Quini: il centravanti è stato sequestrato

Domenica primo marzo 1981, Enrique Castro Gonzaléz, meglio conosciuto come Quini, ha da poco concluso e vinto la partita interna contro l’Hercules. Ora è atteso all’aeroporto dalla famiglia. Sono le 21 quando il bomber del Barcellona scompare. E’ stato infatti rapito dal “Battaglione Catalano Spagnolo”, un gruppo di estrema destra. In realtà, come si scoprirà più tardi, sono semplici balordi. Una vicenda clamorosa che sa di romanzo giallo.

219 reti nella Liga spagnola. Cinquantaquattro con il Barcellona. Le altre 165 con l’amato Sporting di Gijón. Nel 1970 e nel 1977 è stato il miglior cecchino nella Segunda División, la nostra Serie B. Nel suo palmarés ci sono una Coppa delle Coppe, una Coppa della Liga e una Copa del Rey vinte in blaugrana. Oltre a 35 presenze e 8 reti in Nazionale. Con cui ha vissuto le pallide partecipazioni all’Europeo del 1980 in Italia (con gol rifilato al Belgio), al Mondiale d’Argentina ‘78 e a quello casalingo del 1982.

Eppure Enrique Castro Gonzaléz (Oviedo, 23 settembre 1949 – Gijón, 27 febbraio 2018), alias Quini o Quinigol, a livello internazionale, è ricordato soprattutto per il rapimento patito nel marzo del 1981. Un anno violento. Ovunque. Lo scandalo della P2 e la tragica fine di Alfredino Rampi in un pozzo di Vermicino, gli attentati a Ronald Reagan e a Giovanni Paolo II, quello mortale ad Anwar el-Sadat ne sono il sinistro ricordo. Anche in Spagna, dove la dittatura franchista è terminata da un lustro.

Ma le (fragili) istituzioni democratiche devono guardarsi dai nostalgici del regime. A Madrid, il 23 febbraio, Re Juan Carlos di Borbone e l’esercito hanno stroncato il golpe di un reparto della Guardia Civil agli ordini del tenente colonnello Antonio Tejero Molina. E il 28 febbraio, sempre nella capitale, i terroristi baschi dell’Eta hanno liberato – dopo otto giorni – i consoli di Austria, Uruguay ed El Salvador. La Liga 1980-81, però, continua. Dopo 26 turni il Barcellona è a due punti dall’Atlético Madrid, in testa da 19 gare. E nella giornata seguente c’è lo scontro diretto. Decisivo per lo scudetto.

IL BOMBER DEL RILANCIO

Quini assieme al fantasista danese Allan Simonsen

Uno scudetto che manca ai blaugrana da sette stagioni. Troppe, se rapportate ai sei titoli nazionali vinti nel frattempo dal Real Madrid. Tant’è che il presidentissimo Josep Lluis Nunes nel maggio 1979 ha riportato Helenio Herrera in Catalogna. “Strappandolo” alla B italiana e al Rimini. È lui, il Mago, il nuovo consulente tecnico. Il primo rinforzo di qualità è stato il danese Allan Simonsen, attaccante esterno veloce, agile e con un ottimo fiuto del gol. Qualità che gli sono valse il Pallone d’Oro 1977. Ma che non sono bastate. Tant’è che Nunes ha voluto il ritorno in panchina di Herrera, ormai 69enne, al posto di Joaquim Rifé Climent, per centrare quarto posto e accesso alla Coppa Uefa.

La campagna acquisti dell’estate 1980 è stata tra le più dispendiose. Herrera è di nuovo dietro le quinte. La panchina è stata affidata all’ungherese Laszlo Kubala. In regia c’è il tedesco Bernd Schuster, rivelatosi giovanissimo con il Colonia. Per puntellare la difesa, è giunto, dall’Athletic Bilbao, José Ramón Alexanko, attuale tecnico della cantera blaugrana.

Quini è arrivato per guidare l’attacco, al quale l’austriaco Hans Krankl, spesso infortunato, non è più riuscito a dare certezze. E stato scelto per prendere a spallate le difese avversarie. L’asturiano di Oviedo si è meritato a suon di reti il soprannome di Brujo (Poeta o Stregone). È già stato per tre volte il Pichichi: nel 1974 con 20 centri, nel 1976 con 21, nonostante la retrocessione dello Sporting Gijón, e nel 1979-80 con 24. Nonché l’artefice delle fortune dei Rojiblancos, come il secondo posto nella Liga ‘79, tutt’ora il miglior piazzamento della storia.

Insomma il Brujo è l’idolo dello stadio El Molinón. E lo Sporting si è “rassegnato” a cederlo solo per 100 milioni di pesetas (circa un miliardo e 200 milioni di lire nel 1981). Soldi ben spesi. Quini ha continuato a segnare. Di destro. Di sinistro. Di testa. In dribbling. In acrobazia. Si è confermato il Poeta (o Stregone) delle aree di rigore. Ma le sue prodezze, 16 sino alla sfida con l’Hercules di Alicante, non hanno evitato l’ennesimo cambio tecnico. Perché dopo l’avvio stentato, Nunes ha deciso di congedare Kubala pregando per la seconda volta il Mago di tornare in panchina. Herrera e Quini si sono subito intesi. Sono i leader di una squadra che a fine inverno sta per coronare l’inseguimento all’Atlético Madrid capolista.

CHI L’HA VISTO?

È domenica primo marzo 1981. Barcellona e Hercules si affrontano in uno stadio stracolmo. Che assiste a un 6-0 da sballo. Il Poeta realizza due gol, il secondo e il terzo. Rafforza il primato tra i cannonieri (18). E lancia la sfida ai colchoneros, prossimi avversari, che sono a più due.

