Un affascinante documentario che racconta l’incredibile epopea dei New York Cosmos, squadra che ha rappresentato il primo tentativo di portare il calcio professionistico negli Stati Uniti negli anni ’70.
Diretto da Paul Crowder e John Dower e presentato al Tribeca Film Festival del 2006, il documentario si apre con un ritratto dell’America dei primi anni ’70, dove il calcio era considerato uno sport marginale, quasi esotico. I New York Cosmos nascono nel 1971 come una squadra modesta, che gioca in campi improvvisati davanti a poche centinaia di spettatori. Le immagini d’archivio di questo periodo sono particolarmente evocative e mostrano partite disputate su campi di baseball riadattati e tribune semivuote.
La svolta arriva con l’interesse della Warner Communications. Steve Warner, visionario CEO dell’azienda, insieme ai fratelli Ertegun della Atlantic Records, intuisce il potenziale del calcio come fenomeno di massa. Il film documenta brillantemente le prime mosse della Warner: i tentativi di ingaggiare George Best, le strategie di marketing pioneristiche, i primi investimenti significativi in strutture e organizzazione. È particolarmente interessante vedere come la Warner applicò al calcio le stesse strategie utilizzate nell’industria dell’intrattenimento.
L’era delle superstar (1975-1980)

Questo segmento del film rappresenta il momento più spettacolare della narrazione. L’arrivo di Pelé nel 1975 viene raccontato come un vero colpo di stato calcistico. Le immagini mostrano l’incredibile impatto mediatico dell’evento, con conferenze stampa affollatissime e tifosi in delirio. Il documentario rivela i retroscena dell’operazione: l’enorme ingaggio offerto a O’Rei, il coinvolgimento di Henry Kissinger nelle trattative, l’effetto domino che questo acquisto generò nel mondo del calcio.
La narrazione prosegue con l’arrivo di altre stelle internazionali. Giorgio Chinaglia porta il suo carisma e i suoi gol, Franz Beckenbauer aggiunge classe ed esperienza europea. Il film mostra efficacemente come ogni nuovo acquisto aumentasse il prestigio e la popolarità dei Cosmos. Particolarmente interessanti sono le interviste a Beckenbauer e Chinaglia, che raccontano il loro stupore nel trovare un ambiente così glamour e professionale in un paese dove il calcio era ancora agli albori.
Il fenomeno culturale

Questa sezione del documentario è forse la più affascinante, perché mostra come i Cosmos trascesero l’ambito sportivo per diventare un vero fenomeno culturale. Le telecamere ci portano dentro lo Studio 54, dove i giocatori erano ospiti fissi insieme alle più grandi star dell’epoca. Vediamo i Rolling Stones negli spogliatoi, Andy Warhol che frequenta le partite, Robert Redford e Henry Kissinger che diventano presenze abituali al Giants Stadium.
Il film documenta anche l’impatto sulla cultura popolare: i cartoni animati con i giocatori dei Cosmos, le pubblicità, le apparizioni televisive. È particolarmente interessante vedere come la Warner utilizzò la sua esperienza nell’entertainment per trasformare le partite in veri e propri show, con cheerleader, mascotte e spettacoli pre-partita degni di Hollywood.
La’eredità sportiva

Il documentario dedica ampio spazio all’eredità lasciata dai Cosmos nel calcio americano. Attraverso interviste con ex giocatori americani come Rick Davis e Werner Roth, scopriamo come la presenza di campioni internazionali abbia influenzato lo sviluppo del calcio locale. Il film mostra gli allenamenti dove i ragazzi americani imparavano i segreti del mestiere da leggende come Pelé e Beckenbauer.
Particolarmente interessante è il segmento dedicato a Bruce Arena, che da portiere di riserva dei Cosmos diventerà uno degli allenatori più importanti del calcio americano. Il documentario traccia inoltre una linea diretta tra l’esperienza dei Cosmos e il successivo sviluppo della MLS e della nazionale americana.
Il declino e la fine (1980-1985)
La parte finale del film assume toni più malinconici. Il declino dei Cosmos viene raccontato parallelamente alla crisi finanziaria della Warner e al crollo della NASL. Le immagini mostrano stadi sempre più vuoti, bilanci in rosso, stelle che se ne vanno. Il documentario non nasconde le responsabilità: gli errori di gestione, gli stipendi insostenibili, la mancanza di una vera cultura calcistica di base.
Particolarmente toccante è il racconto degli ultimi giorni, con i giocatori che ricevono la notizia della chiusura e i tifosi che assistono impotenti alla fine del sogno. Il film mostra anche le polemiche che accompagnarono la fine dei Cosmos, con le accuse incrociate tra Pelé e Chinaglia.
Aspetti tecnici
Dal punto di vista tecnico, il documentario eccelle nel montaggio e nella scelta dei materiali. L’alternanza tra immagini d’archivio (alcune mai viste prima) e interviste contemporanee è gestita con grande maestria. La colonna sonora, che spazia dalla disco music al rock degli anni ’70, contribuisce a ricreare perfettamente l’atmosfera dell’epoca.
La fotografia delle interviste contemporanee è curata e professionale, mentre il materiale d’archivio è stato restaurato con grande attenzione. L’unico neo è l’assenza di Pelé tra gli intervistati, ma il documentario riesce comunque a raccontare il suo ruolo attraverso filmati d’epoca e testimonianze di compagni.
Crowder e Dower firmano un’opera che trascende i confini del documentario sportivo tradizionale, orchestrando una sinfonia visiva dove calcio, società e cultura si intrecciano in un affresco di rara potenza narrativa. Con maestria registica, i due cineasti trasformano la parabola dei Cosmos in una metafora del sogno americano, costruendo un mosaico dove ogni tessera – dalle sequenze di gioco alle testimonianze dei protagonisti – contribuisce a illuminare un’epoca di straordinario fermento culturale.
Once in a Lifetime: The Extraordinary Story of the New York Cosmos