bulgaria, ma la formazione dei « lancieri » sta salendo la scala dei valori continentali con una fioritura di campioni come Suurbier, Hulshoff, Keizer e soprattutto Cruijff, nella massima competizione Europea di Club dove nel 1968-’69 raggiunge la finale e l’anno dopo è il Feyenoord di Van Hanegem a trionfare nella finale di Milano.
Per intanto a Città del Messico il problema dell’altura favorisce chi ha studiato con attenzione le condizioni ambientali nelle quali si dovrà sostenere lo sforzo fisico, tenendo conto della rarefazione dell’aria, della maggiore velocità del pallone e della capacità da parte degli atleti di saper dosare lo sforzo. Al mondiale messicano hanno aderito 70 federazioni, con una partecipazione massiccia di paesi africani, sottoposti ad un lunghissima trafila di incontri per esprimere un solo partecipante alla fase finale: il Marocco. La zona centro-americana è rappresentata da El Salvador e dal Messico organizzatore e l’Asia-Oceania da Israele che ha regolato l’Australia vincitrice del gruppo XV composto da Corea del Sud, Giappone e appunto Australia. La rappresentanza europea è sempre nutrita: Italia, Romania, Cecoslovacchia, URSS, Svezia, Belgio, Germania, Bulgaria e l’Inghilterra detentrice e fra le sudamericane s’affaccia il Perù, che ha eliminato l’Argentina, Brasile e Uruguay completano la rappresentanza del continente latino-americano.
Il Messico che ha già organizzato le Olimpiadi, un paio d’anni prima accoglie le delegazioni nazionali con l’ardore di una ospitalità tradizionale, con i suoi colori sgargianti, con la realtà di un paese che cerca attraverso il collegamento con il resto del mondo, la soluzione dei molti problemi che travagliano la struttura sociale.
Gli Aztechi avevano insediato nella moderna Città del Messico, la loro capitale Tenochtitlan e lo stadio Azteca che accoglierà la finale è dedicato a quei lontani progenitori, una struttura monumentale, ma funzionale. L’antica terra che sedusse Cortez il conquistatore, ospita nelle sue città i moderni conquistatori disarmati.
Vengono composti i quattro gironi: a Mexico City, URSS, Belgio, El Salvador e Messico; a Puebla e Toluca, Italia, Uruguay, Svezia ed Israele; a Guadalajara, Inghilterra, Romania, Brasile e Cecoslovacchia; a Leon, Germania, Bulgaria, Perù e Marocco. Il 31 maggio, il presidente messicano Echevarria, dichiara aperta la Coppa del Mondo, pochi istanti prima che le nazionali dell’URSS e del Messico si schierino sul campo per l’incontro d’apertura…