Sono le 19.30 quando Quini lascia il Nou Camp. L’ultimo a parlargli è il portiere di riserva, Amador. Alle 21.30 deve essere all’aeroporto. Lo attendono la moglie Mari Nieves e i due figli, Lorena ed Enrique, in arrivo da Oviedo per vivere con lui la settimana che porta al match del Vicente Calderón. Quini raggiunge casa. Telefona al suocero: sarà puntuale all’appuntamento.

Non lo sarà. Un vicino di casa lo vede alle 21 con tre sconosciuti. Poi Quini scompare. All’ora di pranzo di lunedì la sua Ford Granada, con sportelli aperti e chiavi nel cruscotto, viene ritrovata a 200 metri da casa. I rapitori si fanno vivi solo alle 5 della sera. Sono i sedicenti membri del “Battaglione catalano spagnolo”, gruppo di estrema destra, e scrivono in un comunicato che il giocatore sarà liberato solo l’11 marzo. Dopo la sfida contro l’Atlètico: «La squadra di Herrera è separatista e non vogliamo che vinca lo scudetto».

Due ore dopo, un membro del movimento “Pre” rivendica l’azione telefonando a un giornalista del quotidiano La Vanguardia. Chiede al Barcellona 350 milioni di pesetas (4 miliardi di lire, quasi 9 milioni di euro attuali). Nella notte seguente, el Brujo chiama la moglie: «Sto bene, state calmi». L’Atlètico Madrid si offre di rinviare la partita. Herrera vuole giocarla «per dedicargli la vittoria. Noi siamo in gran forma. Loro tremendamente giù». Il club blaugrana avvia una trattativa segreta per il riscatto. Ma è più concreta l’ipotesi, poi rivelatasi esatta, che i colpevoli siano dei criminali comuni. Altro che “Età” o “Pre” o “Bcs”.

IL RITORNO ALLA LIBERTÀ

E la domenica della grande sfida. Che, ovviamente, si gioca. Quini non c’è. E nemmeno il Barcellona, battuto 1-0. Cede poi al Salamanca (2-1) e non supera il Saragozza (0-0). Addio sogni di gloria. I giorni passano. Il 25 marzo è un mercoledì. La Spagna vince 2-1 a Wembley contro l’Inghilterra interrompendo un sortilegio cominciato il 15 maggio 1960. È una notte storica per il calcio iberico che si prepara a ospitare il Mondiale.

La festa è completata dalla liberazione di Quini. A Saragozza. I poliziotti arrestano subito uno dei tre (maldestri) sequestratori: quello che è con lui in un’officina meccanica. Al numero 13 della calle Geronimo Vicent. Decisive le intercettazioni telefoniche e la vigilanza sul conto bancario per versare il riscatto. Le foto di un Quini provato che abbraccia il presidente Nunes e la moglie Mari Nieves La vera eroina di questo allucinante dramma» dice il marito) fanno il giro del mondo.

Il giorno dopo el Brujo è in campo. Fa due gol nella partitella che precede il Clasico col Real Madrid. Herrera però non lo rischia al Santiago Bernabeu. Anzi, chiede (invano) che si ripetano le tre gare precedenti. I blancos di Vujadin Boskov, che di lì a poco faranno fuori l’Inter di Eugenio Borsellini nella semifinale della Coppa dei Campioni, stravincono: 3-0. Il Real piomba in zona scudetto con la Real Sociedad di San Sebastian. Mentre l’Atlètico comincia a cedere e il Barcellona molla. Nonostante il ritorno di Quini, 35 giorni dopo il rapimento.

L’abbraccio con la moglie

Il 5 aprile gioca i 10’ finali nel 2-1 in casa al Valladolid: «Chiedo scusa ai tifosi se ho giocato male» dice, «ma non ho potuto fare di più». La Liga termina il 26 aprile. Real Madrid e Real Sociedad sono a 45 punti. Un gol di José Maria Zamora a 27 secondi dal termine allo Sporting Gijón permette ai baschi di vincere lo scudetto per la miglior differenza reti negli scontri diretti (3-1 e 0-1). Il Barcellona è quinto. Dopo Valencia e Atlètico Madrid.

Si “consola” con il quarto titolo di Pichichi conquistato da Quini: 20 reti. Due nelle ultime tre gare. C’è però la Copa del Rey. A Madrid, il 18 giugno nel catino del Vicente Calderón, Quini segna i primi due gol del 3-1 al “suo” Sporting. La stagione è salva per il Barcellona di Herrera, fuori al secondo turno dalla Coppa Uefa.

L’ULTIMA PARTE DELLA CARRIERA

La carriera del Brujo prosegue per sei stagioni. Tre in blaugrana. Le ultime con i Rojiblancos. Nell’82 si conferma Pichichi per la terza volta (26 gol) e firma il 2-1 che vale la Coppa Coppe contro lo Standard Liegi. Ma non convince il Ct José Santamaria, che nel Mondiale di casa gli concede tre spezzoni. Quello iniziale solo contro la Germania Ovest. Un’amarezza, vissuta senza drammi.

Comincia da lì la parabola discendente. Il sipario cala il 14 giugno 1987 nel Molinón: SportingBarcellona 1-0. Lascia a 35 anni dopo 448 gare nella Liga. È stato cinque volte Pichichi. Come Alfredo Di Stefano e Hugo Sanchez. Solo Telmo Zarra, negli anni quaranta, e l’inarrivabile Messi hanno fatto meglio. Eppure, se Quinigol è ricordato all’estero in gran parte lo si deve a quei 24 giorni di trent’anni fa. Il destino, a volte, sa essere crudele.

  • Testi di Francesco Belviso