La generazione del gol di Gemmil

La Scozia di MacLeod sbarca in Argentina con la convinzione di fare la storia. In realtà le cose non andarono esattamente come i tifosi scozzesi si auguravano, ma la rete di Gemmill contro l’Olanda fece entrare quella squadra nella storia del calcio.


Il calcio può essere epica, poesia, commedia, tragedia oppure farsa. Generi diversi che in alcuni rari casi riescono a mescolarsi così profondamente da formare un tutt’uno difficile da scindere, e ancora meno da dimenticare. L’avventura della nazionale di calcio scozzese ai Mondiali del ‘78 rappresenta uno degli esempi più eclatanti di questa idea. Tutto iniziò da una frase pronunciata all’Hampden Park di Glasgow il 25 maggio del 1978: “Mi chiamo Ally MacLeod, e sono un vincente”. Poi, tanto per aggiungere la classica ciliegina su una torta che tutti non vedevano l’ora di gustare, ecco una Promessa di quelle con la P maiuscola. “La Scozia vincerà la Coppa del mondo”. E il tripudio fu totale.

Quella sera si celebrava la partenza della Tartan Army verso l’Argentina, e nulla era stato lasciato al caso; almeno 20mila erano le persone accorse per applaudire i giocatori in parata a bordo di un bus a due piani dal tetto scoperto, pronti a salire a bordo del DC10 che li avrebbe condotti verso la Grande Impresa. Orgoglio era la parola chiave; orgoglio di rappresentare non solo la propria nazione ma anche l’intero Regno Unito, dal momento che Galles, Irlanda del Nord e Inghilterra si erano perse per strada lungo le qualificazioni. Gli inglesi avevano dovuto arrendersi alla differenza reti lasciando primo posto del girone, e il conseguente biglietto per l’Argentina, all’Italia, mentre gli irlandesi non avevano avuto scampo contro l’Olanda di Cruijff.

A lasciare a casa il Galles ci avevano invece pensato direttamente gli uomini di MacLeod in un tiratissimo incontro disputato ad Anfield il 17 ottobre 1977. La Federcalcio gallese aveva scelto Liverpool a scapito di Wrexham per fini puramente economici (Anfield poteva contenere 51mila spettatori, l’impianto della capitale gallese solo poco più di 15mila), azzerando così il fattore campo per quello che era una sorta di spareggio per il definitivo primato del girone (che come terza e ultima squadra comprendeva i campioni d’Europa in carica della Cecoslovacchia). Gli scozzesi ringraziarono e passarono all’incasso, anche se con più difficoltà del previsto, dal momento che ci volle un rigore molto dubbio (mani in area di Joey Jones, ostacolato però irregolarmente da Joe “Squalo” Jordan) fischiato a undici minuti dalla fine per spezzare l’equilibrio. Don Masson, centrocampista del Derby County, centrò il bersaglio, imitato una manciata di minuti dopo da Kenny Daglish con un bel colpo di testa in tuffo. Il sogno poteva avere inizio.

La parata dell’Hampden Park (con tanto di canzone scritta appositamente da un Rod Stewart per nulla timoroso di sprofondare nel ridicolo cantando versi quali “Ole ola, ole ola / we’re gonna bring that World Cup back from over tha”) fu fonte di lazzi e scherni da parte della stampa inglese, che accusò i colleghi di essere semplici tifosi dotati di macchina da scrivere. Critiche senza dubbio dettate dalla gelosia di gente con la bile grossa come un melone in quanto costretti a guardarsi la competizione dal divano di casa propria; critiche che però nascondevano un fondo di verità ben evidenziato da quel tifoso che, in mezzo al tripudio di Croci di Sant’Andrea, si chiese se non fosse meglio imbastire celebrazioni dopo aver vinto il trofeo, e non prima. Il gruppo in cui era stata sorteggiata incitava però all’ottimismo; c’era l’Olanda del Calcio Totale ormai sul viale del tramonto, per di più senza Cruijff e Van Hanegem, c’era un Perù “accozzaglia di veterani e vecchie glorie” (così disse un membro dello staff tecnico di Ally Macleod), e infine c’era un Iran già inopinatamente ribattezzato squadra materasso. Alla fase successiva si sarebbero qualificate le prime due, ragion per cui l’agenzia di scommesse Ladbrokes azzardò una quota 8-1 per la Scozia campione del mondo.

