Operazione Zico: storia di un colpo mancato

Nel 1980, le prime voci riguardanti l’arrivo al Milan del fuoriclasse brasiliano. Un anno dopo, il club rossonero tentò di prelevare il Pelè Bianco, con esiti oscillanti tra la commedia e la farsa.

Poteva essere il grande colpo di mercato dei primi anni 80. Zico al Milan: un sogno cullato per alcuni mesi, capace di esaltare i tifosi milanisti, reduci da un anno che aveva riservato loro la retrocessione a tavolino per lo scandalo del “calcio scommesse” e la pronta risalita in A, operazione centrata con il tecnico Massimo Giacomini. Portare Zico a Milano fu un’idea che la società di via Turati aveva cominciato ad accarezzare nei primi mesi del 1980. La bufera Totonero, che coinvolse anche il Milan, portò ad accantonare tutto. La stella di Arthur Antunes Coimbra era in fortissima ascesa. Dopo il primo titolo nazionale conquistato con il Flamengo (’80), Zico era diventato un punto di forza della nazionale verdeoro che il 12 maggio ’81 tornò a vincere, con un suo gol, in casa dell’Inghilterra. Un successo che pose fine ad un digiuno brasiliano in terra britannica durato 60 anni.

In quel periodo, i rapporti tesi tra il fuoriclasse e la sua società convinsero il vicepresidente rossonero Gianni Rivera a tentare il colpaccio di mercato. Con la promozione in A ormai certa, dopo l’anno di lavacro purificatore tra i cadetti, il Milan riprovò l’assalto al Galinho. A dire il vero, si trattò di un patetico tentativo di arrivare a Zico avendo in mano poco più che un piatto di lenticchie e un mazzo di cicoria. Sostanzialmente, la società milanista era disposta ad offrire un buon ingaggio al giocatore ma senza versare un cruzeiro al club brasiliano. Una sorta di acquisto a parametro zero ante litteram. L’ex Golden Boy piombò a Rio. Un arrivo che illuse Zico ed irritò il Flamengo.

I tifosi di casa minacciarono di mettere a ferro e fuoco la città se si fosse arrivati alla cessione del giocatore, considerato il simbolo della squadra rubronegra e patrimonio di tutto il Brasile. Il settimanale sportivo brasiliano Placar titolò in prima pagina, sotto la foto di Zico, “Rimane, rimane, rimane”. Rivera incontrò il campione verdeoro a Petropolis, prima di un’amichevole del Flamengo. Al vertice parteciparono anche l’altro vicepresidente rossonero, Angelo Colombo, ed il mediatore Lamberto Giuliodori, amico del fuoriclasse. Le trattative si presentarono molto difficili sin dalle battute iniziali. Una sorta di scalata dello Stelvio posta già nella tappa inaugurale del Giro d’Italia. Il giocatore si era detto pronto al passaggio al Milan, il macigno da rimuovere era il Flamengo. I tentativi si protrassero fino al 31 maggio ’81, giorno in cui la squadra brasiliana, grazie al sostegno di una multinazionale, annunciò il rinnovo biennale del contratto di Zico con un ingaggio di un miliardo e 374 milioni di lire. Un segnale di grandissima fiducia che il fuoriclasse di Rio ripagò conducendo il Flamengo, pochi mesi dopo, alla conquista della Copa Libertadores e dell’Intercontinentale.

Il giocatore bocciò senza appello l’atteggiamento del Milan che, secondo lui, voleva sfruttare soltanto la situazione d’incertezza, venutasi a creare, per pagarlo poco. L’offerta della società rossonera, al massimo, sarebbe bastata per prelevare il belga Ceulemans (che tra l’altro rifiutò il trasferimento, pare convinto dalla madre) o l’austriaco Krankl, non certo per un campione di valore assoluto come il trequartista della nazionale brasiliana. Il tentativo del Milan finì pateticamente in disfatta. Con le pive nel sacco, la dirigenza rossonera accantonò definitivamente il sogno di portare in Italia uno dei più forti giocatori del mondo. “Giochi senza frontiere senza rispetto dei tifosi che hanno seguito con grande amore la squadra in B” scrisse, con tono caustico, Gualtiero Zanetti sul Guerin Sportivo. Al suo rientro a Milano, Gianni Rivera dichiarò alla Gazzetta dello Sport che Zico non avrebbe mai lasciato il Brasile e che sarebbe venuto in Italia soltanto come turista con la barba bianca.

