Il Torino di Radice ha conquistato uno storico scudetto (il primo dopo Superga) al termine di una rimonta clamorosa ai danni della Juventus di Carletto Parola…
Intervista di Elio Domeniconi e Carlo Nesti, Guerin Sportivo maggio 1976
TORINO – Gli allenatori del momento sono Gigi Radice e Carlo Parola. Il primo ha fatto vincere lo scudetto al Torino ed è sull’altare. Il secondo ha fatto perdere tutto alla Juventus (titolo, Coppa Italia e Coppa dei Campioni) ed è nella polvere. La sua caduta ha coinvolto lo stesso Boniperti che ora gli ha proposto di rimanere in seno alla società con altri incarichi. Parola ha meditato un po’, poi ha accettato. E’ entrato così a far parte, con Cestmir Vycpalek, di quello che è già stato definito da più parti come «il cimitero degli elefanti». Radice è diventato l’idolo dei tifosi granata perché al primo tentativo ha fatto vincere al Toro quello scudetto che era atteso da ventisette anni. Da quando, cioè, il leggendario squadrone di Mazzola e Gabetto andò a schiantarsi sulla collina di Superga. Parola, al contrario, è stato contestato con ferocia perché aveva promesso l’en plein e non ha vinto nulla e l’assurda contestazione ha valicato i limiti sportivi per sconfinare in quelli personali. Noi li abbiamo invitati a confessarsi senza falsi pudori e diplomazia: Radice e Parola, il vincitore e il vinto.
Da più parti la Juventus è stata definita la « Signora suicidi », perché si è fatta harakiri diverse volte. Il dubbio quindi è legittimo: Io scudetto 76 è stato vinto dal Torino o è stato perso dalla Juventus?.
RADICE – Io direi che l’ha vinto il Torino. Perché non abbiamo rubato nulla. E perché abbiamo meritato di vincerlo. Si dirà che la Juventus non ha saputo amministrare il vantaggio di 5 punti, ma secondo me il campionato si è deciso a Cesena. Con quella sconfitta i punti sono diventati 3 e con la prospettiva che la domenica dopo, essendoci il derby, ne sarebbe rimasto uno solo. A un punto di distacco, abbiamo capito che ormai lo scudetto era nostro anche se per scaramanzia abbiamo continuato a parlare di secondo posto.
PAROLA – Il campionato è stato vinto al cinquanta per cento dal Torino, e perso al cinquanta per cento dalla Juventus. Sportivamente devo ammettere che i granata hanno disputato un torneo ammirevole sotto tutti i punti di vista. Anche a cinque punti di distanza da noi, non si sono mai dati per vinti. Hanno seguito un preciso programma, e lo hanno realizzato senza il minimo indugio.
Le statistiche dimostrano che il Torino ha vinto lo scudetto in casa e che la Juventus l’ha perso in casa. In questa diversità di rendimento c’entra l’apporto del pubblico? Nelle ultime settimane la Juventus ha dato l’impressione di essere stata abbandonata anche dai tifosi.
RADICE – Specifichiamo. Il Torino ha vinto lo scudetto in me-, dia inglese, segno che ci siamo ‘ fatti rispettare anche fuori. Tutte le squadre in casa rendono di più, è un fatto normale. Che il Torino sia riuscito a vincere 14 partite su 15 (contro il Cesena 1′ emozione ci ha tagliato le gambe) rappresenta di per se’ un impresa da record. Che potessimo vincere sempre anche fuori, sarebbe stato mostruoso. Non potevamo pretendere tanto. Sicuramente abbiamo sentito anche 1′ apporto del pubblico. I tifosi mi sono sempre stati vicini, anche quando le cose andavano male, cioè quando a Verona siamo stati eliminati dalla Coppa Italia e quando abbiamo perso a Bologna la prima partita di campionato. Anche negli ultimi tempi in tanti mi hanno fermato dicendomi: signor Radice vada come vada, noi siamo contenti così. Poi magari se non avessimo vinto Io scudetto avrebbero cambiato idea. Però devo dire che il pubblico è stato molto importante in questa che considero una vittoria di tutti.
PAROLA – Fino a qualche tempo fa si diceva che i campionati si vincevano fuori casa. In trasferta la Juventus ha vinto otto volte, contro le quattro del Torino. In casa, la Juventus si è imposta dieci volte, mentre il Torino quattordici. L’incentivo dei tifosi è importante, ma sono soltanto i giocatori ad andare in campo. Non abbiamo risentito in modo particolare del distacco progressivo dei nostri sostenitori, perché in caso contrario non saremmo mai giunti all’ultima giornata ancora con la prospettiva dello spareggio.
