Mondiali 1986: Italia-Argentina 1-1

Mario Sconcerti – La Repubblica 6 giugno 1986

E’ vero che il fine giustifica i mezzi?

E’ finita nel pareggio che l’Argentina voleva e l’Italia probabilmente si augurava. La morale, forse non facile da apprezzare a caldo dopo uno spettacolo che ha rasentato a lungo la burletta, è che entrambe le squadre sono a un passo dalla qualificazione. L’obiettivo è centrato, ma è costato carissimo in popolarità e credibilità. Il gioco scintillante della partita d’esordio aveva forse portato tutti un po’ oltre l’ostacolo.

Questa brutta serata di calcio, ci fa ricadere di colpo nel nostro tran tran degli ultimi anni e alla piccola paura di svegliarsi una notte ormai qualunque fuori dai campionati del mondo. Che sarebbe stata una brutta partita, era facile comunque immaginarlo. Bilardo è l’unico commissario tecnico al mondo ad aver apprezzato il vecchio gioco all’ italiana. Siccome la paura comune era tanta, la logica conseguenza che ne poteva derivare era una partita tra due squadre che si guardavano da lontano cercando di far passare il tempo senza spaventarsi troppo a vicenda.

Il fallo di mano di Batista e il conseguente colpo di buona volontà dell’ arbitro Keizer hanno paradossalmente sconvolto tutto il cammino annunciato.L’Argentina è stata costretta a raddoppiare il ritmo e gli schemi offensivi, la partita è diventata per mezz’ ora una zuffa nella metà campo italiana fuori da qualunque ordinanza. Il prodigioso triangolo di Maradona con Valdano e il clamoroso errore di Galli sul tocco del fuoriclasse argentino in parcheggio miliardario a Napoli, hanno improvvisamente restituito alla partita la malinconica linearità che si era auspicata. Il resto è stato un piccolo supplizio su cui alla fine non credo convenga nemmeno sputare troppo.

All’Italia adesso basta una vittoria qualunque contro la Corea per passare il turno. Con quattro punti si va agli ottavi quale che sia il risultato delle altre. Resta l’amaro di una partita non giocata, quasi soltanto subito, resta un secondo tempo vissuto come una costrizione umiliante, un balletto faticoso in mezzo ai fischi di tutto il mondo. Un brusco richiamo alla realtà dopo la fuga di sabato scorso che arriva però proprio nel momento in cui s’allenta la paura. Il fine insomma giustifica i mezzi. E’ sempre stato così anche nel calcio. Ma chi giustificherà Italia e Argentina?

La splendida rete di Maradona
La splendida rete di Maradona

Questa l’analisi di Gianni Brera:

Ci telefonano da Roma: l’intera nazione è stata scossa dalla mediocrità dei suoi paladini in azzurro; giova tranquillarla, con argomenti adeguati, oppure dichiararle, fuori dai denti, che di più non si puole sperar. Il primo impulso è di tornare a letto, poi di salvarsi nell’ ironia, anzi nel sarcasmo. Deh, come è vero che non vi è nulla di più inedito della carta stampata! O non si capiva che le nostre cronache erano rattenute dal pudore, che le nostre speranze erano – come dire? – un tantino coatte? Il cuore voleva, la ragione protervamente escludeva! Che vi aspettavate, di grazia? Il bravissimo Bearzot ha compicciato una zattera non malvagia, però del tutto priva di punti forti. Questa zattera è stata mollata in acque non proprio chiare e tranquille.

Ha dato subito prova di essere compatta la sua parte. Fuor di metafora, ha segnato un bel gol sbagliandone altri sei: e nel finale si è lasciata infilare dalla proterva cornata di un bulgaro. Poi si è fatta avanti l’Argentina, zeppa di oriundi incarogniti dal sangue misto. Avevo personalmente una paura folle. Per me è andata benissimo, per la nazione civile (sic) mi dicono malissimo. Quel gioco esitante, quella cronica mancanza di idee, quei timidi passaggi a lato o addirittura indietro. Che figura era quella, per dei campioni mondiali?

Molto bene espresso lo sdegno, ancor meglio la delusione. Ma che lingua si è parlata finora? Che prodezze si aspettava la popolazione civile da grilli vivaci e salterini quali Galderisi, De Napoli, Di Gennaro? Finora ha fatto faville il lungo e quasi dinoccolato Altobelli, argutamente chiamato Spillo, che non ha mai saputo con precisione dove i suoi piedi lunghi e distanti mettessero palla. Se lui è il migliore, degli altri che sarà mai? Conti suona l’ arpa, strumento assai difficile, e se le sue mani sono un pò intorpidite, le corde si confondono al multiplo tatto: pensa la perifrasi, per dire con qualche eufemismo che non è in forma, il nostro prodigioso omino! Di Gennaro si comporta da mite impiegato di concetto dove occorrerebbero genio e potenza. De Napoli è la felice invenzione di un giorno (sento che farà faville con i ranocchi coreani). Il grande portiere non è ancor nato, o se è nato siede in disparte. Scirea incanta per la misura, che nei vecchini vuol dire anche impotenza. Cabrini non osa un tackle e neppure un’ affondata. Bagni è genio e sregolatezza. Bergomi ligneo e gnocco, nei suoi furori agonistici. Vierchowod, il bergorusso, muove pietre granitiche in forma di piede: bello e possente quando salta, recupera, anticipa, però granitico di piede, e sordo.

