REVIE Don: Never forgotten


E stato uno degli allenatori più stimati e apprezzati del calcio britannico, Don Revie. Poi però, a causa di una leggerezza, la reputazione dell’uomo che aveva creato dal nulla una delle migliori squadre inglesi degli anni ‘60-‘70, il Leeds United, è clamorosamente crollata. Verso la conclusione della sua fallimentare esperienza sulla panchina della Nazionale inglese, con l’esonero in vista a causa della mancata qualificazione ai Mondiali del 1978, Revie cominciò a negoziare segretamente un accordo per diventare l’allenatore della Nazionale degli Emirati Arabi Uniti. Alla fine il manager inglese stipulò un contratto quadriennale con la Federazione asiatica che gli avrebbe fruttato 340.000 sterline. Il tutto all’insaputa della Football Association. Nel luglio del 1974 Revie rassegnò le dimissioni da Ct della Nazionale, cercando di ottenere una buonuscita dalla Federazione di 50.000 sterline e tacendo l’accordo già firmato con gli arabi. La F.A., venuta a conoscenza dell’intrigo, gli inflisse una squalifica di 10 anni, cancellata poi nel 1979 per ordine dell’Alta Corte, che nella persona del giudice Justice (!) Cantley lo riconobbe colpevole di aver discreditato il movimento calcistico inglese, ma dovette ugualmente annullare la sentenza della Federazione britannica “with regret” (con rammarico).

Folgorazione magiara

Nato a Middlesbrough nel 1927, Don Revie ebbe un’infanzia densa di avversità e tragedie che lo segnarono profondamente. Sua madre morì quando era ancora bambino, il padre doveva cavarsela alla meglio per sbarcare il lunario nel periodo della depressione e in più, a diciannove anni, Revie subì la frattura della caviglia, che ne mise a repentaglio la carriera quando giocava nel Leicester City. Crebbe proprio nelle vicinanze dello stadio di MiddlesbroughNei giorni delle partite i tifosi passavano proprio davanti alla nostra porta di casa. I loro discorsi calcistici erano musica per le mie orecchie» ha scritto Revie nella sua autobiografia) e la sua passione per il pallone cresceva ogni giorno di più.

Gli inizi della sua carriera però non furono eccezionali: dopo l’infortunio alla caviglia non trovò grande spazio nel Leicester, che lo vendette all’Hull City per 20.000 sterline. Potè finalmente calcare palcoscenici più prestigiosi quando approdò al Manchester City. Nel 1953 Revie era rimasto impressionato dalla Grande Ungheria che aveva demolito l’Inghilterra a Wembley (6-3) e soprattutto folgorato da un giocatore: Nandor Hidegkuti. Gli piaceva molto il ruolo di centravanti arretrato con compiti di rifinitura assunto in campo dal fuoriclasse magiaro. Lo volle imitare e ottenne discreti risultati, vincendo il premio di calciatore dell’anno nel 1955, la F.A. Cup nel 1956 e collezionando sei presenze in Nazionale. Nel 1957-58 tornò in Division Two nelle file del Sunderland e nel novembre del 1958 raggiunse Leeds fino al definitivo ritiro, nel 1961.

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Bert Trautmann e Don Revie festeggiano la vittoria del Manchester City nella FA Cup del 1956

La famiglia Leeds

Impressionati dalla sua profonda conoscenza tattica del gioco, i dirigenti del Leeds gli affidarono subito il compito di guidare la squadra dalla panchina. La sua prima stagione piena da allenatore, 1961-62, si concluse con la quasi retrocessione in Division Three, ma da quel momento cominciò la fase ascendente della sua carriera. Revie trasmise ai suoi giocatori un furore e una cattiveria agonistica che saranno gli ingredienti base dei successi del Leeds, ma che attireranno anche molte critiche verso il club dello Yorkshire.

Puntò da subito sui giovani, li reclutava lui stesso, li preparava insegnando loro i suoi valori da vero e proprio padre (capelli corti, niente jeans, le ragazze giuste con cui uscire), creando nel club un clima famigliare. Non si dimenticava di alcun compleanno, spedendo biglietti di auguri a tutti i giocatori, ma anche alle loro mogli e ai loro figli e il venerdì sera giocava assieme ai suoi ragazzi a bingo e a boccette. Sul mercato, poi, Revie non sbagliava un colpo: nel 1962 arrivarono Jack Charlton e Willie Bell, l’anno dopo Bobby Collins e John Giles. In più la crescita di Bremner, Sprake, Reaney e Hunter dalla squadra riserve metteva nelle mani di Revie un organico sul quale si poteva costruire qualcosa di importante.

Era un allenatore che mostrava una maniacale attenzione per i dettagli: cambiò le maglie del Leeds che da blu divennero bianche (il colore del Real Madrid); si assicurò che la squadra viaggiasse su pullman sicuri e confortevoli per le trasferte; assunse una segretaria che, fra le altre cose, aveva il compito di conservare tutti i passaporti dei giocatori, consegnarli loro all’aeroporto prima della partenza per una partita di Coppa europea e riprenderli subito dopo i controlli di frontiera. Prima di ogni partita Revie passava oltre un’ora a parlare con i suoi giocatori dei punti di forza e dei punti deboli degli avversari.

