1974 – Riva: “Troppi campioni, troppi clan”

L’avventura in nazionale di Gigi Riva si concluse a Stoccarda vedendo dalla panchina la disfatta azzurra contro la Polonia. I motivi del fallimento? Troppi galli nel pollaio.


Secondi al Messico, i calciatori italiani marciarono sulla Germania convinti di fare sfracelli. Venivano da un 1973 eccezionale. Doppia vittoria con l’Inghilterra (e per la prima volta era stato violato il “tempio” di Wembley, campo per noi, fino ad allora, inaccessibile), vittoria sul Brasile, pareggio coi tedeschi. Erano tutti, bravi, famosi, maturi: Burgnich e Facchetti, Zoff in porta (e Newsweek gli aveva addirittura dedicato una copertina), Rivera e Mazzola, Benetti e Capello, Gigi Riva, Anastasi, Chinaglia.
Era nutrito, agguerrito il gruppo della Lazio (c’erano anche Re Cecconi e Wilson fra gli altri). Molti avevano paura dell’Italia, e l’Italia, clamorosamente, fallì: 3 a 1 con Haiti, 1 a 1 con l’ Argentina, 1 a 2 con la Polonia, tutti a casa, i mondiali li vinsero i tedeschi, Muller e Beckenbauer sulla “nuova” Olanda. E Riva ringhia, sbuffa, non s’è divertito, Gigi Riva, a Stoccarda.

Troppi campioni, troppi che si sentivano bravi, troppa gente che pretendeva un posto in squadra. In un mondiale i migliori, i più bravi sono quelli che vanno in panchina ed in tribuna senza fiatare. Come capitò a Bearzot. In Germania invece tutti si sentivano fenomeni, tutti pretendevano un posto, la squadra non era basata su un gruppo, come in Messico, dove noi del Cagliari eravamo sei. Un mosaico strano, nelle sue scelte Valcareggi non tenne conto di questi fattori, e invece l’ambiente è determinante per il risultato. Bastano infatti uno o due giocatori fuori posto per rovinare tutto. Così fu. L’occasione perduta era grossa: c’erano due squadre fuori dalla nostra portata anzitutto l’Olanda; io non avevo mai visto, e non ho più visto in seguito, una squadra bella come quella. E poi la Germania, un gradino meglio di tutti gli altri, certamente. Ma noi eravamo da terzo posto. E invece le polemiche guastarono tutto“.

Riva, ma che succedeva? Perchè, insomma, eravate una nazionale così inquieta?
Bah, non saprei spiegarmelo, io ho sempre cercato di stare fuori da storie del genere, l’avevo fatto in Messico ai tempi della staffetta, certo non volevo cambiare atteggiamento quattro anni più tardi. Mi ricordo che aveva cominciato a fare confusione Juliano, fin dai tempi del raduno di Coverciano. La sua era stata una sparata contro il Nord. “Sono favoriti dalle scelte di Valcareggi gli squadroni del nord, non è giusto”, cominciò lui, tanto per tranquillizzare l’ambiente. Ma non solo lui, altri tre o quattro personaggi, dentro al gruppo, minavano la serenità di tutti. Io avevo i miei problemi: mi ero fatto male a Varese, poco prima di partire per il raduno, mi ero stirato. Valcareggi mi pregò di non dirlo a nessuno, non voleva creare allarmi. E io stavo zitto ed ero preoccupato“.

Invece qualcun altro parlava…
Troppo. Già fin dall’amichevole in Austria tirava aria brutta. Nell’intervallo Valcareggi sostituì Chinaglia. Ho letteralmente placcato Giorgio sulla porta degli spogliatoi, era inferocito, voleva andare su dai giornalisti. Voleva sparare a zero su Valcareggi. Purtroppo Giorgio era mal consigliato, a quei tempi. C’era nel nostro gruppo chi aveva influenza su di lui e gli faceva del male, lo indirizzava su vie sbagliate. Io non faccio nomi, pensateci voi, dico solo che avevano appena vinto lo scudetto, tutti e due“.

