Napoli 1982/83, l’ultimo regalo del Petisso

Nella stagione 1982/83, i partenopei rischiarono di retrocedere. Dopo un pessimo girone d’andata, l’arrivo in panchina del duo Pesaola-Rambone portò la squadra alla salvezza. Un gol di tacco di Dal Fiume, contro il Cesena che pose fine all’incubo di scivolare in B.


La stagione 1982/83 fu un’annata molto tormentata per il Napoli. Dopo un ottimo terzo posto nel 1981, lottando per il titolo con Juventus e Roma fino al rettilineo finale, un buon quarto posto l’anno successivo, il Napoli puntò al salto di qualità con l’arrivo in panchina di Massimo Giacomini, allenatore reduce da stagioni molto positive alla guida di Udinese, Milan e Torino. Dopo l’olandese Krol, alla sua terza annata ai piedi del Vesuvio, arrivò il secondo straniero, l’argentino Ramon Diaz, artefice tre anni prima, insieme ad un giovanissimo Diego Armando Maradona, della vittoria della nazionale albiceleste al Mondiale under 20 disputato in Giappone, battendo in finale l’Unione Sovietica 3-1. Celestini, Carannante e Dal Fiume furono i nuovi innesti in rosa mentre sul versante delle partenze finirono i nomi di Guidetti, Musella, Damiani, Benedetti e Palanca.

L’avvio stagionale dei partenopei alimentò l’ottimismo. In Coppa Italia, la squadra di Giacomini superò il primo turno senza patemi dopo aver battuto la Salernitana, grazie ad un rigore di Ferrario, pareggiato a Perugia e vinto contro Avellino (in rimonta), Lazio (primi gol ufficiali di Diaz) ed Atalanta. La qualificazione in coppa fu un buon antipasto prima di tuffarsi nel clima del campionato. E qui cominciarono le dolenti note. L’esordio casalingo del Napoli fu senza infamia né lode (0-0 contro l’Udinese) e alla seconda giornata arrivò la prima sconfitta sul campo del Pisa, partita decisa da una doppietta di Casale. Al San Paolo, giunse l’immediato riscatto contro il Catanzaro, piegato dai gol di Criscimanni e Diaz.

Il buon momento proseguì anche in Coppa Uefa, con la qualificazione ottenuta in casa, davanti ad un pubblico delle grandi occasioni, contro la temibile Dinamo Tbilisi, superata grazie ad una rete di Dal Fiume in avvio di ripresa. Un gol che ribaltò la sconfitta dell’andata (1-2). Ma si trattò di un fuoco fatuo, presto spento dalle sei reti rimediate contro Juventus e Roma. I giallorossi di Liedholm, che alla fine di quella stagione si laurearono campioni d’Italia, subito il gol di Pellegrini, passarono in rimonta con Iorio, Nela e Chierico. Quel pomeriggio, un Piper sorvolò lo stadio con uno striscione recante la scritta “Ferlaino vattene, Juliano torna”. Un’iniziativa di un tifoso, Nino Galeota, presidente di uno dei tanti club Napoli, che ebbe l’idea di noleggiare il piccolo velivolo a cui affisse il cartello contro il massimo dirigente partenopeo.

Napoli-Dinamo Tbilisi 1-0: la rete di Dal Fiume

La squadra ebbe un guizzo d’orgoglio a San Siro contro l’Inter, rimontando il doppio svantaggio nei quattro minuti finali, grazie ai gol di Criscimanni e Marino. Un punto prezioso, un pomeriggio di gioia ma che rimase un caso isolato. Il cammino in Coppa Uefa si concluse con una doppia sconfitta contro i tedeschi occidentali del Kaiserslautern. Alla vigilia del match di ritorno, del tritolo esplose in via Crispi, nei pressi della sede societaria, a conferma di una situazione molto pesante e che si aggravò ad inizio novembre ’82 dopo la sconfitta interna contro la Sampdoria, la neopromossa terribile che in quel primo scorcio di campionato aveva battuto in rapida sequenza Juventus, Inter e Roma.

Nel mercato novembrino, il Napoli provò a correre ai ripari ingaggiando Scarnecchia e Vagheggi, due innesti che non modificarono la precaria situazione della squadra. Tre settimane dopo, sconfitto a Cagliari nel finale, l’undici campano precipitò all’ultimo posto in classifica. Quel ko segnò il capolinea per Massimo Giacomini alla guida del Napoli. Pessimo il suo score: una vittoria, cinque pareggi e quattro sconfitte. Il tifo organizzato partenopeo chiese a gran voce il cambio in panchina. Il tecnico pagò il pessimo avvio di Ramon Diaz (appena 2 reti all’attivo) e la scarsa tenuta del reparto difensivo, malgrado la presenza di giocatori di buon livello come Bruscolotti, Ferrario, Marino e Citterio, con l’aggiunta di due centrocampisti abili in fase d’interdizione (Vinazzani, Dal Fiume o Celestini) e Krol nel ruolo di regista arretrato. A peggiorare le cose giunsero anche dei comunicati a dir poco farneticanti, firmati “Nuova camorra sportiva”. Si vociferò di un possibile arrivo di Gigi Radice.