La parata della Scozia all’Hampden Park di Glasgow prima della partenza per l’Argentina

Il Sierras Hotel, piccolo complesso nella cittadina di Alta Gracia, fu l’alloggio scelto per gli scozzesi. Non era certo un Movenpick a cinque stelle, quanto piuttosto un tugurio con le camere da letto più simili a dormitori per homeless e una piscina in cui sguazzavano beatamente decine di blatte, il tutto condito dall’onnipresente presenza, al di fuori del perimetro dell’hotel, dei militari della giunta di Videla, grilletto facile e simpatia direttamente proporzionale al tasso di democrazia che regnava nel paese, e da una scossa tellurica che aveva interessato le colline circostanti, “la più forte registrata negli ultimi cinquant’anni”, almeno così scrisse la stampa locale. Circostanze malauguranti a parte, MacLeod era già proiettato alla partita d’esordio contro il Perù, ma si rifiutò di andare a visionare un loro allenamento dal vivo in quanto, a suo dire, li conosceva già bene grazie a una mezza dozzina di videocassette recentemente visionate. E poi cosa c’era da temere da una squadra che molti giornali europei definivano alla stregua di un’armata Brancaleone un po’ in avanti con gli anni?

La risposta arrivò sabato 3 giugno 1978 allo stadio Chateau Carreras di Cordoba davanti a 37792 spettatori. La Scozia doveva rinunciare a buona parte della difesa titolare, con i due terzini Willie Donachie e Danny McGrain più il centrale Gordon McQueen fuori causa per infortunio. La scelta di MacLeod per sostituirli cadde rispettivamente su Stuart Kennedy, Martin Buchan e Kenny Burns, con i primi due posizionati in un ruolo di fascia che non era il loro. In più lasciò in panchina il talento di Graeme Souness a favore dei polmoni dell’ormai stagionato Masson, l’eroe di Liverpool, escludendo anche il bomber dei Rangers Glasgow Derek Johnstone, che aveva appena chiuso la stagione con un bottino di 41 reti, per lasciar posto a Jordan.

Una mossa, quest’ultima, che lasciò perplessi parecchi osservatori ma che, almeno inizialmente, diede i suoi frutti quando al minuto 14 proprio lo Squalo raccolse una respinta difettosa del portiere peruviano Ramon Quiroga su tiro di Bruce Rioch e portò in vantaggio la Tartan Army.
Ma il Perù non era quella banda di sprovveduti che molti credevano; A centrocampo dettava legge Teofilo Cubillas, uno dei reduci di Mexico 1970 ma tutt’altro che un talento in pensione (del resto aveva 29 anni), mentre sulle fasce Kennedy e Buchan arrancavano dietro i tacchetti di Oblitas e Munante, ali piccole e leggere tutte dribbling e scatti. Prima dell’intervallo Cueto aveva pareggiato la rete di Joe Jordan, ma ciò che preoccupava di più i tifosi scozzesi sugli spalti era l’incapacità dei propri beniamini di prendere le misure agli scatenati peruviani.

Perù-Scozia 3-1: Cubillas su punizione sorprende Rough

Un bandolo delle matassa che MacLeod non aveva la minima idea di come sbrogliare, e infatti una volta rientrato negli spogliatoi le uniche parole che disse ai suoi esterrefatti giocatori fu di “calciare la palla più lontano e più forte possibile”. Al rientro in campo la Tartan Army tentò con una reazione d’orgoglio di invertire l’inerzia della partita, ma quel giorno la dea bendata aveva deciso di non accettare la corte degli uomini di MacLeod, per cui il colpo di testa di Jordan finì sul palo e Masson si vide respingere un calcio di rigore da “El Loco” Quiroga. Poi iniziò il Cubillas show e per gli scozzesi fu notte fonda; doppietta del mago peruviano per il 3-1 finale e giocatori in maglia blu fuori dal campo a testa bassa, morale sotto i tacchi e il ricordo dei festeggiamenti dell’Hampden Park evaporato come se fosse lontano intere decadi piuttosto che poche settimane.

