ROBERTO FILIPPI – settembre 1978

L’infaticabile Filippi fa le sue previsioni sul campionato ormai alle porte. Dice che Rossi e il Vicenza si ripeteranno e che il Napoli si piazzerà tra le prime cinque. Per lo scudetto «vede» Milan. Personalmente promette di continuare a correre: questa volta per lanciare in gol Beppe Savoldi

Roberto Filippi: Pony Express

NAPOLI – Il «pony» è spaventato. Napoli lo ha reso ancora più riservato, più prudente, più timido. Il cercar casa lo ha traumatizzato. Scrolla la crinieretta che lo caratterizza ormai da anni e gli cala giù fino ai due fili di collanine che gli circondano il collo e mostra più che sorpresa quasi paura. Una signora gli ha chiesto, proprio due ore prima, 700.000 lire al mese per un alloggio ammobiliato in via Petrarca, la strada dove abitano la maggior parte dei calciatori napoletani.
«Ma chi crede che sia?», ha ribattuto il piccolo Filippi. E la signora: «Oddio, un calciatore del Napoli». «Io – ha chiarito Filippi – però non sono Savoldi. Vede, Savoldi sta lì (e ha sollevato la mano oltre il suo capo) e io sono soltanto qui (e la mano l’ha abbassata al livello della cintura del pantalone). Settecentomila lire non le posso assolutamente pagare. Non sono venuto a Napoli per lavorare per lei».
«Oltre 450.000 lire – mi spiega Filippi – io non le pago. E, quando torno a Padova, non posso nemmeno dire agli amici che ho dovuto sborsare tanto per una abitazione. Mi riderebbero dietro».

Poi va in campo e corre, corre alla maniera di sempre, in un modo che potrebbe sembrare anche un tantino disperato. Si porta in campo con la sua minuscola statura e mette in azione le levette delle sue gambe di brevilineo. Inizia a correre al 1′ e finisce al 90′. Osservandolo bene quando è in borghese, e sentendogli raccontare le sue storie, mi convinco che la supposizione che hanno fatto su di lui è esatta: la corsa è dettata da una sorta di disperazione. Un piccoletto, infatti, non ha molte altre chances per farsi valere, per emergere almeno nello sport.

E’ un errore, però, ritenere che Filippi non sappia, oltre che correre, giocare. Osservatelo con attenzione: usa i due piedi con disinvoltura e, pur correndo a quella forsennata maniera, sbaglia un passaggio su dieci. Eppoi vede il gioco ed è capace di notevolissime intuizioni. A Napoli ha fatto subito centro. Napoli è una città che capisce certi giocatori anche se Filippi corre e poi va a nascondersi. Non si concede alla platea, non frequenta i clubs. Il Napoli ha voluto che soggiornasse al «Vesuvio»; fosse stato per lui avrebbe scelto un ben altro e meno pretenzioso Hotel.

«Quanti quattrini che sto pagando!», mi confessa. Un paio di scarpe con un tacco altissimo, una camicia da giovinetto americano, un paio di jeans. Lo sento parlare e sembra che stia continuando a correre, a suo modo. Accetterà per un po’, poi si ferma, fa un dietro-front e incomincia a parlare di un’altra cosa. Uno scatto, una piroetta, una impennata e giù con altre cosucce.
«Non mi faccia trovare nei pasticci», mi dice quando gli spiego che deve dirmi qualcosa sul suo «vecchio» Vicenza, sul Napoli, sul campionato. «Sa, mi possono sfuggire delle cose e non vorrei che fossero fraintese. Voglio vivere tranquillo». Pensiamo che questo omino tende a restare tranquillo per una sola ragione: perché ha dovuto lottare e soffrire molto prima di realizzarsi. Per prima cosa ci dice che non è vero che il Vicenza non funziona perché è andato via lui. «Briaschi e Marangon sono bravi: devono solo farli lavorare tranquillamente» – dichiara con convinzione.

