SERIE A 1933/34: JUVENTUS

Quarto scudetto consecutivo per la Juventus, sempre seguita dall’Ambrosiana-Inter e dalla rivelazione Napoli. Capocannoniere ancora Felice Borel della Juventus con 31 reti. Retrocedono le storiche Genova 1893 e Casale assieme al Padova.

Storia del Campionato

L’Ambrosiana si impone sul mercato e parte col piede giusto, conquistando la vetta della classifica. La Juve fatica ad ingranare e le batoste di Napoli e nel duello di Milano ne rallentano la corsa, anche per via di un infortunio di Orsi. L’Ambrosiana si laurea campione d’inverno con cinque punti di margine sui bianconeri. Dietro di loro ci sono Bologna e Pro Vercelli a sei distanze.

Il titolo è già nelle mani dei nerazzurri? Con la superJuve del quinquennio non è mai scontato. E infatti i bianconeri iniziano con la prima di ritorno una straordinaria rimonta, che li porta cinque turni dopo a sole due lunghezze dai rivali, battuti in casa dal temibile Napoli di Garbutt. I nerazzurri però non mollano. Lo scontro diretto, alla ventisettesima giornata, il 1. aprile 1934, finisce in parità; cruciale è la trentaquattresima giornata, quando l’Ambrosiana cade a Firenze, mentre la Juve trionfando a Brescia raggiunge e supera gli avversari.

Il tricolore si concretizza all’ultimo turno, con la vittoria bianconera sul campo della Lazio. In coda, alle retrocessioni già decise di Casale e Genova, si aggiunge all’ultimo respiro il Padova mentre si salvano Palermo, Brescia e Torino.

I vincitori: Juventus

Pedro Sernagiotto

Nel quinquennio, la Juventus raggiunge il culmine della sua gloria. La formazione, che da giugno (sfida con l’Ujpest in Mitropa Cup) si esibisce nel maestoso stadio “Mussolini”, poi rinominato Comunale, non subisce sostanziali cambiamenti rispetto alla stagione precedente: le sole novità, Depetrini dalla Pro Vercelli, Mihalic dall’Ambrosiana e il portiere Valinasso dalla Biellese, vanno per ora ad arricchire il parco riserve, benché siano elementi di valore. Il primo è un difensore tenace, di corporatura robusta anche se non alto, dalla generosità ineguagliabile: lascerà un segno duraturo nella storia bianconera; il secondo, Mihalic, è un interno che ha militato a lungo al fianco di Sallustro nel Napoli. Il terzo è chiamato a prendere il posto di Giampiero Combi.

Il meccanismo funziona alla perfezione, con il veterano Monti che in vista del Mondiale gioca un campionato straordinario, con Cesarini di nuovo protagonista e l’implacabile Ferrari secondo miglior realizzatore dietro a Borel II. Ed è proprio quest’ultimo il fattore decisivo. “Borellino”, come lo soprannominano i compagni, ha appena diciannove anni, eppure mostra una precoce maturità, segnando quasi un gol a partita. La sua intesa con gli altri dell’attacco, le ali Sernagiotto e Orsi (a lungo indisponibile per infortunio), è totale, l’appoggio di Ferrari ne esalta le doti di goleador. La Juventus si avvale anche delle ultime imprese di Giampiero Combi, al dodicesimo anno da titolare, che sarà a sorpresa protagonista al Mondiale, conquistando il massimo trofeo prima del ritiro, ancora al comando di una difesa invalicabile.

Con una media inglese di due punti in più rispetto agli avversari, la Juventus domina il campionato, mostrando il miglior attacco (88 reti realizzate, ben al di sopra delle 66 dell’Inter e delle 56 della Roma, terza forza offensiva) e la terza difesa più solida (31 gol incassati, solo sette in più dell’Ambrosiana e uno in più del Napoli). Un successo che premia il lavoro di tutto lo staff, dal tecnico Carcano, che Pozzo chiama a sé come aiutante per la sfida mondiale, al massaggiatore Angeli, esperto dei muscoli e anch’egli convocato in azzurro. Al termine della stagione, l’Italia, guidata da una nutrita schiera di juventini (Combi, Rosetta, Monti, Ferrari, Orsi, Borel II, oltre a Caligaris) conquista il titolo mondiale.

