Il Napoli di Maradona trionfa conquistando il suo primo storico scudetto davanti a Juve e Inter. Scendono Udinese, Atalanta e Brescia.
Riassunto del Campionato
La stagione calcistica 1986-87 si apre con un mercato senza precedenti, chiuso anticipatamente per il Mondiale in Messico. Silvio Berlusconi, nuovo presidente del Milan, è il protagonista indiscusso con una serie di acquisti milionari. Dopo un tentativo fallito per Vialli, il Milan si assicura Donadoni dall’Atalanta per 10 miliardi, Massaro e Giovanni Galli dalla Fiorentina per 6,7 e 5 miliardi rispettivamente, e Galderisi dal Verona per 8 miliardi. Altri colpi includono Borgonovo, Borghi e Dario Bonetti.
L’Inter risponde acquistando Matteoli dalla Sampdoria, Garlini dalla Lazio e Piraccini dal Bari, mentre il Napoli punta su De Napoli e Carnevale. La stagione parte con grande attesa per il duello tra Trapattoni, nuovo allenatore dell’Inter, e Marchesi alla guida della Juventus.
Inizialmente, sono proprio i bianconeri a prendere il comando, ma a novembre il Napoli sale in vetta. Un’importante 3-1 contro la Juventus a Torino consolida la leadership degli azzurri. A metà stagione, il Napoli è campione d’inverno, seguito dall’Inter a due punti e da Juventus e Milan a tre.
Il distacco rimane costante per alcune giornate, poi l’Inter perde terreno. Juventus, Milan e Roma si alternano come principali inseguitori. L’Inter torna in corsa battendo il Napoli nello scontro diretto della ventitreesima giornata, portandosi a soli due punti dalla vetta.
A quattro giornate dal termine, la lotta sembra riaperta, ma l’Inter inciampa ad Ascoli. Il Napoli mantiene la sua costanza e il 10 maggio, con una giornata d’anticipo, conquista il suo primo storico scudetto. La stagione si conclude con il Napoli campione, tre punti davanti alla Juventus e quattro all’Inter.
In zona retrocessione, l’Udinese, penalizzata di 9 punti per il calcio-scommesse, retrocede insieme ad Atalanta e Brescia, decise all’ultima giornata. Per l’ultimo posto in Coppa UEFA, il Milan, passato nelle ultime giornate dalla guida di Liedholm a quella di Capello, supera la Sampdoria in uno spareggio grazie a un gol di Massaro nei tempi supplementari.
Il Napoli di Bianchi
Il Napoli conquista il suo primo scudetto, un traguardo storico per la città partenopea. Il trionfo è il risultato di un progetto iniziato tre anni prima, quando il presidente Corrado Ferlaino e il direttore sportivo Antonio Juliano riuscirono a portare Diego Maradona sotto il Vesuvio. Da quel momento, la costruzione della squadra è stata metodica e professionale.
Ferlaino affida la parte tecnica a Italo Allodi, figura esperta del calcio italiano. Nonostante Allodi sia costretto a lasciare l’incarico a metà stagione per problemi di salute, il suo lavoro si rivela fondamentale. Con il supporto del ds Pierpaolo Marino, rinforza la squadra con acquisti mirati: Fernando De Napoli a centrocampo, Andrea Carnevale in attacco e, durante il mercato autunnale, Francesco Romano dalla Triestina.
In panchina siede Ottavio Bianchi, allenatore noto per il suo rigore. La sua esperienza da giocatore, quando sfiorò lo scudetto con il Napoli negli anni ’60, gli ha insegnato l’importanza della disciplina e del sacrificio, riuscendo a creare un gruppo coeso, dove tutti remano nella stessa direzione.
La formazione tipo vede Garella in porta, protetto da una difesa solida con Giuseppe Bruscolotti e il giovane Ciro Ferrara. A centrocampo, Salvatore Bagni garantisce quantità e qualità, affiancato da De Napoli e Romano. Davanti, Maradona è il faro della squadra, supportato da Bruno Giordano e Carnevale.
