1954 – Benito Lorenzi e la grande congiura

I ricordi del compianto Benito “Veleno” Lorenzi ci portano al Mondiale svizzero del 1954, un’altra sfortunata spedizione azzurra, costretta ad affrontare i padroni di casa favoriti sfacciatamente dagli arbitri…


Veleno. C’era anche lui in Svizzera nello sgradito (per il football italiano) 1954, primi mondiali fissati sulla tv, clamoroso trionfo dei tedeschi del vecchio Herberger sugli ingenui, ma sino a un certo punto, magiari guidati in campo dal colonnello Ferenc Puskas. Mondiali del supporto chimico più o meno palese: i campioni del mondo svernarono nelle cliniche della Repubblica federale con disturbi epatici.

Gli svizzeri che ci batterono per quattro a uno nella seconda partita e che ci spedirono in fretta e furia a casa sgusciavano come pipistrelli. Non dico che fossero “bombati”, le prove non c’erano, però avevano fatto due partite in tre giorni come noi e come noi dovevano essere stanchi. Invece niente, ci schiacciarono sul piano fisico. Poi qualcosa si capì, più tardi (quando la Svizzera entrò nei quarti di finale) giocarono contro l’Austria, nel primo tempo mi pare fossero in vantaggio di qualche gol, ma la partita finì 7 a 5 per gli austriaci! Un crollo sospetto“.

In Svizzera nel 1954 tutto andò storto. Fra l’altro avevamo la disgrazia di doverci confrontare coi padroni di casa. Due partite, due sconfitte. Ma fu decisiva la prima, fu un bel tipo di arbitro, un brasiliano, Viana, che ci buttò fuori più che gli svizzeri“.

Un arbitro che voi prendeste a calci alla fine dell’ incontro….
Come al solito dissero che ero stato io. Sì, certo qualche calcio glielo sferrai pure io, ma ero uno degli ultimi, gli altri lo avevano già spintonato, scalciato, se lo meritava. E quando entrò nello spogliatoio corse incontro a un certo signor Andreolo ex campione del mondo che era il nostro accompagnatore come per chiedergli protezione visto che era sudamericano come lui. Per tutta risposta Andreolo, quando gli fu a tiro, gli piazzò un cazzotto in faccia. Quel Viana non arbitrò più, fu radiato e perdonato solo trent’anni dopo“.

Ma che cosa aveva fatto per meritarsi l’aggressione?
Nel primo tempo aveva segnato Ballaman, Boniperti aveva pareggiato a un minuto dall’ intervallo. Nella ripresa ci fu una nostra azione travolgente, Galli se ne andò via saltando due avversari, il suo tiro finì sul palo, io ero là, con due svizzeri sulla linea di porta e buttai dentro la palla. Viana fischiò e annullò il gol che ci avrebbe dato la qualificazione per i quarti. Il gol era regolarissimo, ma Viana prima disse che era fuorigioco, ma come? con gli svizzeri sulla linea di porta? Poi cambiò idea dicendo che c’era stato un fallo di Galli, e come, dribblare due avversari significava commettere fallo? Ma non finì così, a una diecina di minuti dalla fine, sempre sull’uno a uno, il più pericoloso degli elvetici, il centravanti Huegi, scappò in contropiede, prese per la maglia Tognon spostandolo, Viana fischiò da metà campo, ma Huegi segnò lo stesso, e l’incredibile arbitro convalidò il gol. Una cosa pazzesca. La dimostrazione che era stata commessa una frode ai nostri danni viene dal fatto che nemmeno un’ammonizione fu distribuita agli azzurri che avevano riempito di insulti e di calci l’arbitro“.

Ma potevate recuperare, dovevate incontrare ancora la Svizzera dopo aver battuto subito dopo il Belgio per 4 a 1.
Sì, ma eravamo distrutti, stanchi, c’era tensione. Czeizler, che comandava, era un bonaccione, un filosofo, un tipo tranquillo, lui era abituato col Milan, bastava che funzionassero Gren, Nordahl e Liedholm e tutto filava liscio. No, con gli azzurri ci voleva il bastone e la carota. Non volle cambiare per il secondo scontro con gli svizzeri, mettere Ferrario al posto di Tognon, che era un grande stilista, ma non sapeva come prendere Huegi, il quale gli andava via da tutte le parti. Ci sarebbe voluto Ferrario che era non dico più cattivo, ma più deciso, più sbrigativo, con lui Huegi non avrebbe avuto via libera, lo avevo detto a Ferrario, Rino devi giocare tu, l’avevo detto anche a Czeizler. Pensa te, dicevo a Ferrario, tu vuoi giocare e non giochi, io voglio riposare perchè sono troppo stanco, ma devo andare in campo. Avevo chiesto a Czeizler un po’ di respiro, ma che cosa mi aveva risposto lui? Lorenzi non vorrai mica tradire la Patria proprio in questo momento, no? Sì, aveva tirato in ballo la Patria, l’Italia. E giocai, per venti minuti feci meraviglie, poi sparii“.

Anche allora polemiche a non finire, schieramenti giornalistici su fronti diversi, Czeizler che non sapeva che pesci pigliare, scelte sbagliate, una gran confusione. Contro la Svizzera nella prima partita giocarono Ghezzi, Vincenzi, Giacomazzi, Neri, Tognon, Nesti, Muccinelli, Boniperti, Galli, Pandolfini, Lorenzi. Czeizler aveva deciso per il pacchetto difensivo dell’Inter (con dentro Tognon), che aveva appena vinto il campionato col catenaccio di Foni. Il guaio è che l’ungherese li fece giocare col “sistema”.I tempi erano quelli delle feroci battaglie dialettiche sui moduli, il gioco all’italiana, col battitore libero, predicato da Brera, stentava ad imporsi perchè molti lo consideravano una tattica distruttiva.

Nella seconda partita, quella del 4 a 1, Czeizler schierò Viola, Magnini, Giacomazzi, Mari, Tognon, Nesti, Muccinelli, Pandolfini, Lorenzi, Segato, Frignani. Come Mazza quattro anni prima in Brasile con Campatelli, aveva inserito un mediano, Segato, nel ruolo di mezz’ala. E ci fu il crollo, ironia della sorte proprio contro una squadra, la Svizzera, che applicava il “verrou”, cioè il “catenaccio” di Rappan. Lorenzi non ricorda granchè delle polemiche, dei litigi, delle contraddizioni, degli equivoci, rammenta però che Rinone Ferrario si presentò quasi furibondo al pullman che doveva portare la squadra allo stadio di Basilea per la seconda partita con gli elvetici.
“Ferrario era nero, salì per ultimo mentre il pullman stava per partire. Entrò e sbattè il portello con tale violenza che il torpedone tremò tutto. Io me ne stavo zitto, sentivo che ero stanco, ma Czeizler mi aveva ripetuto: tu sei in grande forma, sei scattante, devi giocare. Ci aspettava una batosta memorabile”.

Testo raccolto da Aldo Pacor