Napoli ed il testacoda letale dell’aprile 1981

A cinque giornate dal termine del campionato, i partenopei, primi in classifica, furono battuti in casa dal derelitto Perugia, fanalino di coda. Al San Paolo, un’autorete di Ferrario fece svanire il sogno scudetto.


PROLOGO

Era il 26 aprile 1981. Il campionato di serie A si avviava verso una spettacolare volata a tre per lo scudetto e con un calendario favorevole ai campani che alla penultima giornata avrebbero affrontato la Juve a Fuorigrotta. Nella panchina della squadra partenopea sedeva Rino Marchesi. Il presidente Ferlaino lo preferì a Mimmo Renna, segnalato dal direttore generale Antonio Juliano. Dalla campagna acquisti dell’estate ’80 non uscì un Napoli particolarmente rinforzato. Gli obiettivi prefissati (tra cui Pecci, Falcao e Brady) svanirono tutti ed i tifosi dovettero accontentarsi di Nicolini (ex Catanzaro) e Pellegrini III, arrivato dall’Avellino.

Ceduti Filippi, Volpecina e Bellugi, il rinforzo difensivo fu Luciano Marangon. Lasciarono il Napoli anche Tesser, Improta ed Agostinelli. La riapertura delle frontiere, portò sotto il Vesuvio l’olandese Rudy Krol, ex colonna del grande Ajax e della nazionale arancione, considerato un “nobile decaduto” dopo essere finito in prestito al Vancouver, nel piccolo soccer canadese. L’orange arrivò a settembre, quasi per il rotto della cuffia.

KROL PERNO DELLA SQUADRA

Marchesi ebbe il merito di trasformare Krol in battitore libero, perno fondamentale della squadra, abile nell’applicare la tattica dell’off-side. Per il potenziamento muscolare del nuovo straniero, il preparatore atletico preparò un pesante copertone attaccato ad una fune robusta e con l’olandese che doveva saliva di scatto le gradinate dello stadio.

Il neo acquisto fu molto utile nella costruzione del gioco. I suoi lanci precisi per le punte si rivelarono un toccasana in molte circostanze. L’allenatore ebbe il merito di esaltare le caratteristiche dei singoli, costruendo un buon collettivo. In questo modo, Krol diventò il leader della squadra.

Tra i giocatori che si misero in evidenza spiccò Guidetti, bravo in fase di copertura a centrocampo. Di rilievo fu anche l’annata di Castellini tra i pali e Bruscolotti in difesa. Musella, promessa partenopea, fu impiegato spesso come centravanti di manovra, trovata tattica di Marchesi che diede buoni risultati. L’assetto fu all’insegna di una difesa solida che bilanciò un attacco alquanto asfittico dove Pellegrini rimase spesso privo di appoggio.

Con l’arrivo di Krol, – classe, serietà e dedizione in dosi elevate – la campagna abbonamenti registrò un’impennata considerevole. L’allenatore, tuttavia, si mostrò insoddisfatto dai movimenti di mercato della società. Lo stentato inizio di stagione confermò le preoccupazioni di Marchesi, goleada interna contro la Roma a parte (4-0). La squadra cominciò a macinare gioco e risultati a partire dalla trasferta di Firenze, risolta da un gol di Musella.

IN TESTA ALLA CLASSIFICA

La scalata fu portata a termine dopo quattordici risultati positivi. La squadra campana entrò stabilmente nei quartieri alti della classifica, sempre a stretto contatto con il primo posto. La conferma di mister Marchesi anche per la stagione 81/82 aveva incrinato i rapporti tra Ferlaino e Juliano. Il direttore generale rassegnò le dimissioni.

Il 12 aprile ’81, la vittoria esterna del Napoli contro il Torino ed il concomitante pareggio della Roma, portò i partenopei al comando della classifica. L’euforia era alle stelle, lo scudetto sembrava a portata di mano, tanto più guardando il calendario. Alla ripresa delle ostilità, infatti, il Napoli avrebbe ospitato il Perugia, maglia nera stagionale, mentre Roma e Juventus avrebbero incrociato Ascoli e Udinese, due pericolanti in lotta per non retrocedere.

PERUGIA… UNA PURA FORMALITA’

L’imponderabile incertezza del football stava per giocare un altro dei suoi colpi ad effetto. Il 26 aprile ’81, il San Paolo presentava uno strepitoso colpo d’occhio: tutto esaurito, 80 mila spettatori sugli spalti. Per tanti, quella contro il Perugia sarebbe stata una pura formalità.

Sulla panchina dei grifoni sedeva Giampiero Molinari, subentrato, alla prima giornata di ritorno, ad un giovanissimo Renzo Ulivieri. La squadra umbra, ultima e ormai spacciata, non poteva far paura. Al primo minuto, gli ospiti si presentarono in area napoletana con un cross di Di Gennaro dalla fascia sinistra.

Il pallone arrivò dalle parti del difensore partenopeo Ferrario, all’intervento in spaccata del numero 6 napoletano e palla indirizzata imparabilmente alle spalle di un incredulo Castellini, vanamente proteso in plastico tuffo. Con il più incredibile degli autogol, gli ospiti si portarono in vantaggio. Restavano da giocare 89 minuti e tutti pensarono al classico incidente di percorso che sarebbe stato superato senza problemi né patemi.
le sue spalle era appostato il giocatore ospite De Rosa.