Il cammino del Napoli non è privo di ostacoli. L’eliminazione precoce dalla Coppa UEFA contro il Tolosa fa temere una stagione difficile. Tuttavia, la squadra reagisce e inizia una marcia trionfale in campionato. Nonostante un calo di rendimento in primavera, il vantaggio accumulato permette di gestire il finale di stagione.
Il 10 maggio 1987, con il pareggio interno contro la Fiorentina, il Napoli si laurea campione d’Italia con due giornate d’anticipo. È l’apoteosi per una città che attendeva questo momento da decenni. La stagione si conclude con la ciliegina sulla torta della Coppa Italia, vinta in finale contro l’Atalanta.
Un successo che rappresenta la perfetta sintesi tra il talento individuale di Maradona e la forza del collettivo plasmato da Bianchi. La professionalità della dirigenza, la competenza dello staff tecnico e la dedizione dei giocatori sono state la combinazione vincente per raggiungere un obiettivo che sembrava impossibile.
L’Inter del Trap
Trapattoni sbarca all’Inter e subito mette il suo marchio: difesa di ferro, centrocampo di lotta e attacco fulmineo. Il Trap pesca dal mercato e blinda la retroguardia con Passarella, mentre a centrocampo arriva il gioiellino Matteoli dalla Samp. In attacco, il tandem Altobelli–Rummenigge fa sognare i tifosi.
La formazione tipo è un mix di esperienza e gioventù: Zenga tra i pali, Bergomi e Ferri a fare da muro, Passarella a dirigere la difesa e Mandorlini a spingere sulla fascia. In mediana, Baresi e Piraccini fanno legna, Matteoli inventa e Fanna corre come un treno. Davanti, Altobelli e Rummenigge promettono scintille.
L’Inter parte forte e lancia il guanto di sfida al Napoli. I nerazzurri tengono testa agli azzurri e li raggiungono in vetta a fine andata. Ma il cammino è un ottovolante: la sconfitta di Verona frena l’entusiasmo e tre ko di fila tra febbraio e marzo sembrano affossare i sogni di gloria. Come se non bastasse, Rummenigge alza bandiera bianca per infortunio.
Ma il Trap non molla: rilancia il giovane Ciocci dal vivaio e la squadra ritrova la bussola. L’eliminazione in Coppa UEFA contro il Goteborg brucia, ma in campionato l’Inter si rialza e torna in corsa. Il rush finale si infiamma, ma ad Ascoli arriva la doccia fredda che spegne definitivamente le speranze tricolori.
Una stagione di alti e bassi, con la firma del Trap ben visibile: grinta, organizzazione e qualche rimpianto. L’Inter c’è, ma per lo scudetto bisognerà aspettare.
Diego, l’uomo scudetto
Maradona: il genio che ha trasformato Napoli in capitale del calcio. Il 10 maggio 1987 è la data che consegna alla storia il primo scudetto azzurro, ma la rivoluzione parte tre anni prima, quando el Pibe de Oro sbarca all’ombra del Vesuvio.
Impossibile non parlare di Diego, anche se i commentatori cercano di esaltare il collettivo. Ma la verità è una sola: senza Maradona, niente tricolore. Il fuoriclasse argentino è il cuore pulsante di una squadra che ha imparato a volare.
Certo, dopo il Mondiale vinto quasi da solo con l’Argentina, qualche pausa se l’è concessa. Le polemiche sulla paternità hanno rischiato di offuscarne il genio. Ma quando conta, Diego c’è sempre. A gennaio, nonostante le critiche per un viaggio a Tokyo, torna e firma una doppietta a Udine. Zittiti tutti.
Perché Maradona è di un altro pianeta. Tecnica sopraffina, fisico esplosivo, sinistro magico e personalità travolgente. Trascina i compagni a dare il massimo, è l’anima del Napoli di Bianchi.
In una squadra fatta di serietà professionale, dirigenti competenti e tifosi incredibili, Diego è il collante insostituibile. A 26 anni è nel pieno della maturità, adorato dai compagni che sanno bene: ogni suo gesto tecnico è per la causa comune.
Alla fine, l’argentina è anche il capocannoniere della squadra con 10 reti e simbolo indiscusso della squadra. È l’uomo chiamato scudetto, il genio che ha portato Napoli sul tetto d’Italia.
