Mondiali 1994: BRASILE

La Rivoluzione di Sacchi

Italia ’90 era diventata la Grande Occasione perduta. Fosse vera oppure no la tentazione di Matarrese di cacciare subito Vicini, per lui il Ct dopo Italia-Argentina non fu che un estraneo in casa, in attesa di adeguato rimpiazzo. La Federcalcio, economicamente florida, poteva puntare ai più costosi tecnici di club. Dal canto suo Vicini, che non era un cuor di leone, avvertendo il filo della lama molto vicino al collo reagi a modo suo: cercando di muoversi il meno possibile. E andò incontro alla rovina.

Al ritorno dalle vacanze, il Ct stila il bilancio del Mondiale, lamentando l’assenza di vantaggi del fattore campo e l’atteggiamento non certo favorevole degli arbitri. Per tutta risposta, Matarrese soffia acido: «Vicini è scivolato su una buccia di banana con questa polemica. Era l’ultima permessa: non avrà un’altra possibilità di rialzarsi». Pochi giorni dopo, il Ct azzurro scivola per davvero, precipitando dal balcone di casa a Cesenatico e scampando alla tragedia grazie al telone di una pizzeria sottostante. Non appena esce dall’ospedale (frattura di un tallone), lo attendono le qualificazioni per gli Europei 1992, nel girone di Ungheria, Urss, Norvegia e Cipro.

Il girone, sulla carta accessibile, diventa rapidamente un percorso ad ostacoli per Vicini. Fallito il traguardo, il 15 ottobre 1991 il Mister azzurro, rifiutatosi fino all’ultimo di rassegnare le dimissioni, viene esonerato. Tre giorni dopo, Arrigo Sacchi, interrotto il rapporto col Milan, firma il suo primo contratto da Ct. Dai 300 milioni l’anno di Vicini si passa al miliardo e cento milioni netti per la prima stagione del suo successore. Che poi otterrà una ancora più sostanziosa conferma.

Sacchi presenta alla stampa la “rivoluzione culturale”: bandita la figura del semplice selezionatore dei migliori talenti, il suo progetto è diventare un Ct a tempo pieno, intento ad allestire una squadra “sua”. Grazie agli “stage” periodici, addestrerà tatticamente i giocatori al modulo a zona, così da costituire un catalogo di azzurri o azzurrabili perfettamente intercambiabili. In tre anni, ne chiamerà ben 71.

Il verbo tattico sviluppa concetti ossessivamente ripetuti: squadra corta, pressing, attacco degli spazi, “ripartenze” (una modernizzazione linguistica dell’antico contropiede), ferree equidistanze tra i reparti. Lo schema base prevede tre linee orizzontali davanti al portiere, con quattro difensori in linea, quattro centrocampisti e due attaccanti.

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13 ottobre 1993, Italia-Scozia 3-1. Da sinistra in piedi: Costacurta, Mussi, Casiraghi, Dino Baggio, Pagliuca, Eranio. Accosciati da sinistra: Stroppa, Donadoni, Roberto Baggio, Baresi e Benarrivo

Nei ritiri, il motto diventa: soffrire. Sveglia a orari da caserma, ripetizione esasperata dei movimenti sincroni, studio di tutte le figure di gioco, i cosiddetti “schemi” che la squadra deve mandare a memoria, così da attingervi in partita a seconda delle esigenze. Vita dura, per i fuoriclasse. Sacchi non li bandisce, ma capovolge un concetto classico: non è la squadra a lavorare al loro servizio, sono loro a dover piegare il proprio talento alle necessità collettive. Il copione conta più dell’improvvisazione del grande attore. E il risultato conta solo se prodotto da un gioco adeguato.

L’Italia nel frattempo è stata inserita in un girone mondiale abbordabile, anche se il Ct ne ingigantisce le difficoltà, esaltando le grandi tradizioni (?) di Portogallo e Scozia, nostri compagni di viaggio assieme a Svizzera, Malta ed Estonia, con due posti disponibili per Usa ’94. Le qualificazioni  passano attraverso alti e bassi, con importanti e decisive vittorie contro Portogallo in trasferta per 3-1 (reti di Roberto e Dino Baggio e tris di Casiraghi) e Scozia a Roma sempre con il medesimo punteggio (Donadoni, Casiraghi ed Eranio). Primo posto nel girone e tutti contenti.