L’indomani MacLeod ordinò alle proprie truppe di serrare le fila e di pensare esclusivamente alla prossima partita, avversario l’Iran. Pura illusione; subito dopo il fischio finale l’ala del West Bromwich Albion Willie Johnstone, uno dei pochi elementi positivi nella disfatta peruviana, venne sottoposto a un controllo antidoping a sorpresa risultando positivo a uno stimolante. Il giocatore ammise di aver preso il Reactivian, farmaco permesso dalla Federcalcio inglese ma vietato dalla Fifa. Scoppiò un polverone, che andò a sommarsi alle già copiose critiche provenienti da una stampa inglese che se la rideva sotto i baffi e a non meglio precisate accuse di sbronze e sesso a go-go nelle notti antecedenti la partita. Johnstone, ingenuo più che imbroglione, venne dato in pasto all’opinione pubblica dal segretario della Federcalcio scozzese Ernie Walker, che lo rispedì a casa su due piedi.

Poi fu di nuovo calcio, e nuovamente di pessima fattura. Anche contro l’Iran infatti gli scozzesi palesarono gravi carenze tattico-organizzative, trovando la rete del vantaggio solo grazie a una comica autorete del difensore Eskandarian. Nel secondo tempo arrivò però la rete del pareggio degli asiatici, triste anticipazione del coro di fischi e urla (“ridateci i nostri soldi” il refrain più gettonato) che piombarono dalle gradinate occupate dai tifosi della Tartan Army. Si era decisamente lontani dal concetto di cavalcata verso la coppa espresso alla vigilia. Il giorno seguente alla conferenza stampa ad Alta Gracia l’atmosfera era plumbea, anche se Macleod tentò di rasserenarla avvicinandosi a un cane e cominciando ad accarezzarlo. “Almeno è rimasto questo cane a volermi bene”, disse. La bestia si girò di scatto e gli morse il dito.

Scozia-Iran 1-1: tackle di Gemmill su Nazari

Il terzo e ultimo atto del girone eliminatorio prevedeva l’Olanda, che aveva vinto contro l’Iran e pareg- giato con il Perù portandosi in testa al gruppo. Per qualificarsi alla fase successiva gli scozzesi dovevano battere i tulipani con almeno tre reti di scarto. Il teatro non era più il Chateau Carreras di Cordoba bensì il San Martin di Mendoza, città ai piedi delle Ande. MacLeod, ai minimi storici in termini di popolarità, scese un ulteriore scalino verso il fondo accettando un’offerta di 25mila sterline da parte dello Scottish Daily Express (giornale che al termine del pareggio con l’Iran, tanto per dare le giuste proporzioni al disastro, era uscito con il titolo “The end of the world”) per un’intervista esclusiva, quando fino al giorno prima la linea adottata era quella di parlare con tutti i giornalisti senza favoritismi di sorta. Il tecnico decise però di cambiare le proprie abitudini anche riguardo l’undici titolare, schierando in campo Graeme Souness fin dal primo minuto.

Con un stadio per due terzi dalla propria parte (i neutrali erano tutti per gli scozzesi) Souness e compagni cominciarono ad attaccare a testa bassa; se fallimento doveva essere almeno sarebbe arrivato senza perdere la dignità. Ma la prima rete a gonfiarsi fu proprio quella difesa da Alan Rough, battuto al minuto 34 da un calcio di rigore di Rob Rensenbrink per quello che era il gol numero 1000 nella storia della Coppa del Mondo. Sotto il cumulo di cenere dove si trovavano sepolti i sogni di gloria della Scozia ardevano però ancora diversi tizzoni, i cui nomi rispondevano a quelli di Greame Souness, Kenny Dalglish (fino a quel momento deludente) e Archie Gemmill. L’1-1 partì proprio dai piedi del primo, il cui cross venne girato di testa da Jordan verso Dalglish, che con una terrificante botta al volo ristabilì la parità. A inizio ripresa Willy van de Kerkhof stese l’incontenibile Souness in area, e Gemmill trasformò il penalty del vantaggio. Gli olandesi, perso per infortunio il proprio motore di centrocampo Johan Neeskens, tentennavano e arretravano di fronte alla ritrovata carica scozzese, con un MacLeod risorto a vita nuova in panchina che si sbracciava incitando costantemente i suoi uomini.

