ROBERTO DINAMITE

Nessuno in maglia cruzmaltina ha segnato più di questo centravanti prolifico e spettacolare, entrato nella storia del calcio brasiliano per la rivalità con Zico

Carlos Roberto de Oliveira, meglio noto come Roberto Dinamite, è una leggenda del calcio in Brasile, ma all’estero la sua fama è decisamente inferiore. Ciò è dovuto al fatto che la sua unica esperienza in Europa (al Barcellona) è andata malissimo, ma non solo. Forse gli è mancata una grande vittoria a livello internazionale, forse non aveva l’immagine giusta, come si dice oggi. Fatto sta che nel suo caso non si è creata quell’inspiegabile alchimia di talento e atteggiamento che permette a un calciatore di entrare nell’immaginario collettivo.

Eppure la classe non gli mancava. I numeri parlano chiaro: 507 gol in incontri ufficiali, di cui 487 con il Vasco da Gama, club nel quale ha militato per la quasi totalità della carriera. Un numero di reti che, secondo una delle più accreditate classifiche, lo pone al trentunesimo posto tra i migliori marcatori di sempre. Si tratta comunque, com’è noto, di classifiche controverse, e poi oltre alla quantità conta anche molto (probabilmente di più) la qualità; in ogni caso, Roberto Dinamite ha segnato valanghe di gol e per i tifosi del Vasco rappresenta a tutt’oggi un idolo assoluto, il più forte calciatore ad aver indossato la maglia cruzmaltina.

Carlos Roberto de Oliveira, detto anche Calu, nasce il 13 aprile 1954 a Duque de Caxias, città affacciata sulla baia di Guanabara e intitolata al duca Luís Alves de Lima e Silva, generale del XIX secolo distintosi in varie guerre e tre volte primo ministro dell’Impero brasiliano. Il futuro Dinamite ha un’infanzia difficile, segnata da un tumore alla coscia. Grazie a due interventi chirurgici e dopo tre mesi passati a letto, il piccolo Calu riesce a superare la terribile prova e può cominciare a tirare i primi calci al pallone.

Lo fa nell’Esporte Clube São Bento, dove si fa subito notare dagli osservatori che girano il paese a caccia di nuovi talenti. Ha appena dodici anni, ma alcune tra le più prestigiose squadre del paese (tra cui il Flamengo e la Fluminense) lo vogliono nel loro settore giovanile. A spuntarla, però, è il Vasco da Gama.

Negli anni dell’adolescenza segna con una tale costanza da attirare l’attenzione di due giornalisti del Jornal dos Sports, che vanno a vederlo giocare e poi scrivono un articolo su di lui. Nel pezzo lo definiscono “ragazzo dinamite”, ovviamente per quella che rimarrà sempre la sua caratteristica principale: la potenza del tiro. Quel soprannome “bombarolo” non lo abbandonerà più.

La classe e la prestanza fisica di Roberto non passano di certo inosservate ai vertici del club di Rio, che ben presto decidono di aggregarlo alla prima squadra. L’esordio da professionista avviene nel 1971 a Bahia. Altre due partite e Calu segna la sua prima, strabiliante rete: dribbla quattro avversari e poi accende la miccia sotto forma di un destro dalla distanza. Il portiere Gainete dell’Internacional di Porto Alegre può solo restare a guardare, impotente vittima dell’ordigno. Anche se siamo appena agli inizi, tra Roberto e la torcida del Vasco è amore a prima vista. Anche la grande stampa si accorge subito del giovane: il mattino dopo i titoli di tutti i maggiori quotidiani sportivi del paese riportano la prodezza.

Gli anni Settanta sono ricchi di soddisfazioni individuali per Roberto, che rivaleggia in talento con il quasi coetaneo Zico, pure lui sordo ai richiami dall’estero, almeno per il momento. Anche a livello di squadra arrivano alcuni importanti successi, tra cui il Brasileirão (il massimo campionato brasiliano) nel 1974 e il Campionato Carioca nel 1977. Roberto però comincia a sentire la pressione e finisce in terapia intensiva dopo aver assunto una massiccia dose di tranquillanti; inizialmente si parla di tentato suicidio, ma il calciatore smentisce, affermando di aver solo esagerato con i farmaci per placare l’ansia.

