PIERINO PRATI – settembre 1977

Per la modica cifra di 45 milioni (più premio-partita), Pierino Prati promette di guidare la riscossa giallorossa

“Roma, ti farò da padre”

Due gol, un palo e la dimostrazione di una forma ritrovata, a Genova nell’amichevole contro la Sampdoria, hanno risolto in meno di tre giorni il dubbio amletico che turbava da circa un mese i tifosi giallorossi; Prati firma o non firma? Così ad Avellino, domenica scorsa, il presidente ha «mollato» e Pierino Prati ha «tirato» nella sua cassaforte qualche milioncino: si parla di 45 milioni di ingaggio più un premio di rendimento. In definitiva una specie di centravanti «a cottimo»: tanti gol… tanti soldini in più. Certo è che la grinta e la spigliatezza di gioco che il cannoniere giallorosso ha sfoggiato nella partita della scorsa settimana, ci danno la misura di uno stile, proprio della vecchia guardia nella squadra romana, che (pur in un clima di rinnovazione e di svecchiamento), si rivela sempre indispensabile.

Questo il presidente Anzalone lo sa bene, tanto che ad una squadra di giovani pur validi, ma inesperti, insiste nel voler affiancare un centravanti come Pierino Prati che, ricordiamo, tre anni fa, fu pagato 800 milioni, e che oggi, in clima di austerità, costa alla squadra un sacrifico notevole.
«Sono felice – dichiara l’«Amleto in calzoncini» dopo la firma del contratto – è finito questo snervante braccio di ferro che ha coinvolto oltre me e il presidente, anche tutto l’ambiente giallorosso. Ora non mi resta che pensare a giocare».
Pierino Prati è uno dei pochi che è riuscito a salvarsi dalla campagna di epurazione instaurata da Anzalone. Perché il presidente non ha ceduto questo costoso e testardo centravanti? Qualcuno ha malignamente sostenuto che nessuno lo voleva comprare.
prati-intervista3-wp «Precisiamo subito che la Fiorentina ed il Milan, ad esempio, hanno insistito molto per avermi. – ribatte risentito – Forse offrivano poco? Non so, certo è che, calcolando quanto io costo alla Roma, la mia presenza nella squadra non investe solamente un fatto economico, altrimenti avrebbero forse fatto meglio a “svendermi”. Chiaramente non si poteva pensare di mandare in campo undici ragazzini inesperti senza avere, come base un “corpo di squadra”. La presenza di De Sisti, Santarini, Conti e Prati non è solo importante, è determinante per il gioco: se noi “giriamo” bene, anche i giovani vengono trascinati».

Pierino Prati ha disputato per la Roma 65 partite in tre anni. Queste le cifre del 76, anno nero: dieci incontri giocati e 2 gol segnati. La sera del 7 settembre 1975 all’Olimpico, gara di Coppa Italia, Roma-Piacenza, cominciano i guai.
Dopo una guarigione lampo gioca le prime 5 partite di campionato. Alla vigilia del derby, ricaduta. Rientra in campo nella partita contro il Torino: ancora un infortunio. Da allora, giocherà soltanto partitelle al di fuori del campionato.

– Ti è stato chiesto un sacrificio rispetto al contratto dell’anno precedente e tu hai accettato. Perché è durato così a lungo questo braccio di ferro tra te e il presidente? Forse l’offerta della Roma era troppo esigua?
Quanto distavano le vostre posizioni?
«Si è parlato fin dall’inizio del nuovo clima di austerità instaurato nella squadra. Io ho avuto subito la possibilità di chiarire la mia situazione con il presidente e con il segretario tacendo presente che ero disposto a fare un sacrificio, ma sotto una certa cifra non sarei mai sceso. Senza parlare di milioni, né di percentuali, posso dire che la Roma oggi mi offre condizioni accettabili. Ho 29 anni, debbo difendere i miei interessi e pensare al mio futuro. Forse la Roma ha temuto di aver perso il Prati di una volta? Le recenti prestazioni spero abbiano messo a tacere tante chiacchiere sulla mia forma e le mie possibilità».

– Anzalone affermava, prima dell’accordo, che a novembre non saresti stato, comunque, ceduto. Avresti passato così una stagione lontano dal campo. Chi ci avrebbe rimesso di più la Roma o Prati?
«Io escluderei che questo si sarebbe poi realmente verificato. Indipendentemente dall’accordo, io credo che un Prati fermo non avrebbe giovato a nessuno. A me in primo luogo, alla società e alla squadra di conseguenza. Se non esiste un contratto di lavoro non si capisce come alla Roma convenga tener fermo un buon giocatore quando invece avrebbe la possibilità di venderlo e di prenderne altri in cambio. Che cosa avrebbe voluto significare un simile atteggiamento del presidente nei miei confronti? Una ripicca, una vendetta? Oggi esiste il divorzio per i legami affettivi, vuoi che non esista per i legami di lavoro? Quando non c’è più l’accordo si cambia casa! Un giocatore cambia squadra!».

– Parliamo della nuova Roma.
«La squadra è stata molto cambiata, è stata ringiovanita. Siamo ancora agli inizi e c’è molto da lavorare prima di poter raggiungere un buon livello di forma. E’ una squadra che ha delle qualità e delle doti: ma è chiaro che non può avere delle pretese di alta classifica…».

– Rispetto ai 25 punti realizzati nello scorso campionato, andrà meglio o peggio?
«I punti della stagione scorsa non rispecchiano il valore della Roma dello scorso anno. Se le cose fossero girate per il verso giusto e se gli infortuni non fossero stati tanti e così continui è chiaro che la Roma sarebbe potuta andare in Coppa UEFA».

– Cosa ne pensi della campagna acquisti?
«La campagna acquisti, effettuata quest’anno e intesa a iniziare un ciclo nuovo, comporta inevitabilmente dei rischi. Sarà il campo, strada facendo, a darci ragione o no».

– E di Musiello?
«E’ un giovane che ha delle grosse doti: per aver fatto tutti quei gol in serie B vuol dire che sa come si gioca al calcio».

– Passiamo ora al «nemico», la Lazio, e parliamo di Ciccio Cordova.
«Come giocatore Cordova ha delle doti notevoli: il suo rapporto con il presidente era ormai abbastanza teso e strano e tale da non poter più resistere. La Lazio, per il suo tipo di gioco, ha fatto un grosso acquisto. E’ la squadra, però, che deve adattarsi alle caratteristiche del nuovo centrocampista. Se poi “Ciccio” possa dare di più nella Lazio di quanto avrebbe potuto dare nella Roma giovane, questa è una verifica che non ha possibilità di riscontro».

– Si è parlato tanto dei «clan» della vecchia Roma: cosa c’è di vero?
«Questa parola non è mai usata dai giocatori ma sempre dalla stampa. Certamente, comunque, non si può parlare del “clan” di Prati: io sono un uomo introverso e con i miei compagni di gioco ho soltanto un rapporto di lavoro. Al di fuori di questo, ho amicizie completamente diverse».

– Tra Roma e Lazio, arriverà prima la Roma di… Prati o la Lazio di… Cordova?
«La posizione delle due cugine in classifica non dipende solo né da Cordova né da Prati. Io prometto un buon campionato, magari di ripetere la stagione dei 14 gol».

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