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Cattivi ragazzi

Il 1963-64 fu l’anno della promozione conquistata con pieno merito grazie al decisivo apporto di giocatori nati nel vivaio del Leeds, come il portiere Sprake, i terzini Reaney e Cooper, il duro centrale Hunter e il grintoso centrocampista Bremner. Determinante fu anche Bobby Collins che si dimostrò il vero e proprio alter ego di Revie sul rettangolo verde agendo come centravanti arretrato. La prima stagione in Division One fu sorprendente: il Leeds concluse a pari punti con il Manchester United perdendo il titolo per la differenza reti sfavorevole. Allo stesso tempo raggiunse anche la finale di F.A. Cup, nella quale venne sconfitto dal Liverpool.

Dopo un altro secondo e un quarto posto in campionato Revie, nel 1967, si rese conto che la sua squadra necessitava di maggiore potenza offensiva. Dalle giovanili venne promosso un giovane scozzese dal tiro esplosivo, Peter Lorimer, mentre dallo Sheffield United arrivò il centravanti Mick Jones. Il Leeds era pronto per dare l’assalto al titolo britannico e ai trofei cui prendeva parte. Revie aveva studiato una particolare tattica da mettere in pratica sui calci d’angolo che fino ad allora nessuno aveva adottato: su ogni corner a favore del Leeds, Jackie Charlton si sarebbe dovuto sistemare davanti al portiere disturbandolo quando questi tentava l’uscita.

Il primo alloro per il Leeds arrivò nel 1968 e fu la Coppa di Lega vinta nella finale contro l’Arsenal per 1-0, tra le polemiche dei Gunners che protestarono perché a loro avviso Charlton aveva bloccato fallosamente il portiere Fumell in occasione del gol-partita di Cooper. I giocatori del Leeds giocavano al limite del regolamento e spesso oltre, cercavano di influenzare gli arbitri ed erano “odiati” dagli avversari. La parola d’ordine di Hunter era «Mordigli le gambe», mentre Jackie Charlton disse che aveva un «libro nero» in cui erano segnati tutti i giocatori che voleva «riempire di calci» prima di ritirarsi.

Finalmente campioni

Ad ogni modo, il Leeds di quegli anni non vinceva perché “picchiava” gli avversari o influenzava gli arbitri, ma soprattutto grazie all’immensa classe e al grande talento dei suoi giocatori. Nello stesso 1968 gli uomini di Revie conquistarono anche la Coppa Uefa sconfiggendo nella doppia finale gli ungheresi del Ferencvaros e l’anno dopo, finalmente, vinsero il campionato inglese. A due giornate dal termine ottennero la matematica certezza del titolo pareggiando 0-0 ad Anfield Road contro il Liverpool: «AIla fine della partita iniziammo a festeggiare» raccontò il capitano Billy Bremner, «Revie venne da me nello spogliatoio e mi ordinò di riportare sul campo la squadra e di condurla davanti ai tifosi del Liverpool assiepati nella Kop. Pensai che era diventato matto, ma lo accontentammo arrivando fino davanti ai tifosi dei Reds, che un po ‘ alla volta cominciarono ad applaudirci, sempre più convinti. Fu un momento meraviglioso, gli applausi durarono oltre 10 minuti».

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Tutti a rapporto da Don Revie. Ecco schierato il Leeds 1968/69, vincitore del suo primo titolo

Fu un’annata storica per il club di Elland Road, che vinceva così il suo primo titolo nazionale. Il Leeds era cinico e il suo gioco difensivista gli consentiva spesso di avere ragione degli avversari con il minimo scarto. Il gruppo formato da Revie era fortissimo, una vera squadra dove l’“io” non esisteva, c’era solo il “noi”. Non bisogna però pensare che la formazione di Revie giocasse solo a difesa del risultato. Era una squadra con uomini di grande qualità, che sapeva imporre il proprio gioco ed essere spesso anche spettacolare. Bremner, il regista, fu il grande artefice dei successi del Leeds. Guidava la squadra con personalità, ne era il leader e spesso finalizzava l’azione in prima persona.

Prima di poter festeggiare un nuovo titolo nazionale, il Leeds dovette fronteggiare l’amarezza e la delusione di ben tre secondi posti consecutivi, anche se in due occasioni (nel 1971 e nel 1972) a questi accoppiò un trionfo in Coppa Uefa e il primo in F.A. Cup, battendo in finale ancora una volta l’Arsenal.

Il secondo titolo del Leeds, nel 1973-74, segnò probabilmente il momento più alto della carriera di Revie. Il Leeds rimase imbattuto nelle prime 29 partite e vinse il campionato con cinque punti di vantaggio sul Liverpool. Fu anche l’ultimo trionfo di Revie con il Leeds. Quell’estate infatti assunse la carica di Ct della Nazionale, che mantenne per 3 anni fallendo tutti gli obiettivi dell’Inghilterra. La telenovela delle sue dimissioni e dell’accordo segreto con gli Emirati Arabi gli fece perdere molto del credito che aveva accumulato negli anni precedenti. Tutti dimenticarono i successi conseguiti con il Leeds tacciandolo di avidità e disonestà. Nel 1986 Revie cadde vittima della sclerosi multipla, che lo paralizzò costringendolo su una sedia a rotelle fino al maggio del 1989, quando il grande manager morì.

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