Con la maglia del Barcellona

Tuttavia, con il nuovo decennio, per la carriera di Dinamite avviene la svolta: il Barcellona è pronto a sborsare circa 800.000 dollari per aggiudicarselo. Il club blaugrana, infatti, si trova nell’era post-Cruijff (partito due anni prima) ed è alla ricerca di un talento capace di trascinare la squadra alla conquista della Liga, titolo che manca ormai da cinque anni. La scelta ricade dunque sul gioiello del Vasco. La separazione tra i cruzmaltinos e il giocatore è difficile, ma l’offerta è troppo ghiotta per essere rifiutata. Nel gennaio del 1980, dunque, Roberto vola in Europa, destinazione Catalogna.

Le premesse per un nuovo idillio ci sono tutte: il Barça pensa in grande e Dinamite sembra l’uomo giusto: ha classe, potenza, esperienza, fisico (186 cm per 82 kg) ed è ancora giovane. Qualcosa, però, andrà storto. Anzi, si tratterà di un vero e proprio disastro.

Ma andiamo con ordine. L’esordio non potrebbe essere migliore: il 20 gennaio, diciassettesima giornata di campionato, Roberto segna una doppietta che regala al Barcellona la vittoria contro l’Almería. Quindici giorni dopo sigla su rigore l’uno a zero in finale di ritorno di Supercoppa UEFA contro il Nottingham Forest, che però trova il pareggio e si aggiudica il trofeo grazie alla vittoria dell’andata.

Poi Dinamite si blocca, i gol non arrivano più. Quando Herrera (sì, proprio lui, il Mago della Grande Inter) il 9 marzo lo sostituisce nel corso della gara di Liga contro lo Sporting Gijon, l’avventura di Carlos Roberto de Oliveira al Barcellona è già finita. Tempo un mese e torna in Brasile, riacquistato dal suo Vasco per la ben più modesta cifra di 27.000 pesetas. Se consideriamo i dollari spesi dal Barça e l’effettivo rendimento in campo, ci troviamo di fronte a uno dei fiaschi più clamorosi, ma anche misteriosi, della storia del calcio.

In tutti questi anni, infatti, nessuno è riuscito a spiegare come mai uno dei migliori talenti brasiliani della sua epoca, una volta arrivato in Europa, sia riuscito a mettere insieme solo una decina di presenze e tre gol, per poi fare frettolosamente rientro in patria. C’è chi ha ipotizzato che la causa sia stata il clima di Barcellona, più rigido di quello di Rio (ma certamente non glaciale). Qualcuno ha tirato in ballo la saudade, quel sentimento di acuta nostalgia per il proprio paese che un tempo colpiva i fuoriclasse provenienti dal Brasile (oggi molto meno, anzi, i vari Neymar, Firmino, Richarlison e Vinicius non sembrano proprio soffrirne). C’è anche chi ha parlato di un rapporto pessimo con Helenio Herrera e con i compagni di squadra, nonché di un feeling mai veramente sbocciato con la curva blaugrana.

Qualcuno infine ha sostenuto che sono state le enormi aspettative a svuotare Roberto della sua carica esplosiva. Probabilmente nessuno di questi e di altri possibili motivi è stato alla base, da solo, del fallimento, ma lo hanno causato tutti insieme.

Prima di parlare della seconda parte della carriera di Calu, apriamo una piccola parentesi per raccontare la sua esperienza con la nazionale verdeoro, anch’essa poco fortunata. Segna 20 reti in 38 incontri ufficiai (27 in 49 match se contiamo anche le amichevoli) e partecipa a due Coppe del Mondo, quella del 1978 e quella del 1982.