Cominciò l’assedio. L’area del Perugia sembrò la fortezza Bastiani di buzzatiana memoria al momento dell’assalto dei tartari. Per ben tre volte, il palo disse no ai padroni di casa. In una circostanza, Pellegrini finì sul montante insieme al pallone, dopo aver superato anche il portiere. Al resto pensò Malizia, l’estremo difensore umbro che in quella stagione era spesso finito in panchina. Parate su parate: di mano e di piede, in due tempi, in uscita e in tuffo, tra la disperazione dei tifosi presenti al San Paolo. I minuti passarono inesorabili, ogni tentativo si rivelò vano.

Marchesi inserì in avanti anche l’ex Speggiorin. Fu tutto inutile, compresi i dodici tiri dalla bandierina collezionati dai padroni di casa. Per il Napoli si consumò una disfatta storica. Dall’agognato primo posto solitario alla terza piazza, a -2 dal vertice. Il treno verso il titolo era passato e la squadra napoletana lo aveva mancato clamorosamente. Era come se un ciclista, dopo aver recuperato minuti su minuti in salita, conquistando la maglia rosa, si fosse attardato oltremisura nella classica tappa pianeggiante di trasferimento.

FERRARIO, CHE GUAIO!

Moreno Ferrario, lo sfortunato protagonista di quella domenica, rivide quel suo intervento sciagurato in tante notti insonni. Lo spiovente in area, l’intervento in spaccata, il pallone indirizzato nell’angolino a mezza altezza alla destra di Castellini. “Chiudevo gli occhi, – affermò alcuni anni dopo Ferrario in un’intervista – ma rivedevo sempre quel cross e il mio tiro che finiva nella porta sbagliata. L’ho fatta grossa”.

Su quell’autorete, la moglie del difensore ci rise sopra: “Per un giorno è uscito dall’anonimato”. Cresciuto calcisticamente nel Varese, a 18 anni Ferrario era diventato titolare nel Napoli. La sua lunga militanza con la maglia dei partenopei terminerà, alla fine della stagione 87/88, con 313 partite disputate. Uno score che lo colloca al terzo posto nella graduatoria delle presenze con la maglia del Napoli.

I sogni dei tifosi partenopei svanirono del tutto il 17 maggio ’81, al cospetto della Juventus capolista. Serviva solo una vittoria ma la maledizione delle autoreti si materializzò nuovamente al 64’, questa volta con Guidetti nelle scomode vesti dello sfortunato protagonista. La squadra di Marchesi chiuse la stagione al terzo posto.

UN’IMPRESA SOLTANTO SFIORATA

A quel Napoli, per centrare lo scudetto, mancarono una punta prolifica, da affiancare a Pellegrini, ed un ragionatore di centrocampo. Krol, lucido regista arretrato, Marangon, Musella ed il bomber Pellegrini (goleador partenopeo con 11 reti) furono i migliori giocatori del Napoli 1980/81. La squadra pagò a carissimo prezzo l’incerta partenza. L’impresa fu soltanto sfiorata, tutto svanì sul più bello. Neanche nella stagione 74/75, che vide il Napoli piazzarsi al secondo posto, la squadra partenopea era stata così vicina al titolo. Quell’anno, infatti, i campani avevano toccato il primo posto soltanto nelle prime giornate, dicendo addio ai sogni di gloria dopo lo scontro diretto di Torino contro la Juventus (2-1 alla 25^ giornata, gol decisivo di Altafini a 2’ dalla fine).

Al termine del campionato 80/81, qualcuno sentenziò: lo scudetto è un mare che non bagnerà mai Napoli. A cambiare il destino, pochi anni dopo, sarebbe arrivato un fuoriclasse argentino, il più grande di tutti, il numero uno: Diego Armando Maradona. Con il Pibe de oro, il sogno scudetto divenne una splendida realtà e allora ci fu chi sostenne che il cielo ha quel colore perché Dio tifa Napoli.

Testo di: SERGIO TACCONE, Autore di “Un biscione piccolo piccolo – 1993/94, l’Inter quasi in B vince la Coppa Uefa” (Limina, 2010) e di “Quando il Milan era un piccolo diavolo – 1980-83″ (Limina, 2009)

Il Tabellino della… “Partita Stregata”
Napoli, 26 aprile 1981 – Stadio San Paolo
Napoli – Perugia 0-1
Rete
: aut. Ferrario al 1′ del primo tempo
Napoli: Castellini; Bruscolotti; Marangon; Guidetti, Krol, Ferrario; Damiani, Vinazzani, Musella (55′ Speggiorin I), Nicolini Enrico (46′ Cascione), Pellegrini III; Panchina: Smimmo, Ciccarelli, Caffarelli – All. Marchesi
Perugia: Malizia; Nappi, Ceccarini; Frosio, Pin C.; Dal Fiume; Bagni, Butti, De Rosa G., Goretti, Di Gennaro; Panchina: Mancini F., Lelj, Tacconi D., Bernardini, Fortunato E. S. – All. Molinari
Arbitro: Mattei (Macerata)