Parigi 1981, capolinea Olanda

Sconfitta dalla Francia, la nazionale arancione, vice campione mondiale nel ‘74 e ‘78, venne eliminata dalla fase finale della Coppa del Mondo 1982.

I Campionati d’Europa, disputati in Italia nel 1980, avevano già confermato la fase nettamente calante dell’Olanda, nemmeno lontana parente della nazionale reduce da due secondi posti mondiali, battuta in finale dai padroni di casa sia in Germania Ovest (1974) sia in Argentina (‘78). Alla guida degli Orange, dal marzo ‘81, c’era il commissario tecnico Kees Rijvers, già allenatore del Psv per otto anni, in grado di sfoggiare un palmares di tre titoli nazionali, due Coppe d’Olanda e una Coppa Uefa (‘78).

Rijvers, a differenza del predecessore Jan Zwartkruis, scelse di affidarsi ad alcuni veterani – tra cui Neeskens, Rep e Arnold Muhren – per dare alla squadra più esperienza. Il suo esordio sulla panchina olandese portò il prezioso successo casalingo contro la Francia, battuta 1-0 a Rotterdam, il 25 marzo ‘81, grazie ad un gran gol su punizione di Muhren. Una vittoria capace di rilanciare le speranze di qualificazione degli arancioni dopo l’incerto avvio, contrassegnato da due sconfitte consecutive esterne (contro Irlanda e Belgio) e dal successo, scontato, contro il modesto Cipro (3-0), compagine cuscinetto del gruppo 2 europeo di qualificazione mondiale. Dopo aver battuto di misura i ciprioti a domicilio, l’Olanda si era fatta imporre il pareggio casalingo dall’Irlanda. Il 2-2, firmato da Frank Stapleton di testa, complice un’uscita non impeccabile di Schrijvers, complicava notevolmente il cammino degli uomini di Rijvers verso la fase finale del mondiale in programma in Spagna nell’estate ‘82.

Per qualificarsi, l’Olanda doveva battere in casa il Belgio, già qualificato, e vincere anche nella trasferta francese. Metgod, van Kooten e Geels sistemarono la pratica belga in meno di un’ora di gioco. La sconfitta in terra irlandese della Francia diede alla sfida tra transalpini e olandesi, in programma a Parigi il 18 novembre ‘81, i contorni dell’ultima spiaggia, con i francesi obbligati a vincere per evitare l’eliminazione mentre un pareggio avrebbe mantenuto aperta per l’Olanda la speranza di giocarsi la qualificazione in uno spareggio contro l’Irlanda.

Le squadre schierate al Parco dei Principi

In quasi quarantacinquemila assieparono lo stadio Parco dei Principi. A dirigere la partita venne designato Antonio Garrido, contabile di professione e primo portoghese ad arbitrare una finale di Coppa dei Campioni: Nottingham ForestAmburgo del 28 maggio ‘80.

La Francia, guidata da Michel Hidalgo, il ct che nel 1978 aveva riportato i transalpini alla fase finale di un Mondiale, si presentò con Castaneda tra i pali, Janvion, Tresor, Bossis e Lopez in difesa, centrocampo tutto fosforo e classe con Platini, Genghini e Giresse, con il tridente Six, Lacombe e Rocheteau in attacco.

Rijvers oppose van Breukelen in porta, preferito ancora una volta al veterano Schrijvers, difesa schierata con Metgod, il torinista van de Korput, capitan Krol, Poortvliet e Wijnstekers, a centrocampo il terzetto Peters, Neeskens e Muhren, in attacco Rep e van Kooten.

La velenosa punizione di Michel Platini

La partita la sbloccò Michel Platini con un calcio di punizione dal limite, concesso per fallo di Neeskens ai suoi danni. L’azione l’aveva innescata Giresse, capace di sfuggire al controllo di Krol. Il numero 10 francese si preparò alla battuta. Il portiere olandese palesò un po’ di nervosismo, muovendosi per guardare la distanza fino al secondo palo. Ad un certo momento, Krol indicò l’attaccante francese Lacombe, prima di spostarsi verso il primo palo. Tutt’altro che impeccabile, forse distratto dal movimento del suo capitano, Van Breukelen venne trafitto dal tiro di Le Roi che andò ad insaccarsi nell’angolo che avrebbe dovuto coprire l’estremo difensore. Platini, specialista nei calci di punizione, con una reputazione ben nota anche nei Paesi Bassi, portò in vantaggio la sua nazionale.

Era il 51’. “L’uomo attorno al quale tutto ruotava era Platini, – disse Jan Peters – uno capace di pensare sempre in modo offensivo e di segnare spesso, tra i migliori giocatori contro cui abbia mai giocato”. Trentasei anni dopo, era il 2017, ricordando la partita di Parigi, Ruud Krol aggiunse: “Le indicazioni, su cosa fare in quel calcio di punizione, vennero da Rijvers, il nostro allenatore”. Rep, all’epoca compagno di squadra di Platini nel Saint-Étienne, campione di Francia in carica, aveva suggerito, prima della partita, di mettere sempre qualcuno sul primo palo, come si faceva nel campionato francese in occasione dei calci piazzati dal limite di Platini, a maggiore protezione. “L’altro angolo doveva essere del portiere. Ne discutemmo prima della partita, non tutti erano d’accordo ma Rijvers lo voleva”, precisò Krol.