L’allenatore. Che percentuale di merito ha avuto Radice nella conquista dello scudetto da parte del Torino e che percentuale di colpa ha avuto Parola nel crack della Juventus?
RADICE – Nel calcio moderno si lavora in « equipe » e quindi i meriti e le colpe vanno divise in parte uguale. L’allenatore ha sicuramente un compito importante, direi più durante la preparazione che sul campo, perché alla domenica capiterà due o tre volte l’anno di decidere il risultato con una mossa tattica, di solito ci si limita a raccogliere cosa si è fatto durante la settimana. L’allenatore deve operare determinate scelte, tenere uniti i giocatori, ha il dovere di capirli anche come uomini. Ma secondo me i protagonisti restano sempre i giocatori. A decidere le partite sono sempre loro. E per questo dico che lo scudetto l’hanno conquistato prima di tutto i giocatori del Torino.
PAROLA – Nel calcio non esistono soltanto meriti e demeriti, ma anche fortuna. Radice è un tecnico di indubbie doti, che quest’anno è stato aiutato anche dalla sorte, come sempre accade quando si vince. Non era partito per vincere il campionato, come lui stesso ha tenuto a precisare. Ha saputo inserire nella formazione titolare giovani che avrebbero dovuto rendere soprattutto a partire dal prossimo anno. Ha saputo trasformare la fame di vittoria di molti undicesimi in quella mentalità vincente che prima non esisteva. Ha saputo convertire Claudio Sala da giocatore discontinuo in trascinatore costante.
E’ molto importante anche il ruolo del presidente. Lavorare a fianco di un ex giocatore come Boniperti è un vantaggio per l’allenatore, oppure è preferibile un presidente come Pianelli che si limita ad amministrare la società?
RADICE – Non so come si comporta Boniperti con gli allenatori, perché non ho mai lavorato nella Juventus. E’ sicuramente un vantaggio del calcio italiano che arrivino alla presidenza anche i protagonisti del calcio giocato. Conoscendo a fondo l’ambiente è difficile che commettano gli errori di cui sono vittime spesso i neofiti, perché loro questi problemi li hanno vissuti. Certo però un allenatore deve essere libero di esprimersi senza condizionamenti di sorta. Se, poniamo, vuole fare gli allenamenti al mattino e il presidente gli dice: no, è meglio farli al pomeriggio, si guasta tutto. Non parliamo poi se il presidente vuole mettere il becco nella formazione. Non ho però esperienza in proposito. A me tutti i presidenti hanno sempre lasciato carta bianca.
PAROLA – Le situazioni dell’allenatore accanto ad un presidente non tecnico e ad un presidente tecnico sono differenti ed egualmente produttive. Mi ritengo fortunato nel poter lavorare al fianco di Boniperti, perché un conto è parlare di sport ad un incompetente e un conto è conversare dei propri problemi con chi ti può capire. In ogni caso ho sempre deciso io e mi sono sempre sobbarcato io le responsabilità della conduzione della squadra.
La stampa rappresenta il quarto potere. Si dice che quasi tutti i giornalisti torinesi tifano per il Torino. Che peso può avere avuto il ruolo della stampa nella classifica finale?
RADICE – In passato mi era stato spesso rimproverato (specie a Firenze) di non curare abbastanza le pubbliche relazioni. A Torino abbiamo impiegato un po’ di tempo a conoscerci, ma poi ci siamo capiti e abbiamo lavorato di comune accordo. La stampa mi ha sempre trattato bene. In occasione di certe vittorie importati ho visto i giornalisti torinesi partecipare alla nostra gioia. Sicuramente il Torino ha molti amici tra i giornalisti.
PAROLA – La stampa è abituata a seguire la corrente, e in questa stagione ha sostenuto il Torino allo stesso modo in cui avrebbe appoggiato qualsiasi altra formazione di nuova fama. In particolare, ritengo che la stampa torinese abbia sempre compiuto con equità il suo lavoro. Ammiro un giornalista nella misura in cui giudica con obiettività e maschera le passioni, e in questo senso sono sempre stato circondato a Torino da professionisti degni di ogni stima.