Eriksson al capolinea
La Roma di Eriksson è alla resa dei conti. Il tecnico svedese, arrivato nel 1984 per rivoluzionare i giallorossi, ora si gioca tutto e , dopo aver sfiorato lo scudetto la stagione precedente, è tempo di concretizzare.
Anche perché il presidente Viola punta al tricolore e investe pesante: 4 miliardi per Berggreen dal Pisa, Baroni in difesa, Baldieri e Agostini in attacco. Ma l’avvio è da incubo: Eriksson brancola nel buio. Berggreen fuori ruolo, Boniek gioca addirittura in difesa, il giovane Desideri titolare a sorpresa. Bruno Conti, stella della vecchia guardia, esplode dopo una sostituzione contro il Como.
Lo spogliatoio è una polveriera: veterani contro giovani rampanti. La Roma crolla in Coppa delle Coppe contro il Real Saragozza e fatica in campionato. Un timido risveglio tra gennaio e febbraio, poi il tracollo a Udine tra liti e polemiche.
Eriksson cambia formazione ogni domenica, ma si delinea un 4-4-2 con Tancredi; Gerolin, Oddi, Boniek, Nela; Desideri, Berggreen, Giannini, Ancelotti; Pruzzo (ormai in declino) e Conti.
A due giornate dalla fine, dopo la disfatta con il Milan, Eriksson getta la spugna. Subentra il vice Sormani, ma è troppo tardi: la Roma chiude settima. Il tecnico svedese fallisce su tutta la linea, ma lascia la Capitale a testa alta, senza polemiche. Lo attende la Fiorentina, mentre il presidente Viola prepara l’ennesima rivoluzione.
L’ascesa di Bagni
Salvatore Bagni, il mastino del centrocampo che ha fatto sognare Napoli, ha avuto un inizio di carriera tutt’altro che promettente. A 18 anni, si definiva un “brocco patentato”, ma i numeri raccontano una storia diversa.
Nato a Correggio nel ’56, Bagni esplode nel Carpi in Serie D. Con 9 gol in 30 partite, attira l’attenzione del Perugia, sempre a caccia di talenti nelle serie minori. Il tecnico Castagner fiuta il potenziale e lo lancia in Serie A. Il salto non spaventa Bagni, che al debutto in massima serie sigla 5 reti. Le sue prestazioni gli valgono la chiamata in Nazionale e l’interesse dell’Inter. I nerazzurri sborsano 3 miliardi per assicurarsi il jolly di centrocampo.
La svolta arriva nella stagione ’83-84. Marchesi lo arretra a mediano e Bagni si trasforma in un centrocampista completo, alla Tardelli. Tecnica, grinta e resistenza lo rendono un pilastro dell’Inter e della Nazionale.
Ma è a Napoli che Bagni raggiunge l’apice. A 30 anni, si reinventa ancora una volta. Diventa il motore della squadra di Maradona, l’equilibratore perfetto tra difesa e attacco. La sua esperienza e il suo dinamismo sono fondamentali per la conquista dello storico scudetto partenopeo.
Esplode l’Uomo Ragno
Walter Zenga, cuore nerazzurro fin da ragazzino, ha scalato le vette del calcio italiano con grinta e determinazione. Da tifoso della curva a estremo difensore della Beneamata, il suo percorso è stato tutt’altro che in discesa.
Dopo un esordio da brividi in C1 con la Salernitana, Zenga si riscatta a Savona ma la svolta arriva a San Benedetto, dove il “mago” Persico lo trasforma in un portiere di razza. Due stagioni da urlo e la Serie B conquistata: l’Inter non può più ignorarlo.
Tornato a casa nel 1982 come vice-Bordon, Zenga si trova catapultato titolare l’anno dopo. Fraizzoli, stanco dei capricci dei senatori, fa tabula rasa: Bordon e Oriali via, tocca al giovane Walter. Scelta azzardata? No perché in un lampo, lo “stangone” si impone come uno dei migliori. Bearzot lo porta in Messico ’86 da terzo, ma Vicini non ha dubbi: Zenga sarà il numero uno azzurro.
