Quella rete di Haan che inchiodò Zoff

Il 21 giugno 1978, l’Olanda negò la finale mondiale all’Italia di Bearzot. Decisivo un gol con un tiro scoccato da quasi quaranta metri.

Il sogno azzurro di giocarsi in finale il titolo mondiale del 1978 svanì al 76’ della sfida decisiva contro l’Olanda, disputata il 21 giugno a Buenos Aires. Arie Haan, ventinovenne di Finsterwolde, villaggio di pescatori di poco più di duemila anime, nella costa nordest dei Paesi Bassi, sancì il momento culminante della partita con un tiro scoccato da distanza quasi siderale! Una staffilata da circa quaranta metri, di rara precisione, che superò Dino Zoff, partito con un istante di ritardo. Palla in rete e addio sogni di gloria per la nazionale italiana.

Un razzo alla sinistra del portiere carambola contro il montante e rotola in fondo alla rete”: lo sintetizzò così quel gol Bruno Perucca, inviato de La Stampa allo stadio Monumental. Un proiettile finito in rete dopo aver incocciato il palo interno alla sinistra del guardiapali azzurro. Tre giorni dopo aver uccellato il tedesco Sepp Maier, con un’altra bomba dalla lunga gittata, Haan concedeva il bis consegnando agli olandesi il primato nel girone di semifinale, comprendente anche i campioni in carica della Germania Ovest e l’Austria.

In una splendida giornata di sole e con tanta gente sugli spalti, tifo in prevalenza per la nazionale italiana, l’obbligo di dover vincere non condizionò gli azzurri, bravi a prendere le misure ai vicecampioni mondiali uscenti sin dai minuti iniziali. Enzo Bearzot scelse una marcatura a uomo molto serrata senza tenere conto degli spostamenti degli avversari, affidandosi al contropiede incentrato sulla velocità di Paolo Rossi, l’elemento più pericoloso, ben spalleggiato da Causio, Bettega, Tardelli e Zaccarelli, pronti negli inserimenti.

Oltre a Neeskens, schierato con un’infrazione alle costole e piazzato davanti al libero Krol, non pochi grattacapi li ebbe l’olandese Brandts, chiamato ad occuparsi di Bettega. Con Poortvliet in sofferenza sulle serpentine di Causio, a togliere dai guai l’Olanda provvide spesso Krol, costretto a sfoderare classe e prontezza per bloccare situazioni potenzialmente molto pericolose per il portiere Schrijvers. A centrocampo furono scintille tra Tardelli e Jansen e, soprattutto, tra Benetti e Haan, con Zaccarelli a braccare Willie Van De Kerkhof. La marcatura di Cuccureddu su Rob Rensenbrink non palesò sbavature, con Gentile attento e diligente su Rep e Cabrini abile a contrastare senza remore René Van De Kerkhof, pendolo olandese su tutto il fronte d’attacco.

La squadra di Bearzot partì in modo brillante, mettendo in crisi gli avversari. Ad una ventina minuti dal fischio d’inizio, l’Italia trovò lo spiraglio per passare in vantaggio grazie ad uno spunto di Bettega, preludio all’autorete di Ernie Brandts. Gli azzurri limitarono a centrocampo le trame avversarie, agendo in difesa con intelligenza tattica. Neeskens, già non al meglio della condizione dopo l’infortunio contro il Perù nella prima fase, palesò parecchie incertezze nella posizione da centrale difensivo, almeno nella prima frazione di gioco. Con un po’ di convinzione in più, l’Italia avrebbe potuto anche segnare qualche altro gol prima dell’intervallo.

Nella ripresa, la svolta giunse al 51’ con il pareggio di Brandts, autore di una sventola quasi dal limite dell’area azzurra: tiro imparabile. L’Olanda legittimò il vantaggio con un gioco di rimessa preciso e rapido. L’errore tattico dell’Italia fu di agire, nel secondo tempo, con chiare intenzioni di copertura.

Chi si difende rischia, ancora una volta questa semplice regola del calcio è stata rispettata”, commentò Perucca. Gli azzurri si fecero comprimere senza più essere in grado di replicare colpo su colpo nella zona centrale. La partita finì dopo il raddoppio di Haan che mise al sicuro l’accesso in finale degli olandesi relegando l’Italia nella “finalina di consolazione” per il terzo posto contro il Brasile. L’azione decisiva era partita da un calcio di punizione toccato da Krol sulla trequarti.

A fine gara, gran parte dei giornalisti italiani addebitò al portiere juventino il peso della sconfitta. L’estremo difensore azzurro venne difeso a spada tratta da La Stampa che titolò: “Giù le mani da Zoff”. Da uomo saggio e di spiccato realismo, ben distante dalle logiche dei “se” e dei “ma”, il guardiapali della nazionale attutì bene i fendenti della critica e all’Hindu Club, nella saletta del caffè, rispose alle domande di un reporter inglese sui due gol subiti, soprattutto quello di Haan, sulla sconfitta contro l’Olanda, l’arbitraggio e le prospettive future avendo già compiuto 36 anni:

«Quel gol si poteva evitare, probabilmente. Ve l’ho già detto al termine della partita. Però, so darmi pace ed accettare le leggi del calcio. Non mi piace parlare al condizionale. Dico solo che poteva andare meglio, potevamo andare meglio. Ma nel calcio bisogna accettare qualsiasi tipo di verdetto. I “se” li voglio assolutamente evitare».