Zoff non ha ripetuto le parate-miracolo degli anni scorsi. Il portiere è stato determinante ai fini della lotta per Io scudetto?
RADICE – Zoff, a parte i derbies, l’ho visto solo in TV e la TV inganna. Le telecamere non rendono l’idea della prospettiva. A vedere la televisione sembra sempre che i gol siano colpa del portiere. Non credo che sia stato Zoff a far perdere lo scudetto alla Juventus. Faccio notare che anche il nostro Castellini ha avuto i suoi momenti critici. Ma il Torino ha saputo reagire. Abbiamo vinto anche partite per 4-3 e per 4-2. Se beccavamo un gol da polli, spingevamo sull’acceleratore e ne segnavamo uno in più degli avversari.
PAROLA – Io guardo al diagramma finale del campionato, e non agli episodi particolari. Zoff ancora una volta ha vinto la sua battaglia, perché le sue prodezze sono state largamente superiori alle sue mancanze. Ci si è stupiti di certi infortuni, perché quando Zoff salva la propria porta, tutto rientra nei limiti della normalità. Purtroppo il ruolo di portiere è delicato, perché è assolutamente vietato sbagliare. Zoff, se è vero che non ha sostenuto un torneo ottimo, è altrettanto vero che ha trascorso una annata più che buona.
Qualcuno sostiene che con Anastasi la Juventus avrebbe potuto vincere lo scudetto. Tornasse indietro cosa farebbe Parola e in un caso analogo come si comporterebbe Radice.
RADICE – Il caso Anastasi ovviamente l’ho seguito solo sui giornali. Ossia un bel giorno Anastasi ha chiamato i giornalisti e ha sparato a zero sull’allenatore. Se le cose stanno così, il Torino avrebbe reagito come la Juventus. I campioni hanno già altri vantaggi rispetto ai compagni: a parte il reingaggio hanno più interviste, firmano più autografi. Questi sono i vantaggi della popolarità. Ma nello spogliatoio si deve essere tutti uguali. Guai se uno si mette a fare il divo anche nello spogliatoio. Anastasi non poteva permettersi certi atteggiamenti. Ha sbagliato è giusto che sia stato punito. Io mi sarei comportato esattamente come Parola.
PAROLA – Anastasi ha scelto una strada e io un’altra. Non è certamente per colpa sua che abbiamo perso il campionato. Giocando per oltre mezzo torneo ha fatto la sua parte: quello che ha fatto in seguito non ha nulla a che fare con l’andamento del gioco sul terreno di gara.
Modulo di gioco. Cosa ha espresso di nuovo il Torino e cosa si può rimproverare alla Juventus? Molti ad esempio hanno criticato la posizione di Bettega.
RADICE – Io qualcosa di nuovo l’avevo cercato già a Cesena e a Firenze. Mi sono ispirato al basket, cioè al pressing. Quando hanno la palla gli avversari, bisogna interrompere il loro ritmo. La strada è quella e gli olandesi l’hanno interpretata benissimo. Quanto alla Juventus le critiche mi sembrano dettate dal solito senno del poi. Quando la Juventus vinceva, tutti dicevano che il segreto era la posizione arretrata di Bettega e gli scambi con Gori.
PAROLA – Il Torino ha offerto un tipo di gioco che non è tanto nuovo, quanto adeguato ai mezzi a disposizione. I granata concentrano il loro gioco su due punte valide come Pulici e Graziani, cercando di servirli in due o tre passaggi nel modo più rapido possibile. Un centrocampo ringiovanito consente di sviluppare una manovra in profondità nettamente diversa da quella maggiormente corale della Juventus. Il nostro modulo ha funzionato anche quest’anno, e non è vero che alcuni elementi hanno dimostrato rispetto al passato uno stato di logoramento.
Forse la Juventus è stata handicappata dall’abbondanza di giocatori. Troppi galli in uno stesso pollaio. E’ preferibile avere una squadra base come il Torino?
RADICE – La Juventus aveva tre traguardi, quindi era necessaria una « rosa » allargata. Avere tanti giocatori di valore è sempre un vantaggio. Però bisogna che questi giocatori sappiano essere obiettivi. Se uno sta fuori deve convincersi che è giusto così e che l’allenatore lo fa nell’ interesse della squadra. Nemmeno io che pure l’avevo fatto acquistare dal Monza pensavo che Patrizio Sala potesse imporsi così in fretta. Ma quando è diventato titolare tutti gli altri hanno riconosciuto che era giusto così.