Roberto Dinamite nel match contro il Perù, Mondiali 1978

Nella prima si mette in luce segnando tre reti, ma la Seleção va fuori a causa della “marmelada peruana”, ossia della spudorata combine organizzata per permettere ai padroni di casa dell’Argentina di passare il turno.

Nella seconda partecipazione ai Mondiali non trova un posto da titolare, dato che mister Santana, inspiegabilmente, gli preferisce il macchinoso Serginho. Peccato, perché il nostro di sicuro non avrebbe sfigurato in mezzo ai vari Zico, Socrates, Falcão ed Éder. Ancora una volta la Spagna non porta bene a Calu. Meglio per la nazionale italiana, che non ha dovuto avere a che fare con lui nella sfida del 5 luglio 1982, ma siamo certi che in quella epica estate gli azzurri avrebbero sconfitto qualsiasi avversario.

Tornato nel suo Vasco da Gama, Dinamite ci mette qualche mese a riprendersi dalla traumatica esperienza in Europa, poi ricomincia a segnare con regolarità quasi matematica. Solo nel 1981 la butta dentro sessantuno volte. Giocherà nel club carioca fino alla fine della carriera, nel 1993, eccezion fatta per due fughe nella Portuguesa e nel Campo Grande, brevi e poco proficue. Senza la maglia cruzmaltina addosso, Roberto non riesce a far esplodere le sue bombe.

In questa seconda parte di carriera le vittorie sono più numerose rispetto agli inizi. Arrivano infatti cinque Campionati Carioca, quattro Trofei Guanabara e quattro Trofei di Rio.

Sono molti i fatti interessanti o curiosi che potremmo raccontare in merito a questo lungo “secondo tempo” della carriera di Dinamite. Elenchiamone alcuni.
Il 10 novembre 1982, al 29’ della gara contro il Volta Redonda, Calu segna la sua rete numero 500, ovviamente contando anche le gare non ufficiali. Un gol bellissimo, su punizione dal limite dell’aria di rigore, con il pallone che va a insaccarsi all’incrocio. I tifosi, che da giorni stavano preparando l’evento, durante l’intervallo invadono il campo e consegnano al loro idolo una gigantesca torta decorata con il numero 500. I festeggiamenti, veri e propri bagordi secondo le cronache dell’epoca, dureranno addirittura per una settimana. Roberto ringrazia una persona in particolare per la sua prolifica carriera, il presidente Eurico Miranda, il quale contraccambia omaggiandolo di una targa con su scritto “Roberto Dinamite a explosão do gol”, l’esplosione del gol. Per uno di quegli strani casi della vita, nel 2008 il nostro sconfiggerà proprio Miranda nella corsa per la presidenza del club.

Dal 1985 al 1988 Calu fa coppia in attacco con un giovane destinato a un grande futuro: Romario. I due si amalgamano alla perfezione e segnano in media un gol a partita. Poi Romario lascia il Brasile per il PSV Eindhoven: la sua avventura europea sarà molto più fortunata di quella di Roberto, grazie anche agli insegnamenti da lui ricevuti.

Citiamo inoltre lo strepitoso 1992, anno in cui il Vasco da Gama vince le tre maggiori competizioni calcistiche dello stato di Rio de Janeiro (Campionato Carioca, Trofeo Guanabara e Trofeo di Rio). Dinamite ha ormai trentotto anni e non è più titolare, ma dà comunque il suo contributo allo storico triplete carioca.

In definitiva Roberto Dinamite rimane un oggetto misterioso per gli appassionati di calcio europei, esotico e sempre più lontano nel tempo. Ma in Brasile il suo ricordo è ancora vivissimo. Lo testimonia il fatto che tuttora a Rio si possono trovare dei murales con il suo ritratto, tra cui uno in cui figura con l’amico/rivale Zico. L’opera campeggia alla fermata della metropolitana nei pressi del Maracanã. Uno dei tanti omaggi a una carriera che, da quelle parti, è stata davvero “esplosiva”.

Testo di Daniele Cerri