NETZER Günter: il Re Mida

E’ stato un sublime campione, capace di nobilitare il calcio con la perfezione del suo gioco e l’armonia istintiva dei movimenti.

Qualcuno lo considera il più grande talento del calcio tedesco dopo Beckenbauer e forse non si tratta di una bestemmia, anche se il giudizio che di lui diede proprio quest’ultimo, annoverato a suo tempo tra i suoi “nemici”, non fu tenero: «Da giocatore Netzer ha avuto soltanto un paio di stagioni ad altissimo livello, perché non si concentrava troppo sul calcio. Aveva altre idee per la testa».

E stato lo stesso Netzer a riconoscere che, guadagnando molto meno del suo censore “Kaiser Franz“, fu costretto a “inventarsi” altre entrate: ai tempi del Borussia Mönchengladbach acquistò una discoteca di successo e divenne editore del giornale dello stadio, potendosi così permettere di circolare in Ferrari come un vero e proprio “ras” della bella vita cittadina.

Netzer appose sotto il Mondiale 1974 un autografo piccolo piccolo, appena ventidue minuti nella disgraziata partita persa contro i “cugini” dell’Est. Questo pesa nel giudizio storico sulla sua figura, questo ne oscura l’immagine al cospetto degli altri grandi protagonisti di quella conquista.

Ma Netzer fu un campione e chi lo ha visto giocare al suo meglio non può dimenticarne la falcata poderosa ed elegante, criniera al vento, e il lancio da sessanta metri preciso al millimetro. Nelle vesti di sontuoso regista Netzer prese per mano la Germania Ovest due anni prima di Monaco ‘74, portandola al meritatissimo successo europeo.

All’epoca Gunther, nato a Mönchengladbach il 14 settembre 1944, aveva ventotto anni ed era nel pieno di una splendida maturità atletica e agonistica. Ma era anche già esploso il dualismo con un altro asso sublime, Wolfgang Overath. Due registi così sono uno spreco per una generazione sola. In teoria, potevano essere complementari: morbido, razionale, arioso Netzer per quanto svelto, geniale e imprevedibile il mancino Overath.

Helmut Schön, Ct tedesco, decise di farli convivere, allestendo una coppia di interni potenzialmente senza rivali al mondo. Ma non ci fu niente da fare: entrambi avevano nel Dna il senso del comando delle operazioni, ognuno dei due voleva essere leader a centrocampo. La storia divise tra loro i due grandi successi tedeschi degli anni Settanta. Nel 1972 Overath era reduce da un infortunio e Netzer, libero da ombre, col carrarmato Wimmer al proprio servizio volò ad altezze stratosferiche, dirigendo la squadra con la bacchetta del grande regista. Uno spettacolo talmente emozionante che il Real Madrid un anno dopo lo ingaggiò a peso d’oro e forse il particolare contò poi nell’assegnare l’altro titolo, indubbiamente più importante, al grande rivale.

Al Mondiale 1974 Netzer approdò come una delle attrazioni, ma da “emigrante” (condizione all’epoca assai rara) e quindi in qualche modo inviso ai compagni di rappresentativa. Tra i quali il leader era, indiscutibilmente, il “Kaiser“per antonomasia, Beckenbauer. Schön aveva ancora in testa l’accoppiata, ma aveva anche una batteria di centrocampisti strepitosa, con l’incendiario Uli Hoeness insostituibile interno di movimento e incursioni. Così doveva scegliere e certo “ambiente” lo aiutò a puntare su Overath, talento dal sinistro intonato come l’ugola di un grande tenore. I venti minuti finali di Netzer nel naufragio contro i “cugini” fecero il resto.

Netzer da quel momento in poi restò fuori, la superGermania alla fine piegò meritatamente la grande Olanda di Cruijff e in pratica per il cavallone dalla lunga criniera bionda e dai giganteschi piedi miracolosi (numero di scarpe: 47), la carriera poteva dirsi finita.

Cresciuto nel vivaio del Borussia, ne era stato il regista e trascinatore per dieci anni, dal 1963 al 1973, vincendo due titoli nazionali, nel 1970 e nel 1971 e una Coppa di Germania nel 1973. Il suo concentrato di arte e potenza si trasferì per tre stagioni in Spagna, dove ingaggiò memorabili duelli con il Barça di Cruijff, facendo man bassa di successi: due titoli (’75 e ’76) e due Coppe di Spagna (’74 e ’75), totalizzando in campionato 85 partite e 9 reti. Chiuse la camera in Svizzera, nelle file del Grasshoppers, per avviare una fortunatissima parabola come manager, partendo dalla direzione sportiva dell’Amburgo. Dove tra l’altro chiamò a chiudere la carriera di calciatore proprio il suo preteso rivale diretto, Franz Beckenbauer, e vinse, oltre a tre titoli nazionali, la Coppa dei Campioni nel 1983, a spese della Juventus nella notte di Magath.

Poi, diventò brillante e premiato commentatore televisivo e giornalistico e manager nel settore dei diritti televisivi del pallone. E’ stato nel comitato organizzatore dei Mondiali tedeschi del 2006, indiscusso “re” dei critici della Nazionale del suo Paese e soprattutto direttore della InFront Sports&Media, che acquistò da Kirch i diritti televisivi di quel Mondiale. Un vero “ras ” del pallone tedesco, con un aspetto rimasto miracolosamente identico a quello dei tempi agonistici: un uomo di successo, non c’è che dire.

D’altronde, lui stesso ricorda come parabola della fortuna che ne ha accompagnato la vita la vincita procuratagli da un tifoso, che un giorno gli regalò un biglietto del Lotto giocato in suo onore coi suoi numeri: la data di nascita, presenze e gol in Nazionale (37 e 6), il famoso numero di scarpe (47). La divisione della vincita, quasi 250 milioni di lire, non fu ovviamente paritaria: il tifoso tenne 225 mila marchi, 75 mila andarono al campione. Un autentico Re Mida dell’esistenza.