Animi tesi in campo. Nella foto Neeskens, al passo d’addio in Orange

Ormai sull’orlo dell’eliminazione, l’Olanda si riversò in avanti alla ricerca del pareggio. Hidalgo sostituì Lacombe con Zimako per dare più consistenza al centrocampo. A ridosso dell’ultimo quarto d’ora di gioco, Rijvers tolse un difensore (van de Korput) per un attaccante (l’estroso La Ling). Tre minuti dopo, lasciò il campo anche Platini, rimpiazzato da Tigana. La difesa francese riuscì a reggere l’urto avversario. L’estremo difensore dei padroni di casa, Jean Castaneda, compagno di squadra di Rep e Platini nel Saint-Étienne, non dovette effettuare parate degne di nota. A chiudere i conti ci pensò Six, autore del gol del raddoppio dopo un’azione in cui spiccò l’ottima giocata di Rocheteau e la chiusura approssimativa di Krol.

Nella stessa sera in cui l’Inghilterra, davanti a centomila tifosi accorsi a Wembley nonostante la pioggia, si qualificava al Mondiale, afferrando la sua ultima chance, mestamente declinava la stella dell’Olanda.

La passerella della nostalgia allestita a Parigi da Rijvers non diede i frutti sperati dal commissario tecnico olandese. Non bastarono tre reduci delle ultime due finali mondiali: Ruud Krol (tanto indomito quanto patetico in alcuni frangenti della partita), Johan Neeskens (che stava palesando difficoltà persino nel calcio statunitense) e Johnny Rep, restio a spendere gli ultimi spiccioli della passata grandezza. In campo, tra i vicecampioni del mondo, c’era anche Jan Poortvliet, titolare nella finale del ‘78 a Buenos Aires.

Van Breukelen e Platini

Nel primo tempo, dovendo reggere l’urto offensivo dei padroni di casa, l’Olanda dei veterani aveva opposto un muro d’orgoglio contro avversari spesso frenati dal nervosismo di dover vincere a tutti i costi. Nella ripresa, Rijvers aveva provato a vincere la partita, inserendo il venticinquenne Simon Tahamata, ala sinistra veloce e in grado di dare più incisività alla fase offensiva. Una scelta che spostò in avanti il baricentro della squadra olandese. Con spazi più larghi di operazione, le vecchie glorie arancioni denunciarono tutti gli anni e gli acciacchi, consentendo alla Francia di pescare il jolly con il calcio piazzato di Platini ed imperversando in contropiede fino al gol della sicurezza di Six, libero di colpire nella quasi deserta area avversaria.

Il 2-0 rimediato al Parco dei Principi, disfatta onorevole dei vecchi guerrieri, sanciva l’uscita dalla grande scena del calcio olandese, capace di entrare nella leggenda pur senza vincere nulla con la nazionale: né un campionato d’Europa né un Mondiale. Due secondi posti, il ruolo spettante al primo degli sconfitti. Come il suonatore rimasto alle porte dell’alba.

Calava il sipario su un ciclo in cui l’Olanda era diventata fonte d’ispirazione per numerosi tecnici, creando un modello fondato non sullo schema di gioco ma sugli uomini che lo nobilitavano, a partire da Cruijff e passando per Neeskens, Janssen, Haan, Rep, Krol e Rensenbrink. Sparito o decimato quel gruppo, il mito del calcio totale aveva imboccato la via del tramonto.

Malgrado un girone di qualificazione difficile, comprendente tre squadre quasi allo stesso livello (Belgio, Francia e Olanda) e un outsider in crescita (Irlanda), la nazionale arancione era considerata all’altezza di ottenere almeno il secondo posto, l’ultimo utile per staccare il pass per Spagna ‘82. Invece era arrivato un epilogo pregno di delusione, con un mesto quarto posto, alle spalle persino dell’Irlanda e precedendo soltanto il modesto Cipro. Oltre al Belgio, in quel raggruppamento eliminatorio si qualificò la Francia. La partita di Parigi fu l’ultima di Rep e Neeskens in nazionale mentre per Krol l’addio alla maglia arancione sarebbe arrivato nel febbraio ‘83.

Kees Rijvers rimase alla guida dell’Olanda anche nella fase eliminatoria di Euro ‘84, mancando la qualificazione d’un soffio in un girone vinto dalla Spagna dopo il 12-1 rifilato a Malta nell’ultima partita. Il tecnico, nato a Breda nel maggio 1926 e scomparso nel marzo 2024, lascerà la panchina olandese dopo la sconfitta interna contro l’Ungheria, il 17 ottobre 1984 a Rotterdam, prima gara di qualificazione ai Mondiali ‘86.

Rijvers assieme ai giovanissimi Gullit e Van Basten

Rijvers è passato alla storia della nazionale Orange, allenata in un momento molto difficile, per avere dato spazio ad un gruppo di giovani giocatori, ricchi di classe e talento, tra cui Ruud Gullit, Marco Van Basten, Frank Rijkaard e Ronald Koeman. Ovvero, quattro protagonisti del titolo europeo 1988, conquistato dopo la finale vinta dall’Olanda di Rinus Michels contro l’Unione Sovietica. Ma questa è un’altra storia.