La scelta, alla fine, cadde su Bruno Pesaola supportato da Gennaro Rambone, due ottimi conoscitori dell’ambiente napoletano. L’inizio, per il “Petisso”, fu in salita. Dopo il pareggio interno contro il Genoa, sconfitta evitata in zona Cesarini grazie ad un rigore di Ferrario, la squadra incassò altri due ko: a Firenze (1-0, gol di Massaro) ed in casa contro la matricola terribile Verona, seconda in classifica ad una lunghezza dalla Roma capolista. Uno scialbo 0-0 sul campo di Cesena chiuse un girone di andata da incubo per i partenopei. Al giro di boa, con un misero bottino di nove punti, il Napoli era ultimo, in coabitazione con il Catanzaro. Corrado Ferlaino lasciò la presidenza a Marino Brancaccio, affiancato dall’amministratore delegato Gianni Punzo. presidente di uno dei tanti club Napoli, che ebbe l’idea di noleggiare il piccolo velivolo a cui affisse il cartello contro il massimo dirigente partenopeo.

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Gennaro Rambone e Bruno Pesaola

Il girone di ritorno segnò la metamorfosi del Ciuccio. La squadra strampalata e debole della prima parte di stagione lasciò spazio ad una compagine tornata a buoni livelli di rendimento. Dopo il pari di Udine, giunsero due vittorie consecutive, in casa contro il Pisa e a Catanzaro, con Pellegrini III sugli scudi, autore di tre gol. Il pareggio casalingo contro la Juventus confermò la crescita della squadra plasmata dal Petisso. Dopo il passaggio a vuoto contro la Roma (cinquina senza attenuanti subita all’Olimpico), la squadra dimostrò di avere ritrovato il carattere necessario per togliersi dalla zona retrocessione. Arrivarono tre pareggi (contro Inter, Avellino e Samp) ed una vittoria di misura, al San Paolo, contro il Torino (ancora Ferrario su rigore).

A sei turni dalla fine, la sconfitta subita ad Ascoli (partita decisa da una prodezza dell’ex milanista De Vecchi) riportò il Napoli in zona retrocessione, trasformando la partita interna del 10 aprile ’83 contro il Cagliari in un vero e proprio spareggio salvezza. La squadra di Pesaola conquistò i due punti in palio grazie ad un rigore in avvio di Ferrario, specialista stagionale dagli undici metri. Dopo quel corroborante successo, i partenopei ottennero un pareggio esterno contro il Genoa ed una vittoria, ancora al San Paolo, contro la quotata Fiorentina, piegata da un’autorete di Ferroni nella ripresa. A due giornate dalla fine, l’operazione salvezza era a portata di mano.

Sul campo di Verona, contro la quarta forza del campionato, il Napoli preferì non rischiare, portandosi a casa un pareggio prezioso. L’epilogo stagionale fu all’insegna di una vera e propria ammucchiata in zona retrocessione, con sei squadre in bilico: Avellino, Napoli, Genoa, Pisa, Ascoli e Cagliari. Il calendario diede una mano ai partenopei che affrontarono in casa il già retrocesso Cesena. La vittoria avrebbe messo l’undici di Pesaola al riparo da qualsiasi rischio. Nel secondo tempo, un gol con un colpo di tacco di Paolo Dal Fiume fece esplodere il San Paolo: fine di un incubo, missione compiuta per Pesaola.

Appena chiamato a risollevare le sorti della squadra, il Petisso aveva invitato tutti alla calma, chiedendo ai tifosi di sostenere la squadra. Fu il viatico giusto suggerito dal suo valido collaboratore in panchina, Gennaro Rambone, allenatore arrivato dalla “gavetta”, esperto, pragmatico ed in possesso di una notevole saggezza tattica. I due s’intendevano a memoria. La chiave di volta tattica, per molti versi decisiva, fu il potenziamento del centrocampo che riuscì, in parecchie occasioni, a bloccare la manovra avversaria. Di colpo, la difesa colabrodo dell’andata divenne ermetica: furono appena undici le reti subite da Castellini nel girone di ritorno.

Con 6 vittorie, 7 pareggi e 2 sconfitte, una marcia da squadra d’alta classifica, il capolavoro griffato Pesaola-Rambone fu completo. La contestazione dei tifosi lasciò spazio ad un incitamento sempre crescente. Il boato dopo il gol di Dal Fiume al Cesena salutò la conquista della salvezza che, al termine del girone d’andata, sembrava un miraggio lontano. Quell’impresa confermò Pesaola tra i tecnici migliori in circolazione. Era il maggio del 1983.

TESTO DI SERGIO TACCONE, Autore di “Quando il Milan era un piccolo diavolo” (Limina), “Milan Story” (Edizioni della Sera) e “La Mitropa Cup del Milan” (Urbone Publishing).