Al minuto 68, con la Scozia di nuovo in attacco, tre difensori olandesi accerchiarono Dalglish sottraendogli la palla, che però finì sui piedi di Gemmill al limite dell’area. Fu l’inizio dell’Archie show; un primo dribbling su Wim Jansen, un secondo su Ruud Krol e un terzo su Jan Poortvliet prima di scagliare un rasoterra all’angolino imprendibile per il numero uno degli oranje Jan Jongbloed. Un gol fantastico, eletto poco tempo dopo il più bello di tutto il Mondiale, sicuramente uno dei migliori nella storia della Tartan Army. La Scozia cominciò a intravedere la luce alla fina del tunnel, dopotutto alla grande impresa mancava solo una rete. Che arrivò 4 minuti più tardi, ma nella porta sbagliata. Fu ancora una volta un gran gol, ma lo segnò Johnny Rep con una bordata dalla trequarti che non lasciò scampo a Rough. Fine del sogno, per la vittoria della Coppa del mondo si pregava di ripassare.

Scozia-Olanda 3-2: Gemmill, una rete consegnata alla storia

Sull’avventura scozzese al Mondiale del 1978 sono stati versati fiumi di inchiostro, ma non solo; a distanza di vent’anni il Fringe Festival di Edimburgo è stato aperto con due film dedicati all’evento, il primo, The Game, incentrato sui tifosi che avevano sofferto da casa per i propri beniamini impegnati oltreoceano, il secondo, Argentina 78 – The Director’s Cut, maggiormente focalizzato sugli eventi calcistici, senza dimenticare una buona dose di ironia (non poté quindi mancare la più gettonata barzelletta scozzese post-Mondiale su Micky Mouse che girava per le strade di Glasgow con al polso un orologio raffigurante MacLeod). Il momento mai dimenticato è però quello della rete di Gemmill, citata dal film Trainspotting (nella scena della camera da letto) ma soprattutto al centro di una ballata scritta dal poeta Alastair Mackie dal titolo The Nutmeg Suite. Versi che meritano di essere riproposti:

“It’s nae o Argentina that I mind
Nor Brazil, passin their triangles neat.
Na, it’s o Archie Gemmill’s feet streekin
A pattern on the edge o the box.
His skeely needle treaded the ba past
Three man, their legs fooled by the phantom darner.
It was a baldy-headed goblin scored the goal.
His shot, a rainbow, archer ower his name”

Quel gol non servì a nulla, ma ancora oggi scalda i cuori.

Testo di Alec Cordolcini, pubblicato anche sul numero 21 di UK Football Please, dicembre 2007


03.06.78 (16.45) Cordoba, Estadio Cordoba
PERU’ – SCOZIA 3-1
Reti: 0:1 Jordan 14, 1:1 Cueto 43, 2:1 Cubillas 72, 3:1 Cubillas 77
Perù: Quiroga, Duarte, Manzo, Chumpitez (c), Diaz – Velasquez, Cueto (83 P.Rojas), Cubillas, Muante, La Rosa (63 Sotil), Oblitas
Scozia: Rough, Kennedy (c), Burns, Buchan, Forsyth, Rioch (76 Gemmill), Masson (76 Macari), Hartford, Dalglish, Jordan, Johnston
Arbitro: Eriksson (Svezia)
07.06.78 (16.45) Cordoba, Estadio Cordoba
IRAN – SCOZIA 1-1
Reti: 0:1 Eskandarian aut. (43), 1:1 Danaifar (60)
Iran: Hejazi, Nazari, Abdolahi, Kazerani, Eskandarian, Parvin (c), Ghassempour, Sadeghi, Danaifar (89 Nayebagha), Djahani, Faraki (83 Rowshan)
Scozia: Rough, Jardine, Burns, Buchan (56 Forsyth), Donachie, Gemmill (c), Macari, Hartford, Dalglish (74 Harper), Jordan, Robertson
Arbitro: N’Diaye (Senegal)
11.06.78 (16.45) Mendoza, Estadio Mendoza
SCOZIA – OLANDA 3-2
Reti: 0:1 Rensenbrink rig. (34), 1:1 Dalglish (44), 2:1 Gemmill rig. (47), 3:1 Gemmill (68), 3:2 Rep (72)
Scozia: Rough, Kennedy (c), Buchan, Forsyth, Donachie, Gemmill, Rioch, Hartford, Dalglish, Souness, Jordan
Olanda: Jongbloed, Suurbier, Krol (c), Rijsbergen (44 Wildschut), Poortvliet, W. Van De Kerkhof, Neeskens (10 Boskamp), Jansen, R. Van De Kerkhof, Rep, Rensenbrink
Arbitro: Lienmayr (Austria)