Rocco Pagano: la solitudine dell’ala destra

Tra le tanti e solitarie ali destre del passato, una rischiava di restare la più sola e dimenticata di tutte. Questa è la storia di Rocco Pagano, l’uomo che fece girare la testa nientemeno che a Paolo Maldini…


Gennaio 2005. Mezzanotte e dintorni di domenica, salotto di «Controcampo», domanda del moviolista alla guest star Maldini, pluridecorato campione del Milan, per anni capitano della nazionale azzurra, bandiera del calcio italiano e, insomma, chi più ne ha ne metta.. Paolo, dicci, chi è stato l’ avversario più difficile da affrontare nei tuoi vent’ anni di Milan? Silenzio in sala mentre il capitano medita. Piccinini passeggia gongolante, già immaginando i dati Auditel. Mughini si ammira riflesso nel monitor. La Canalis ripassa mentalmente le battute della prossima fiction tv.

Poi il monumento Paolo Maldini sussulta, prende fiato e risponde. Maradona? No. Rummenigge? Macché. Ronaldo? Manco per sbaglio. «C’è uno che, a parte i grandissimi, mi ha sempre creato problemi» dice. E sillaba: «Pa-ga-no». Brusio. Sgomento. Perplessità. Chi?! Al signor Nessuno, Pagano Rocco da Sannicandro Garganico (Foggia), 41 anni, quattro serie (dalla C2 alla A) e sette squadre attraversate in sedici anni di carriera, una tranquilla pensione trotterellante in Eccellenza con la maglia dell’ Ortona

Ma chi è Rocco Pagano? Chi è questo sconosciuto fenomeno dimenticato negli annali del calcio?
«Mi sono reso conto la mattina quando ho acceso il cellulare che in due minuti mi sono arrivati una trentina di messaggi. Ho pensato: vuoi vedere che ieri sera ha parlato magari di me?»
Oggi Rocco Pagano è un uomo dall’aria simpatica che fa il rappresentante di vini a Pescara. Ma un tempo aveva tutti i numeri per diventare il miglior numero 7 del campionato.

Inizia giovanissimo facendo praticantato nella Primavera della Juve agli inizi degli anni ’80: «Esordire in prima squadra, a quei tempi, era impossibile. L’unico che ci riuscì fu Galderisi. In quella Juve giocavano Bettega, Tardelli, Scirea, i mostri sacri. O eri un fenomeno o ti conveniva cambiare aria. E io non ero un fenomeno…».

Dopo una breve parentesi nell’Alessandria, arriva a Tortona dove trova pronto a crescerlo sotto, è il caso di dirlo, la sua ala l’indimenticabile Angelo Domenghini.
Domenghini per me è stata la persona che mi ha dato un ruolo nuovo e mi ha fatto fare quello che ho fatto nel mondo del calcio. Perché io giocavo a centrocampo, sono stato un anno con lui nel Derthona e dal primo momento mi ha subito detto: tu mi devi giocare larghissimo, sulla linea
E da quel momento Rocco non si stanca piu di correre lungo quella linea come un fulmine. Nel 1985 arriva a Pescara dove trova Giovanni Galeone, il profeta della sua definitiva valorizzazione.

Arriva così il giorno del suo esordio in serie A con a maglia del Pescara. La piccola squadra di provincia è stata appena promosso nella massima divisione e tra gli eroi di quell’impresa spicca anche il giovanissimo Pagano. Il 13 settembre del 1987 i ragazzi allenati da Galeone si ritrovano catapultati a San Siro a vedersela con i nerazzurri di Trapattoni. Una trasferta corsara, un clamoroso successo per 2-0 alla prima di campionato con tanto di azione personale incorporata: «Mi marcava Mandorlini, ma fui bravo a procurarmi un rigore».
E quel giorno tra le tante stelle in campo brilla anche quella del giovane Rocco…

Così il suo mentore Giovanni Galeone: «Una volta con la palla al piede aveva una finta che era quasi diabolica. Faceva sempre lo stesso movimento, una specie di torsione con tutto il busto facendo finta di andare verso l’ala, poi riportava dentro il pallone con il destro, si accentrava. Fu così che conquistò il famoso rigore a San Siro che poi Sliskovic trasformò».

Per non parlare di una splendida vittoria in casa contro i bianconeri, Pescara-Juve 2-0, con un gran gol in contropiede, la perla del suo bottino (53 in totale): «Al limite dell’ area mi sono fermato, ho chiuso gli occhi e ho tirato. Quando li ho riaperti, ho visto che avevo piazzato la palla all’incrocio dei pali di Tacconi e non ci ho capito più niente!».

I complimenti per la giovane ala destra cominciano ad arrivare da tutte le parti.Tutti gli occhi ora sono puntati su Rocco Pagano e molti grandi club di serie A iniziano a corteggiarlo.
«E’ vero. Le voci c’erano ma poi al momento di concludere ti rendevi conto che non andava mai in porto niente».

Ma quel suo talento puro di ala destra comincia anche a spaventare. Sono anni in cui il calcio cambia velocemente e le ali destre faticano sempre più a trovare il loro spazio in squadra.
Esemplifica perfettamente Galeone: «Con Arrigo Sacchi eravamo molto amici, avevamo fatto il supercorso di Coverciano assieme. Parlavamo spesso assieme, e un giorno mi chiese di Pagano, chiese se poteva fare il mediano… Arrigo, gli risposi, può fare anche il mediano ma è un’ala destra….!».

Nel 1990/91 passa un’anonima stagione nell’Udinese in serie B. «C’erano Sensini e Balbo, Giuliani in porta, Marronaro, Marchesi e poi Buffoni in panchina: uno squadrone. Io, infatti, da titolare giocavo poco…». Poi il triplo carpiato dalla C1 alla massima serie con il Perugia di Gaucci e Castagner tra il ’92 e il ’97 per poi scendere lentamente nei dilettanti.

Forse non è stato capito o forse gli è mancato un pizzico di fortuna per salire a bordo di una grande squadra. E così Rocco Pagano ha continuato a giocare per anni quasi dimenticato da tutti. Fino al giorno in cui la gratitudine di un illustre terzino sinistro ha spazzato via la sua solitudine di ala destra. Come? Pronunciando il tuo nome in diretta tv. Roc-co Pa-ga-no. Lui, Rocco, genitori operai trasferiti dalla Puglia a Torino quando era appena un bambino, sa apprezzare il valore dei gesti spontanei e disinteressati.

«È incredibile che Maldini si sia ricordato di me. Ci saremmo incontrati 4 o 5 volte, non di più. Io al Pescara, Paolo giovanissimo. Si vedeva già che era fatto di un’altra pasta. Quando dovevo affrontarlo, mi veniva male… Io ero veloce, ma lui di più. E poi non snobbava nessuno, rispettava tutti, da Platini all’ultimo fesso. Era fortissimo e leale: non riuscivi nemmeno a litigarci! Oggi mi pento di non avergli mai chiesto la maglia».