SAROSI György: rapsodia ungherese

E’ stato uno dei giocatori più versatili nella storia del calcio europeo. Con i parametri odierni lo si potrebbe classificare come centrocampista offensivo. Passò l’intera carriera agonistica nelle fila del Ferencvaros.

Nato a Trieste come György Stefanicsics il 5 agosto 1912, Sárosi era figlio di un sarto di Budapest che più tardi si trasferì in Ungheria e cambiò il cognome in Sárosi.
Sia György che suo fratello minore Béla erano grandi appassionati di calcio, cresciuti giocando nei parchi del circondario e per le strade della capitale ungherese. All’età di 15 anni György viene notato da un talent scout del Ferencvaros, squadra dove Béla si sarebbe unito qualche anno più tardi.
All’inizio Sárosi non fu molto convinto dell’idea di fare del calcio una vera e propria professione, vedendo il football più che altro come hobby nell’attesa di diventare avvocato, professione per la quale stava studiando.

La passione per il cuoio e le insistenze dei dirigenti biancoverdi finirono poi per prevalere e così Sárosi venne aggregato stabilmente in prima squadra già nella stagione 1930/31. All’inizio venne impiegato a centrocampo, ma man mano che le sue abilità con il pallone diventavano sempre più evidenti, il suo baricentro venne spostato più in avanti. Nella stagione 1931/32 era già una delle stelle di un Ferencvaros capace di aggiudicarsi il titolo ungherese vincendo tutte e 22 le partite (e una differenza reti stellare di +87). L’anno successivo in campionato prevalse l’Ujpest che nella finale della Magyar Kup perse con l’incredibile punteggio di 11-1 proprio contro il Ferencvaros. Protagonista ancora Sárosi con 3 reti.

Nel frattempo esordì in Nazionale il 21 maggio 1931 a Belgrado contro la Jugoslavia. Il 13 dicembre del 1931, a Torino incrociò anche gli azzurri di Pozzo: fu la famosa vittoria in cui Cesarini segnò il gol della vittoria (3-2) proprio al 90’.
Dovette sorprendentemente aspettare due anni prima di realizzare la sua prima rete, nell’amichevole persa contro la Svezia per 5-2.

Partecipò alla spedizione magiara ai Mondiali italiani del 1934. Assente nel match inaugurale contro l’Egitto, prese parte alla sfida dei quarti contro la fortissima Austria, persa per 2-1. Sotto di 2-0, Sárosi segnò il rigore della possibile rimonta ma ciò non bastò ad evitare l’uscita anticipata dal tabellone del mondiali.

Senza troppa fortuna anche la partecipazione dell’Ungheria alla Coppa Internazionale dell’Europa Centrale, con un terzo posto finale ma con Sárosi capocannoniere assieme allo svizzero Leopold Kielholz con sette reti.

Tra le mura domestiche, Sárosi vinse il suo secondo titolo con il Ferencvaros nel 1934 e una seconda coppa nel 1935 prima di dominare la classifica cannonieri del 1935/36 con ben 36 centri (e un rapporto di oltre 1,5 reti a partita).

Questo fu il suo “score” più alto in una sola stagione, ma furono ben otto le stagioni consecutive in cui segnò almeno 22 reti in campionato e durante la quale vinse la classifica cannonieri altre due volte.

Il 1937 è da ricordare per il trionfo del Ferencvaros in Mitropa Cup, l’antenata della Champions League. Di fronte alla Lazio di Silvio Piola in finale, Sárosi firmò una tripletta sia nel match di andata (4-2 per gli ungheresi) che in quello di ritorno (altra vittoria del 5-4). Si laureò ovviamente cannoniere della manifestazione con 12 reti, due centri in più rispetto al nostro Piola.

Il match che consegnò Sárosi alla storia è datato 17 settembre 1937, Coppa Internazionale dell’Europa Centrale, avversaria la Cecoslovacchia finalista della Coppa del Mondo 1934. I cechi schieravano in porta il grandissimo František Plánička, uno dei migliori portieri dell’epoca, ma Sárosi realizzò ben sette reti nell’8-3 finale che permise all’Ungheria di raggiungere il primo posto del torneo, interrotto poi a causa dell’annessione dell’Austria alla Germania nazista il 12 marzo 1938.

Per la Coppa del Mondo 1938, l’Ungheria poteva giustamente vantare i favori del pronostico. Superati agevolmente gli ottavi di finale contro le Indie Orientali Olandesi, Sárosi apre le marcature al 40’ nel serrato quarto di finale contro la Svizzera, raddoppiato poi da Zsengellér all’89’. In semifinale l’Ungheria andò sotto contro la Svezia già al primo minuto, ma la valanga magiara si abbatte sui nordici: 5-1 finale con quarta rete di Sárosi.

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Finale Mondiali 1938: Meazza e Sarosi

La finale contro gli Azzurri di Pozzo campioni in carica è quantomeno incerta. Colaussi e Titkos si scambiano le reti tra il 6’ e l’8’, poi si scatenano Piola e ancora Colaussi. Primo tempo 3-1 per l’Italia. Nella ripresa Sárosi riapre la partita a 20 minuti dalla fine ma la retroguardia magiara viene ancora colpita da Piola in contropiede, 4-2 e Ungheria vice campione del mondo.

Il 1938 aveva portato anche un terzo titolo in campionato con il Ferencvaros, cui seguì un ulteriore successo sia nel 1940 che nel 1941. Con l’Europa ormai nel fuoco della seconda guerra mondiale, il calcio passò in secondo piano ma Sárosi continuò a portare il suo Ferencvaros a trionfare ancora con tre coppe consecutive tra il 1942 e il 1944.

Si ritirò definitivamente dall’attività agonistica nel 1948, a 36 anni, In 18 stagioni il suo “score” parlava di 351 reti in 383 partite di campionato. Fenomenale.

Non dimentichiamo poi che durante tutti questi anni Sárosi continuò a studiare legge, finendo anche il dottorato, ma al momento dell’abbandono del calcio giocato preferì emigrare in Italia in segno di protesta contro la politica filo-sovietica dell’Ungheria.

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Il suo primo club allenato nella nostra penisola fu il Bari, che ingaggiò anche il fratello Béla, nella stagione 1949/50. Dopo un intermezzo alla Lucchese nel 1950/51, Sárosi continuò il suo “avanzamento a nord” sbarcando a Torino, sponda Juventus, dove conseguì i suoi più grandi successi come allenatore. Era la Juventus di Viola e Bertuccelli, Manente e Mari, Parola e Piccinini, Muccinelli e i due Hansen, Boniperti e Praest. Un attacco stellare (98 reti) e una difesa ermetica consegnarono agli uomini di Sárosi il titolo, con sette punti di vantaggio sul Milan. La stagione successiva arrivò qualche stop di troppo, e il titolo sfumò e favore dell’Inter, due punti davanti ai bianconeri.

Il giro d’Italia continuò con destinazione Genova dove si guadagnò un’ottima reputazione nella ricerca e nel lancio di giovani leve. In seguito allenò, senza grandi risultati, anche Roma, Bologna e Brescia prima di terminare la sua carriera di “Mister” con il Lugano.
Trascorse serenamente la sua vecchiaia a Genova, dove morì ottantenne il 20 giugno 1993, cinque giorni dopo il fratello Béla, deceduto a Saragozza.

A lungo dimenticato in Ungheria sotto il regime comunista, essendo emigrato nel 1948 per ragioni politiche, la sua figura è stata riscoperta ed oggi è ricordato come uno dei più grandi calciatori del suo Paese.