Può una sola manifestazione che dura una ventina di giorni, consacrare per sempre la carriera di un calciatore? Sì, è possibile e ne sono testimoni, ad esempio, Mario Kempes e Salvatore Schillaci, capocannonieri dei mondiali nel 1978 e nel 1990, che hanno legato la propria vita calcistica a quell’unico glorioso torneo, pur continuando a giocare più o meno discretamente anche dopo. Eppure c’è chi ha saputo fare di più, chi ad oggi è ricordato per una sola partita in tutta la sua carriera, una partita da record, irripetibile, unico raggio di sole in mezzo all’anonimato, lui è Oleg Salenko, capocannoniere mondiale quasi per caso.
Oleg Salenko è un calciatore russo, di ruolo centravanti: classe 1969, nato a San Pietroburgo in quell’Unione Sovietica che dal 1992 cambia pelle e faccia, frammentata dall’indipendenza di paesi per anni sotto l’egemonia sovietica. Salenko, che all’epoca gioca nella Dinamo Kiev, sceglie dapprima il passaporto ucraino, quindi viene regolarmente arruolato dalla madre patria russa, convocato anche dalla nazionale di calcio, una rappresentativa nuova di zecca che, dopo la partecipazione agli Europei di Svezia del ’92 come Comunità degli Stati Indipendenti, una sorta di U.R.S.S. camuffata, cerca la qualificazione ai mondiali americani del 1994. Una qualificazione che la Russia ottiene, unica rappresentante dell’ex Unione Sovietica alla Coppa Rimet statunitense: nella rosa dei convocati del commissario tecnico Sadyrin c’è anche Salenko che nel frattempo gioca in Spagna al Valencia dopo un’ottima esperienza nella piccola squadra del Logrones dove si è ben disimpegnato portando la compagine iberica alla salvezza grazie ai suoi gol.
La Russia, inserita nel raggruppamento B assieme a Brasile, Svezia e Camerun, affronta il campionato del mondo del 1994 con l’obiettivo di arrivare almeno agli ottavi di finale, nonostante un organico non eccezionale. La competizione inizia però male, i russi perdono 2-0 contro il Brasile all’esordio e ripongono le residue speranze di qualificazione nella seconda partita contro la solida Svezia: è il 24 giugno 1994 e si gioca a Detroit, la Russia parte meglio e dopo 4 minuti riceve un calcio di rigore: sul dischetto si presenta Salenko che batte il portiere scandinavo Ravelli e porta avanti i suoi; grande gioia per il centravanti di San Pietroburgo, al primo gol in nazionale. La partita finirà però 3-1 per la Svezia, una nazionale forte e al massimo del suo splendore, una squadra che arriverà terza in quei mondiali, battuta solo in semifinale dal Brasile futuro campione; Russia ormai eliminata, dunque, resta da giocare l’ultima partita contro il Camerun che pure è quasi fuori, salvo miracoli di possibili ripescaggi come una delle migliori terze.
E’ il 28 giugno e Russia-Camerun si gioca a Stanford in California alle ore 16 americane, seconda serata in Europa. Fa caldo, un caldo afoso con tassi di umidità alle stelle, in più la partita non dovrebbe offrire grandi spunti fra due nazionali in difficoltà: i russi sono eliminati e col morale sotto i tacchi, gli africani sono al passo d’addio con la generazione d’oro che li ha portati ai quarti di finale nel 1990, ormai a fine carriera. Forse è per questo che, fra distrazioni ed errori della difesa camerunense, la Russia prende il dominio della gara e al 15′ è già in vantaggio con Salenko che segna così il suo secondo gol in nazionale e ai mondiali; il centravanti, poi, si ripete al 40′ e al 44′ su rigore, permettendo alla sua squadra di chiudere il primo tempo sul 3-0 e portandosi incredibilmente in testa alla classifica dei marcatori del torneo.