Ora, da questa amata accozzaglia di semplici, pretendeva la popolazione civile che uscissero meraviglie di gioco? Quale ingenua fedeltà alla storia passata (è il nostro vero guaio): quella recente è misera e quasi infelice: perdiamo in casa con sopravvivenze vichinghe intronate di grasso e di presunzione, buschiamo dagli orgogliosi polacchi, dai superbi tedeschi e seguitiamo imperterriti a considerarci campioni del mondo? Vale un tantino del ducione, che vedeva quadrate legioni nei disoccupati con la berretta nera e il fiocco spenzolante.

Dice adirato: e tu, perchè non lo scrivi? Ricordo il messaggero che recava la notizia della caduta di Damasco: il gran sultano lanciò un grido deluso e sguainò la draghinassa: il messaggero giacque sbudellato. Si dà anche questo fenomeno da noi: che se tu pretendi di riferire il vero in materia di misteri agonistici, subito sollevi lo sdegno dei benpensanti e beneamanti. Così tenete, o genti: questo vi prodigo. Io non ci credo e lo dico, ma costringo l’ adusato cerebro a credere obbedire e combattere.

Con l’Argentina abbiamo preso un mucchio di calci, peraltro restituiti male. L’ arbitro ci ha subito concesso un rigore (visto dagli altri in tivù) ma gli argentini non ci hanno concesso altro. La disposizione della squadra era visibilmente sbagliata. Il solo centrocampista di classe è stato sottratto ai suoi compiti per vigilare su un amico-nemico: sono gli inconvenienti della pedata multinazionale. Bagni non ha picchiato nè tenuto Maradona. Gli altri due cirenei, Di Gennaro e De Napoli, sono morti tra tre avversari, a volte quattro, tutti più bravi di loro. Era libero Giusti, che Cabrini non marcava, stando in zona. Doveva aggredire Maradona un difensore di istinto e di carriera (Bergomi, Vierchowod), doveva giocare Collovati al posto di Cabrini che non poteva marcare Valdano nè altri…

Vedete ora come è facile dirlo, stando seduti e tranquilli. Ma ponetevi nei panni del ct Bearzot. Cabrini è uno dei pilastri, diciamo dei tronchi che danno peso e vigore alla zattera. Così rimane, guai a chi lo tocca: una squadra non è fatta di sole pedate, bensì di sentimenti, di affetto, di stima, di rispetto. Dunque gioca Cabrini e tutta l’ impostazione difensiva salta: il centrocampo è sballato, Di Gennaro e De Napoli fanno brutta figura, Conti coglie un palo a porta spalancata e poi si arrabbia se lo sostituisce Vialli; Bergomi si fa ammonire e quindi squalificare; Galli non esce in tempo sul pallonetto con il quale Valdano ha scatenato a rete la furia demoniaca di Maradona.

Con tutto questo, cara popolazione civile, sperare aiuta e conviene. Bearzot confermerà la squadra con Collovati al posto di Bergomi e con Serena, altissimo, se la partita andrà per versi non propri giusti. Insomma, questo mi sento di garantire con qualche intimo orgoglio: spezzeremo le reni alla Corea del Sud!
Poi, veh, andremo dove potremo. Bearzot ha confidato al vostro umile servitore di sperare in un quarto posto quest’ anno e in un primo posto nel ‘ 90: sempre se in quell’ anno si faranno i campionati mondiali: perchè il nostro non è il paese delle fate e questi anni sembrano pochi per rifarne e completarne le attrezzature sportive. Eppure, madame la marquise, tout va très bien

Gianni Brera

5-6-1986, Città del Messico
ITALIA – ARGENTINA 1 – 1
Reti: 0:1 Altobelli rig. (7), 1:1 Maradona (34)
Italia: Galli, Bergomi, Vierchowod, Scirea (c), Cabrini, De Napoli (65 G. Baresi), Bagni, Di Gennaro, Conti (87 Vialli), Galderisi, Altobelli
Argentina: Pumpido, Cuciuffo, Brown, Ruggeri, Garre, Giusti, Batista (50 Olarticoechea), Burruchaga, Borghi (75 Enrique), Maradona (c), Valdano
Arbitro: Keizer (Olanda)