La sorpresa: Il super Napoli di Garbutt

Il presidente Giorgio Ascarelli volle portare a Napoli il più bravo allenatore del tempo, l’inglese William Garbutt, trionfatore di tre scudetti al comando del Genoa, nell’ambito del suo “progetto per un grande Napoli”. Questo includeva lo stadio, realizzato nel rione Luzzatti al Vomero, e una serie di acquisti. Ma dopo un anno Ascarelli morì e al quinto posto della prima stagione (1929-30) seguì un periodo di crisi. Da quel momento Garbutt inizia a lavorare in profondità per cambiare la mentalità, ancora goliardica, della squadra.

La svolta qualitativa avviene nell’estate del 1932, quando le ali Ferraris II e Gravisi si uniscono ai due bomber Vojak e Attila Sallustro. Ma è nel 1933-34 che il Napoli raggiunge il culmine, con i rinforzi di Rivolta (Ambrosiana) in difesa e Visentin (Ambrosiana) e Rossetti (Torino) in attacco. Garbutt forma un insieme agile e astuto, che si ferma al terzo posto solo perché la vena realizzativa di Sallustro è calata (solo 5 gol).

La squadra, da poco trasferitasi nel nuovo stadio, incute timore a tutti, anche per le trovate tattiche di Garbutt: nella partita casalinga con la Juventus, il tecnico mette in scena una anticipazione di “Catenaccio”, sacrificando le ali titolari per i difensori, Innocenti e Buscaglia. E vince 2-0, un risultato clamoroso che rallenta la rincorsa della Juve. Il bel Napoli di Garbutt chiude terzo, ottenendo il diritto a debuttare in Mitropa Cup e affacciarsi così in Europa.

La delusione: Il Genova

Nel 1933, il nome di Genova 1893, così ribattezzato dal Regime, evoca ancora la gloria di una grande del calcio italiano, detentrice del record di scudetti, ben nove. Per questo, la caduta del club rossoblù nel torneo è un evento storico, uno shock per il campionato. La crisi ha avuto inizio due anni prima, quando le partenze dell’argentino Esposto e dell’interno Mazzoni verso il Modena non sono state compensate dalle nuove acquisizioni. La squadra è passata dal quarto posto del 1931 all’undicesimo del 1932. Le vendite dei bomber Banchero I e Levratto hanno ulteriormente impoverito la rosa, che però si è mantenuta a livello medio: ottavo posto.

Nell’estate del 1933 le ristrettezze economiche permettono solo l’arrivo del portiere Amoretti dal Padova, con le cessioni di Manlio Bacigalupo ai “cugini” della Sampierdarenese, della colonna Casanova e del modesto rumeno Micossi al Catania. Lo smantellamento è palese. A metà stagione il presidente Vincent Ardissone si dimette e il Federale Giorgio Molfino affida la situazione a un generale della milizia, Tarabini, nominato commissario. Le intimidazioni del nuovo venuto sortiscono l’effetto contrario e la retrocessione si abbatte come un macigno con un turno di anticipo.

Il caso: L’ira dell’uomo di ghiaccio

Si dice che l’uomo abbia un cuore caldo, mentre il portiere dovrebbe essere freddo come il ghiaccio. Questa è almeno la reputazione di Carlo Ceresoli, che diventerà l’”eroe di Highbury”, grazie alla straordinaria partita contro gli inglesi che gli farà guadagnare gli elogi sinceri della stampa britannica. Il 26 novembre 1933 Ceresoli, già prescelto dal Ct Vittorio Pozzo, affronta una giornata sfortunata: in casa contro la Fiorentina rimaneggiata subisce quattro gol in fila che fanno passare l’Ambrosiana dal 2-0 al 2-4.

Colpito nell’orgoglio, Ceresoli torna a casa a Bergamo, dove si ferma al solito bar. Qui un gruppo di tifosi juventini lo punzecchia con battute crudeli, tra cui un ironico requiem per le speranze da scudetto dei nerazzurri. All’inizio Ceresoli ride, i suoi nervi saldi gli permettono di mostrare indifferenza. Ma quando invece di calmarsi, le provocazioni si fanno più pesanti, la rabbia inizia a montare. Improvvisamente, una parola va oltre il limite, come la scintilla che scoppia in un ambiente pieno di gas. Ceresoli si trasforma in una furia.

Il fatto è di quelli eclatanti: il giocatore rompe bottiglie, fa a pezzi le vetrine, lancia i bicchieri come missili. Poi, placata la rabbia, ritorna in sé, si aggiusta il vestito, paga i danni al proprietario con generosa munificenza e se ne va. Questo gli eviterà problemi con la giustizia. E gli farà ottenere il perdono di Pozzo, che non modificherà i suoi progetti su di lui. Anche se poi il destino sceglierà diversamente, privandolo della maglia di titolare al Mondiale proprio alla vigilia, per via della frattura a un braccio.