All’inizio del secondo tempo segna il Camerun ed è un gol storico perchè a segnarlo è Roger Milla, attaccante camerunense di 42 anni, a tutt’oggi il calciatore più anziano ad aver fatto gol nella coppa del mondo; ma Russia-Camerun deve ancora stabilire altri record, tutti per Oleg Salenko, fino a quel giorno un quasi sconosciuto attaccante russo, di cui sanno poco in patria, qualcosa di più in Spagna dove finora ha giocato in una minuscola realtà come il Logrones. Fra il 72′ e il 76′, infatti, il centravanti segna altri due gol e batte un primato che durava da quasi sessant’anni, dai mondiali del 1938 quando il polacco Ernest Wilimowski aveva realizzato un poker durante Polonia-Brasile 5-6: Salenko diventa così il primo (e al momento unico) calciatore a mettere a segno 5 reti in una partita sola dei campionati del mondo, oltre a diventare capocannoniere del torneo in corso grazie anche al gol contro la Svezia. E’ la gara dei record, insomma, poco importa che a fine partita entrambe le squadre tornino a casa eliminate, poco importa pure che la sfida termini 6-1 perchè al minuto 80′ segna pure Radcenko, un gol a suo modo anch’esso storico poichè inserito fra i record di Milla e Salenko e dunque tanto irrilevante da non essere mai più ricordato da nessuno.
Russia-Camerun 6-1, insomma, Salenko autore di 5 reti e capocannoniere dei mondiali americani a quota 6 assieme al futuro pallone d’oro, il bulgaro Hristo Stoichkov, lo stesso bottino di Kempes nel ’78, di Paolo Rossi nell’82’, di Lineker nell’86 e di Schillaci nel ’90; il centravanti russo diventa improvvisamente una celebrità internazionale, intervistato dai principali quotidiani intercontinentali, curiosi di conoscere quel bomber da record, candidato pure al pallone d’oro, appetito da molti club europei, interessati a quel centravanti finora sconosciuto. Ma il destino vuole che quella dei mondiali americani resti una parentesi quasi magica per Salenko, una sorta di incanto fiabesco, una puntata di Ai Confini della Realtà dove tutto si concentra in pochi minuti, gli stessi che sono serviti all’attaccante russo per diventare famoso: 6 reti in poco più di 180 minuti, come si fa a non parlarne?
Eppure la carriera di Salenko, anzichè decollare, precipita miseramente: al ritorno dai mondiali, infatti, il suo rapporto col Valencia si incrina e già a gennaio del 1995 il russo passa ai Glasgow Rangers in Scozia e segna 7 gol. Nella stagione 1995-96 il declino è evidente: Salenko non sta in campo, è appesantito e lento, durante la sfida di Coppa dei Campioni contro la Juventus ad ottobre, il centravanti non tocca palla e l’allenatore scozzese ne certifica la crisi mettendolo da lì in avanti in panchina. Lasciata la Scozia, Salenko cerca fortuna in Turchia accasandosi all’Istanbulspor dove, dopo qualche buona prestazione e una decina di gol, è costretto a subire un’operazione al ginocchio nel marzo del 1997 a causa di un brutto infortunio che segna la fine della sua carriera. La punta russa torna infatti in campo solo nel 1999, a quasi due anni dall’intervento chirurgico e lontanissimo da una condizione fisica accettabile: lo tessera in prova il Cordoba, in Spagna, ma la seconda esperienza iberica dura appena 3 partite, sufficienti a far capire al club spagnolo e allo stesso Salenko che non è il caso di proseguire. La nazionale è ormai solo un ricordo, con la curiosità di aver giocato solo 8 partite complessive con la maglia della Russia, segnando 6 reti, tutte ai mondiali, senza mai più essere chiamato.
Nel 2000 l’ex capocannoniere di Usa ’94 si trasferisce in Polonia nel Pogon Stettino ma gioca solo uno spezzone di partita, quindi va in Ucraina dove si vocifera che un paio di squadre vorrebbero tesserarlo e invece nessuno si fa avanti. Oleg Salenko lascia così il calcio, appassionandosi al Beach Soccer e diventando anche allenatore della nazionale ucraina per questa nuova disciplina, salvo poi diventare opinionista e commentatore televisivo per la tv ucraina, analizzando in diretta i mondiali di Giappone e Corea del Sud del 2002 a cui partecipa anche la Russia, quella stessa nazionale che quattordici anni prima aveva reso lui, quello sconosciuto attaccante che giocava in Spagna, l’uomo più celebre del torneo: un soffio, una popolarità durata due, forse una partita, ma tanto è bastato per far accedere Oleg Salenko nella leggenda.
di Marco Milan