– Però adesso il Vicenza sta stentando…
«Gli inizi di stagione sono sempre così: anche l’anno scorso facemmo due punti in quattro partite».

– Ma non può darsi che il segreto, la magia del Vicenza 77-78, era in parte condensato nella sua corsa, nel suo attivismo…
«Ma no: c’erano anche altri a sgobbare. Per esempio Guidetti: ma tutti, tutti facevano la loro parte, con Rossi sopra tutti, di parecchie spanne. La verità è che eravamo una famiglia, in cui nessuno era in disaccordo. Il mister era bravissimo, tutto qui».

– Quindi lei è convinto che Rossi si ripeterà agli stessi livelli dell’anno scorso.
«Ma certo: ho visto Paolino un paio di volte questa estate e l’ho trovato soltanto un tantino affaticato dai troppi impegni. Ma si riprenderà. Non ho dubbi».

– E il Vicenza arriverà nuovamente secondo?
«Questo non lo so. Ma in zona Uefa ci sarà senz’altro».

– Me lo vuol dire, adesso, chi è che ha fatto così grande Rossi?
«Lui per primo, eppoi noi tutti».

– Ma chi lo faceva segnare a mitraglia? Lei?
«Per carità! Gli ho dato solo un paio di palloni buoni…».

– E gli altri, chi glieli forniva?
«Cerilli e Salvi, in particolare modo».

– Crediamo di capire: lei correva anche per loro e così Cerilli e Salvi potevano tranquillamente dedicarsi al rifornimento del «cannone»…
«No, anche loro correvano…».

– Questo lo vedremo meglio nel campionato che andrà a cominciare.
«Certo».

– Ma non può darsi che tutto sia cambiato a Vicenza? L’anno scorso partivate da più 2750 milioni; quest’anno, invece, da meno 2750. Non crede che Farina abbia commesso una follia?
«Perché? 2750 milioni ce li ha sempre, o no?».

– Vicenza in Coppa Uefa e scudetto a chi?
«Io dico Milan, non Juve; mi sembra che Liedholm stia facendo un ottimo lavoro».

– E il Napoli? Si è già ambientato?
«Fino ad oggi ottimamente. Credevo di trovare un ambiente un po’, come dire? con la puzza sotto al naso ed invece sono tutti bravi ragazzi».

– State stentando…
«Non fa testo qualche partita storta. Siamo ancora troppo vicini alla preparazione di base, che io ho trovato giustissima. Vedrà che adesso, poco alla volta, andrà meglio».

– Trova molto diverso Savoldi da Rossi?
«Certo, diversità ne esistono. Rossi va cercato rasoterra, Beppe in acrobazia. Rossi preferisce il movimento, Savoldi è centravanti da area di rigore».

– E, secondo lei, dove potrà finire questo Napoli?
«Nei primi cinque posti».

INUTILE CHIEDERGLI se la convivenza con Caso è possibile; inutile proporgli il problema del centrocampo; inutile parlargli delle difficoltà di Pin, della posizione di Vinazzani e della necessità di sostituirlo con Majo. Filippi non risponderebbe.
– Di Marzio?
«Filiamo in perfetto accordo e non lo dico per convenienza».

A Napoli Filippi ha intenzione di preparare anche il suo futuro. «Nel calcio – dice – non credo che resterò. E mi piace già pensare a quando smetterò. Ecco perché forse frequenterò anche una scuola serale. Un diploma vorrei proprio prenderlo…».

– A che lavoro aspira?
«A qualcosa che sia utile non solo a me».

Poi respira profondo, come se avesse concluso una delle sue abituali corse e dice:
«Qui l’aria è diversa; sì, c’è qualche giornata fredda, ma poi viene il sole e tutto si riscalda. Nel freddo si corre meglio…».

E forse un’antica disperazione torna ad affiorare, sottilmente.
«Uno come me, che non è Rivera, quanti anni ancora può durare? Due, tre…».
Poi dà una scrollata alla sua crinieretta, si ricompone e va a nanna…