Per Combi, chiusura in bellezza

Giampiero Combi non è più un giovanotto alle prime armi, nell’estate del 1933. Si avvicina ai 31 anni (li compirà il 20 novembre), un’età che per i calciatori dell’epoca è già ritenuta matura; così la società si assicura ingaggiando il potenziale Valinasso dalla Biellese. Ma Combi ha orgoglio da vendere. Alla Juventus è arrivato “bambino”, quando, ala sinistra nella squadretta del Savoia in piazza d’Armi a Torino e guardiano dei pali della porta, venne persuaso dal mediano juventino Carlo Bigatto a diventare portiere e poi proposto a un provino dal giocatore e talent scout bianconero Guido Marchi nel 1920.

Ha debuttato in squadra il 5 febbraio 1922 e da allora non ha più abbandonato i pali. Alto 1,71 per 70 chili di peso, è un estimatore del piazzamento e ha iniziato a lavorare alla correzione dei propri difetti da quando nel 1926 è diventato professionista, rinunciando a recarsi in Sudamerica a curare l’esportazione dei liquori prodotti dall’azienda patema. Da allora la Juve e la Nazionale hanno potuto contare su un formidabile perfezionista, inflessibile coi compagni di reparto e con le proprie debolezze.

La sua stagione premondiale è eccellente, ma Pozzo lo ha designato terzo portiere, dietro Ceresoli e Cavatina, per i Mondiali. Ma quando Ceresoli in allenamento si rompe un braccio, basta uno sguardo d’intesa per capire chi sarà il nuovo titolare. In tre giorni Combi è pronto e ai Mondiali sarà protagonista fino al trionfo. Dopodiché, risulteranno inutili tutti i tentativi della Juve di farlo desistere dal proposito di appendere le scarpe al chiodo, fresco di titolo iridato, con cinque scudetti, 350 presenze nella Juventus e 47 in Nazionale. Morirà giovane, il 14 agosto 1956, colto da infarto a Imperia.

Il capocannoniere Felice Borel II

“Farfallino” conquista il suo secondo titolo di capocannoniere di fila, con una media gol impressionante. Non ha la stessa eleganza di Meazza, ma è implacabile nel trasformare le occasioni in rete. Un campione raffinato nel gesto, letale nelle conclusioni. Ha un trucco, che svelerà da anziano: quando si trova solo davanti al portiere, a differenza di Meazza, mira a colpirlo: «Siccome era impossibile fare centro, la palla deviava verso destra o verso sinistra e quasi sempre si infilava a fior di palo».

Si laurea campione del mondo grazie alla sua partecipazione nella partita bis contro la Spagna a Firenze, dove però disputa la sua ultima gara in azzurro. Sembra inarrestabile nella sua corsa ai record di gol, ma nel 1935, a soli 21 anni, durante un allenamento si infortuna a un ginocchio e da allora diventerà un giocatore “normale”, spesso limitato da problemi fisici. Con tre scudetti e un bottino in Serie A di 274 partite e 137 gol, terminerà la carriera come giocatore-allenatore prima dell’Alessandria e poi del Napoli. È scomparso nel 1993.

Classifica Finale

SquadraPtiGVNP
Juventus53342374
Ambrosiana-Inter49342095
Napoli46341987
Bologna423416108
Roma403416810
Fiorentina3634121210
Pro Vercelli3434121012
Livorno3434111211
Milan333412913
Lazio313411914
Triestina3034101014
Brescia293411716
Torino293491114
Alessandria293412517
Palermo293410915
Padova27349916
Genova 189324348818
Casale17344921
Campione d’Italia: JUVENTUS
Retrocesse in serie B: PADOVA, GENOVA e CASALE
Qualificate in Coppa Europa: JUVENTUS, AMBROSIANA, NAPOLI e BOLOGNA

Classifica Marcatori

RetiGiocatore
32 Borel F. (Juventus)
24 Busoni (Livorno)
21 Meazza (Ambrosiana), Vojak (Napoli)
16 Arcari P. (Milan), Ferrari Gio. (Juventus), Notti (Alessandria), Rocco (Triestina), Viani V. (Fiorentina)
15 Guaita (Roma), Piola (Pro Vercelli)
14 Fedullo (Bologna)
13 Scopelli (Roma)
12 Borel A. (Palermo), Cattaneo (Alessandria), Demaria (Ambrosiana), Guarisi (Lazio)