Acrobatico tra i pali, felino nelle uscite, leader carismatico: l’Uomo Ragno domina la Serie A. Solo 17 gol subiti in 30 partite, un record che fa sognare i tifosi. L’Inter ha trovato il suo nuovo idolo, pronto a difendere la porta nerazzurra con le unghie e con i denti.
Il sempreVirdis
Dal piccolo paese di Sindia alla vetta del calcio italiano, la storia di Virdis è un’epopea di talento, sfortuna e rinascita. Esplode nella Nuorese a soli 16 anni: 11 gol in Serie D. Il Cagliari fiuta l’affare e lo lancia in A. A 20 anni, boom in B con 18 reti. La Juve non ci pensa due volte e lo preleva per 1,8 miliardi per il gioiellino sardo.
Ma la sfortuna si accanisce. Mononucleosi e tonsillite fermano la sua ascesa in bianconero. Il sogno sembra infrangersi. Virdis torna in Sardegna per ritrovarsi, poi di nuovo alla Juve. Uno scudetto da protagonista e via, direzione Udine.
L’inizio in Friuli è amaro: infortunio shock in precampionato. Ma Virdis non molla e l’anno dopo mette sul piatto una stagione show con Zico. Il Milan fiuta l’affare: 3,4 miliardi per il rilancio rossonero. Virdis si conferma attaccante totale: movimento, manovra, sinistro letale. Ma i gol latitano: solo 15 in due stagioni. A 29 anni, quando molti lo davano per finito, ecco la rinascita nel Milan di Berlusconi.
Il Virdis 2.0 è una furia: dribbling, uno-due, gol a raffica. 17 reti e titolo di capocannoniere. Il bomber sardo è tornato, più forte che mai. Una carriera sulle montagne russe: dal boom giovanile alle delusioni, fino all’esplosione tardiva. Unico rammarico, la Nazionale maggiore, mai raggiunta nonostante il talento cristallino.
Classifica Finale
Squadra | Pti | V | N | P | GF | GS |
---|---|---|---|---|---|---|
NAPOLI | 42 | 15 | 12 | 3 | 41 | 21 |
JUVENTUS | 39 | 14 | 11 | 5 | 42 | 27 |
INTER | 38 | 15 | 8 | 7 | 32 | 17 |
VERONA | 36 | 12 | 12 | 6 | 36 | 25 |
MILAN | 35 | 13 | 9 | 8 | 31 | 21 |
SAMPDORIA | 35 | 13 | 9 | 8 | 37 | 21 |
ROMA | 33 | 12 | 9 | 9 | 37 | 31 |
AVELLINO | 30 | 9 | 12 | 9 | 31 | 38 |
COMO | 26 | 5 | 16 | 9 | 16 | 20 |
FIORENTINA | 26 | 8 | 10 | 12 | 30 | 35 |
TORINO | 26 | 8 | 10 | 12 | 26 | 32 |
ASCOLI | 24 | 7 | 10 | 13 | 18 | 33 |
EMPOLI | 23 | 8 | 7 | 15 | 13 | 33 |
BRESCIA | 22 | 7 | 8 | 15 | 25 | 35 |
ATALANTA | 21 | 7 | 7 | 16 | 22 | 32 |
UDINESE (- 9 penalizz.) | 15 | 6 | 12 | 12 | 25 | 41 |
Vincitrice Coppa Italia NAPOLI
Retrocesse in serie B BRESCIA, ATALANTA e UDINESE
Qualificate in Coppa dei Campioni NAPOLI
Qualificate in Coppa delle Coppe ATALANTA
Qualificate in Coppa UEFA JUVENTUS, INTER, VERONA e MILAN
Classifica Marcatori
17 gol Virdis (Milan)
12 gol Vialli (Sampdoria)
11 gol Altobelli (Inter)
10 gol Diaz (Fiorentina), Maradona (Napoli), Serena (Juventus)
8 gol Carnevale (Napoli), Elkjaer (Verona), Kieft (Torino)
7 gol Graziani (Udinese), Gritti (Brescia), Magrin (Atalanta), Manfredonia (Juventus)
6 gol Alessio (Avellino), Briegel (Sampdoria), Dirceu (Avellino), Mancini R. (Sampdoria)