Certo che Chinaglia ne combinò di tutti i colori, compreso il famoso gestaccio alla panchina, quando venne sostituito contro l’Haiti, da Anastasi.
Mamma mia, mamma mia. Io a Chinaglia voglio bene, abbiamo fatto il militare insieme, ma quella volta non potevo essere d’accordo con lui. Venne commesso, dallo staff, un errore madornale. Dovevano mandarlo a casa. Così come voleva Allodi. Bisognava dare un esempio in quella situazione di caos. Aveva sbagliato, doveva pagare. Se fosse andato via lui, sono convinto che avremmo combinato qualcosa di più“.

Non è che contro l’Haiti aveste entusiasmato, però.
Io non stavo bene, ma ricordo quella partita come un incubo. Quel portiere di Haiti, in tutta la sua carriera, si è divertito solo con me. Ha preso tutto. Almeno cinque occasioni in cui io già gridavo al gol. Comunque, niente di allarmante, avevamo preso un gol in contropiede e poi ne avevamo segnati tre. Tutto regolare, insomma. Invece, al ritorno da quella partita, successero cose turche“.

E cioè?
Eravamo in treno. Si parlava, fra noi e con Valcareggi. Mi sono vergognato di giocare insieme a certa gente. Ognuno tirava acqua al proprio mulino. Chiunque o quasi si alzava a parlare diceva: devo giocare io, sono in forma e sono bravo. Io dissi solo una cosa: posso cambiare vagone, per favore? Ero schifato. E altri perplessi erano Burgnich e Zoff, gente che parla poco, che preferisce i fatti“.

Che stava succedendo esattamente?
C’erano troppi clan. C’era Mazzola in grande forma, che non voleva più stare all’ala, ruolo in cui s’era adattato malvolentieri. C’era Rivera che non stava bene, ingrassato, imbolsito. Con Mazzola e Rivera, soprattutto quel Rivera, a centrocampo, altri giocatori erano costretti ad un superlavoro. Chinaglia accusava Valcareggi di favoritismi, altri gli dicevano che non poteva insistere con Rivera. In generale i discorsi erano bambineschi, stupidi. Una gran pena, davvero. Mazzola però si teneva al di fuori, Facchetti anche. Invece Juliano, Chinaglia ed il suo consigliere personale attizzavano il fuoco insieme a tutti quelli rimasti fuori squadra. Incredibile“.

Intanto arrivò l’Argentina e fu pareggio, deludente.
Vero che giocammo male, vero anche che il pareggio poteva anche essere un buon risultato e che Mazzola, dopo un’azione con me, sfiorò il palo di quattro dita; era gol fatto, ma non c’è andata bene. Io continuavo a non essere al massimo, praticamente avevo sostenuto il primo allenamento contro Haiti, avevo ancora bisogno di tempo“.

E Valcareggi la mise fuori per Polonia-Italia, quella decisiva.
Le cose andarono così. Valcareggi aveva deciso di fare a meno di Rivera. Arrivò un ordine da Milano: allora fuori anche Riva; così sembra. Io accettai tranquillo: speravo di poter tornare in forma nelle partite successive, e poi volevo che l’ambiente fosse tranquillo. In fondo, con la Polonia ci bastava pareggiare, non era poi una situazione drammatica“.

Invece ce le suonarono di brutto.
Si. Me ne accorsi subito. Ero in panchina accanto ad Albertosi, si fece male Burgnich dopo qualche minuto e dissi: Ricky, facciamo le valigie e andiamo a casa, è inutile. Loro trovarono due grandi gol, la nostra reazione non fu malvagia, solo sfortunata un po’ troppo affannosa. Poteva andarci meglio, nel secondo turno avremmo cambiato registro, come capita spesso alle nostre nazionali. Ma ci voleva perlomeno un altro ambiente, un gruppo; Bearzot l’ha capito, dopo“.

Fonte: Luca Argentieri

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