PAROLA – E’ difficile dire se una rosa molto ampia rappresenti sempre un vantaggio. Ci tengo a sottolineare, comunque, che non è vero che il nostro organico si è rivelato eccessivo. A novembre abbiamo ceduto uomini come Marchetti e Rossi, ed inoltre giocatori come Spinosi hanno giocato poi solo poche partite. Anche Radice si è trovato nelle condizioni di dover escludere un elemento qualificato come Lombardo, e lo ha fatto senza temere eventuali polemiche.
Altafini l’anno scorso era risultato l’uomo scudetto. Perché quest’anno Parola ha rinunciato ai suoi gol e cosa avrebbe fatto Radice?
RADICE – Ho letto che José si sente ancora in gambissima. Però l’età ce l’ha. Abbiamo giocato assieme nel Milan. E’ uno dei pochi giocatori dei miei tempi ancora sulla breccia. Credo che il tempo passi inesorabile per tutti.
PAROLA – Se ho fatto giocare poche volte Altafini, i motivi devono pur esserci. Acquistando Gori, ho avuto a disposizione un attaccante in più rispetto al passato che, essendo più giovane del brasiliano, mi sono premurato di curare in modo particolare per il bene della società. Sono solo un dipendente del sodalizio, e non spetta a me dire se Altafini può continuare la carriera o meno.
II calcio va a cicli. Si può dire che è finito il ciclo della Juventus ed è iniziato il ciclo del Torino?
RADICE – Magari! La Juventus è una squadra che ha orgoglio e tradizione. Si riprenderà prontamente. Sarà il nostro avversario più pericoloso anche l’anno prossimo.
PAROLA – Io mi auguro esclusivamente che sia iniziato il ciclo della città di Torino e che continui, anche se so che sarà difficile per Torino e Juventus vincere sempre. Il Torino è una squadra giovane che ha le possibilità per poter durare, ma questi mezzi li dispongono anche altre squadre, ugualmente temibili.
Di cosa ha bisogno la Juventus per tornare campione d’Italia e quanti ritocchi occorrono al Torino per vincere un altro scudetto e fare bella figura in Coppa dei Campioni?
RADICE – Qualche acquisto lo faremo, ma senza far pazzie. Perché ora che siamo campioni d’ Italia qualunque giocatore si chieda ci sparano 200 milioni in più. E noi a certi giochi non ci prestiamo.
PAROLA – La Juventus, per vincere di nuovo il campionato, ha bisogno di due acquisti, e cioè di un attaccante in grado di segnare molte reti e un centrocampista di rincalzo. La colonna vertebrale può rimanere comodamente la stessa, e garantire ancora eccellenti risultati. La rosa, infatti, deriva dalla combinazione di uomini esperti e elementi giovani. Ogni anno abbiamo previdenzialmente inserito nel telaio un elemento di grande avvenire, come Scirea o Tardelli, e intendiamo proseguire senza rivoluzioni su questa via.
La Coppa dei Campioni rappresenta un traguardo prestigioso. Sulla base dell’esperienza della Juventus che consigli dà Parola a Radice e cosa prevede Radice?
RADICE – Molti sostengono che noi siamo handicappati perché non abbiamo gli stranieri. Io dico invece che è giusto non riaprire le frontiere, solo così si può salvare il calcio italiano. Il Bayern ha vinto con i tedeschi non certo con gli stranieri. Il Real Madrid con gli stranieri è stato eliminato lo stesso. Piuttosto il nostro handicap deriva dalla preparazione. Gli altri superano con più facilità i turni iniziali perché cominciano ad allenarsi prima di noi. Per questo noi ci raduneremo il 23 luglio e andremo a fare un po’ d’esperienza all’estero o in Inghilterra o in Olanda. Per lo scudetto quest’anno ci siamo realizzati di domenica in domenica. L’anno prossimo cercheremo di realizzarci anche di mercoledì in mercoledì. Vivendo alla giornata siamo arrivati al traguardo.
PAROLA – Non posso suggerire nessun consiglio a Radice in vista della Coppa dei Campioni, se non augurargli un buon sorteggio. Noi, senza il Borussia al secondo turno, saremmo forse andati diritti in finale. Finora i granata non si sono mai esibiti sulla scena internazionale, per cui rappresentano per tutti una incognita da chiarire con interesse.