Gigi Radice, a cui il Milan aveva affidato la panchina rossonera per la stagione del ritorno in A, dovette accontentarsi dello scozzese Joe Jordan, detto “lo squalo”. Una scelta chiaramente di ripiego nell’ambito della campagna acquisti milanista dell’estate ’81. Jordan approdò in Italia a 30 anni suonati e nel momento in cui la sua carriera aveva già imboccato la fase discendente. Singolari le dinamiche iniziali che portarono all’ingaggio dello scozzese. Tony Damascelli, inviato del quotidiano Il Giornale, lo incontrò sugli spalti di Anfield Road, nel maggio del 1981, durante Liverpool-Bayern Monaco, semifinale d’andata di Coppa dei Campioni. “Ti piacerebbe venire in Italia?”, chiese Damascelli allo scozzese, convinto che uno come Jordan poteva tornare utile al Milan neopromosso in A. L’attaccante di Carluke pensò di avere a che fare non con un giornalista bensì con un intermediario di una squadra italiana. Nei giorni seguenti, il suo nome fece capolino nelle cronache del calcio-mercato e alla fine “the skark” scelse di vestire la casacca rossonera.

Un anno dopo il Mundial spagnolo, con la nazionale brasiliana del “futbol bailado” cancellata dall’Italia di Enzo Bearzot, nel fantasmagorico pomeriggio dello stadio Sarrià di Barcellona, Zico arrivò in Italia. Nel giugno ’83, l’Udinese di Lamberto Mazza, manager-padrone della Zanussi, mise a segno il più grande colpo di mercato della prima metà degli anni 80, secondo soltanto all’acquisto di Maradona da parte del Napoli di Ferlaino. L’artefice di quel capolavoro fu il direttore sportivo del club friulano, Franco Dal Cin, allievo di Italo Allodi. Sei miliardi di lire fu la cifra che mise d’accordo Flamengo e Udinese, metà cash, il resto versato da chi acquisì i diritti di sfruttamento dell’immagine del campione verdeoro. Ad agevolare il passaggio di Zico fu soprattutto la crisi economica del calcio in Brasile e il grandissimo appeal del football italiano di quel periodo.

Domenica 8 gennaio ’84, nella sfida di campionato disputata a San Siro tra Milan e Udinese e conclusasi con un pirotecnico 3-3, Zico segnò uno splendido gol in rovesciata. Una delle reti più belle della sua strepitosa carriera. Il fuoriclasse brasiliano fu accolto con grande affetto dai tifosi milanisti che in quella stagione dovettero accontentarsi di quello che allora passava il convento: l’inglese Luther Blissett, il bombardiere nero di Falmouth, capace di sbagliare, in un derby, un gol da zero metri e a porta vuota. Alcuni anni fa, intervistato dall’Extra Time della Gazzetta dello Sport, Zico ha rievocato il periodo della trattativa di mercato con il Milan. “Nel 1980, Rivera e Colombo vennero a Rio per prelevarmi. Ma allora era difficile prendere un giocatore del Flamengo. Avevamo vinto il primo titolo brasiliano, il club voleva tanti soldi. E non era come oggi dove a fine contratto il giocatore è libero. A quei tempi valeva ancora la legge del cartellino. Peccato, perché io ero già d’accordo col Milan ma i rossoneri alla fine offrirono troppo poco al Flamengo“. A rimanere fu soltanto la delusione dei tifosi. Con Zico in squadra, la storia di quel Milan d’inizio anni 80 avrebbe preso una direzione di prestigio. Rimase ferma, invece, al palo dei rimpianti.

  • Testo di Sergio Taccone, autore del libro “Chiarugi non era in fuorigioco” (prefazione di Luciano Chiarugi, Urbone Publishing, 2018).