Zoff difeso da Bearzot

Intervistato da Alfeo Biagi del Guerin Sportivo, Bearzot difese i suoi giocatori.

«Abbiamo fatto molto di più di quello che i nostri tifosi si aspettavano da noi. Non abbiamo potuto centrare l’obbiettivo della finale per il primo posto essenzialmente per una ragione molto precisa: il gioco duro, falloso, intimidatorio degli olandesi. Entravano come furie, l’arbitro lasciava correre, gli azzurri hanno finito per intimidirsi. Ed è venuta la nostra prima, immeritata sconfitta».

Il giornalista incalzò il Vecio: “Come si fa a sentirsi già in finale vincendo soltanto per un gol a zero contro gli olandesi? Quelli sono satanassi che attaccano come furie dal principio alla fine, sai che gli frega di aver buscato una rete. Noi, fatto il gol, subito tutti in difesa. E allora i cecchini arancioni ti hanno fatto secco il povero Dino Zoff, imputato numero uno del Mondiale dell’Italia”.

Bearzot (l’intervista di Alfeo Biagi è del giugno ’78, subito dopo la fine del Mondiale) ammise un solo errore del suo portiere: “Non aver visto in tempo il pallone scagliato da Haan, il pallone del secondo gol olandese”. I giornali italiani non furono teneri nei riguardi di Zoff: “Quattro tiri verso la nostra porta, quattro gol…”, riferendosi alle reti subite contro Olanda e Brasile. Ed ancora: “Con un altro portiere, l’Italia avrebbe vinto il mondiale”, “Gli anni passano per tutti, neppure Zoff può sfidare la legge del tempo”. Alfeo Biagi aggiunse:

«Dispiace dirlo perché Zoff è un uomo e un giocatore esemplare, ma un fondo di verità c’è. Si è fatto sorprendere da tiri da lunga distanza, forse perché nel nostro campionato non si batte a rete se non da un paio di metri dal portiere. Forse l’ha ingannato la luce del River, forse non era più nella condizione smagliante dell’inizio. Ma una cosa è certa: Zoff, purtroppo, ha colpe precise nella malinconica conclusione del nostro Mondiale».

Giugno 2000

Poco prima della sfida tra Olanda e Italia, semifinale dei campionati europei, Arie Haan tornò sulla sua prodezza in terra argentina durante un’intervista rilasciata a Pierfrancesco Archetti della Gazzetta dello Sport.

«Il pallone partì forte e diritto – disse l’olandese – per poi allargarsi verso destra e rientrare sul palo. Zoff non ci poteva arrivare perché aveva un giro strano. Più che la sua colpa fu la mia bravura a stenderlo».

Ventidue anni prima, la Gazzetta dello Sport aveva titolato: “Processo a Zoff: poteva pararli?”, aggiungendo ”Lui molto onestamente risponde di sì”. Il portiere juventino, dopo quella pagina, evitò di parlare con i giornalisti della rosea per sei mesi. Il tiro di Haan venne sezionato in 38 fotogrammi. Una tecnologia televisiva, in uso alla fine degli anni 70, fissò in 87 km/h la velocità del pallone scagliato dal giocatore olandese.

La distanza e l’importanza di quella partita collocarono la sassata di Haan nell’antologia della Coppa del Mondo. “Ogni tanto passano in tv i migliori gol della storia e il mio all’Italia mantiene ancora i primi posti. Non invecchio mai, grazie a quella prodezza. Sembro sempre quello del 1978”, ricordò l’olandese nell’intervista di Archetti.

Nel 1980, Haan trascorse una vacanza in Sardegna, a pochi chilometri da dove soggiornava Dino Zoff. “Organizzammo una serata insieme ma non mi volle incontrare. Forse era ancora arrabbiato”. Un anno dopo, l’ex giocatore dell’Ajax sfiorò il passaggio al Genoa. Venne persino presentato ai tifosi rossoblù prima di una partita amichevole. Il giorno dopo, tuttavia, da Liegi arrivò una telefonata e il passaggio al club genoano sfumò: Haan un mese prima aveva firmato per lo Standard, penultima tappa del suo percorso calcistico prima del ritiro dopo una stagione al Psv (1983/84). Per il “bombardiere di Finsterwolde”, classe 1948, non ci fu alcuna tappa nel campionato italiano.

Haan rimarrà per sempre nelle memorie di cuoio del nostro calcio. Dino Zoff avrebbe avuto modo di riscattarsi quattro anni dopo, sfoderando la parata “epocale” contro il Brasile nei minuti finale dell’epica sfida di Barcellona, il 5 luglio ’82. L’attimo fuggente, colto dal portiere azzurro, pregno di gloria imperitura.