SHANKLY Bill: l’immortale eroe di Anfield Road

II Liverpool era un club in fase di forte picchiata nel 1959 quando i dirigenti della Merseyside decisero di affidare le loro speranze di ripresa a uno scozzese che rispondeva al nome di William Shankly. Erano passati tredici anni dall’ultimo trionfo nella massima serie (il quinto in assoluto) e i Reds navigavano nella mediocrità della Division two (la nostra Serie B) da cinque stagioni, deludendo il loro appassionato pubblico. Shankly, un po’ come aveva fatto Herbert Chapman con l’Arsenal, cambiò totalmente il corso della storia del Liverpool, rendendo il club di Anfield una delle squadre più forti e titolate d’Europa. Rivoluzionò completamente la squadra cedendo ventiquattro giocatori in meno di un anno, gettando le basi dello squadrone leggendario che avrebbe fatto incetta di titoli. È diventato una leggenda, Bill Shankly. Un uomo dal senso dell’umorismo straripante, dalle grandi capacità tattiche e tecniche, un grande comunicatore e un motivatore di uomini.

PASSIONE DI FAMIGLIA

Anche lui, come altri due leggendari allenatori britannici, Matt Busby e Jock Stein, era nato in un villaggio minerario, Glenbuck, ai confini fra le regioni dell’Ayrshire e del Lanarkshire. Fu sempre fedele alle sue umili origini e molto vicino ai ragazzi della Kop, la mitica gradinata dei tifosi del Liverpool, per lo più composta da membri della working-class che ogni giorno conoscevano la fatica del lavoro nelle fabbriche o nei cantieri navali della città inglese. «Sono un uomo del popolo» amava ricordare, «solo il popolo mi interessa».

Il calcio era nel sangue della famiglia Shankly non meno del pulviscolo provocato dalle miniere di carbone che tutti i giorni gli abitanti del piccolo villaggio scozzese dovevano respirare. Bill aveva infatti quattro fratelli (e cinque sorelle) tutti giocatori di calcio e due zii con precedenti esperienze di pallone. Cominciò dunque fin da bambino a giocare a calcio. La sua prima squadra fu il Glenbuck Cherrypickers, mentre a livello professionistico il primo club a dargli fiducia fu il Carlisle United, nel 1932. L’annata successiva venne ingaggiato per 500 sterline dal Preston North End, con il quale divenne titolare nel ruolo di mediano destro e vinse la F.A. Cup del 1938, nello stesso anno in cui ottenne la prima chiamata nella Nazionale scozzese.

Nel dopoguerra rientrò per qualche stagione al Preston North End, prima che nel 1949 il Carlisle gli offrisse il ruolo di allenatore della squadra. Cominciò lì la sua carriera di manager che si sarebbe evoluta velocemente attraverso formative tappe intermedie (Grimsby, Wortkington e Huddersfield), prima della chiamata che cambiò la sua vita e la storia del Liverpool.

Bill Shankly con la maglia del Preston N.E., anno 1937

CON L’EVERTON IN TESTA

A metà dell’ottobre 1959 il presidente dei Reds Tom Williams e il dirigente Harry Latham viaggiarono al di là dei monti Pennini fino a Cardiff, per vedere all’opera l’Huddersfield di Shankly contro i gallesi padroni di casa, in un match di Division Two. Al termine dell’incontro avvicinarono il tecnico scozzese e gli chiesero se gli sarebbe piaciuto allenare il Liverpool. Shankly non se lo fece ripetere due volte e dopo le dimissioni di Phil Taylor, l’allora tecnico dei Reds, l’1 dicembre del 1959 avvenne l’annuncio ufficiale della firma per 2.500 sterline l’anno. Il suo incarico era risollevare le sorti del Liverpool, che ormai viveva nell’ombra dell’Everton.

Bill era un uomo che amava sdrammatizzare le situazioni, aveva uno spiccato senso dell’umorismo pur essendo molto professionale sul lavoro. Un giorno, appena arrivato a Liverpool, andò dal barbiere che gli chiese: «Anything off the top?» (“Devo toglierle qualcosa dalla testa?”, cioè quale taglio di capelli desiderasse). «Ay, Everton», fu la risposta del tecnico. Dopo il primo incontro di campionato che vide il Liverpool soccombere 4-0 di fronte al Cardiff City, Shankly si convinse che erano necessari dei correttivi alla rosa e stilò una lista di 24 giocatori che non rientravano nei suoi piani. In meno di un anno tutti avrebbero lasciato Anfield.

IL PARADISO RICONQUISTATO

Nel corso del suo primo anno Shankly lanciò diversi giovani molto interessanti tra cui Roger Hunt, un attaccante di 19 anni destinato a fare la storia del Liverpool. Segnò ben 21 reti nella sua stagione d’esordio. Piano piano il grande progetto di “Shanks” cominciò a prendere forma: «Il Liverpool era fatto su misura per me e io ero fatto su misura per il Liverpool. Anfield è il mio monumento», avrebbe ricordato. Era un maniaco della preparazione fisica («Quando morirò, voglio essere l’uomo più in forma di tutto il cimitero») e sottoponeva i suoi ragazzi ad allenamenti massacranti, che però davano ampi frutti sul campo. Dopo Roger Hunt, lanciò in prima squadra un altro giovane promettente, Ian Callaghan ma c’era ancora molto lavoro da fare, la ricostruzione era appena iniziata e necessitava almeno di un paio d’anni. Il tecnico riempì la squadra di giovani ignorati dai grandi club e cominciò a lavorare su di loro. Sfiorata la promozione nel 1961, il Liverpool finalmente salì fra i grandi un anno dopo, grazie all’inserimento nell’organico di Ian St John e Ron Yeats.

Shankly e il suo Liverpool nella straordinaria stagione 1965/66

LIVERPOOL CAPITALE

L’uomo decisivo per la risalita fu comunque Roger Hunt che timbrò il cartellino del gol per ben 41 volte. In tre anni Shankly era riuscito a riportare i Reds in Division One. Dopo un’annata di ambientamento nella massima serie condusse il Liverpool al titolo, il primo dal 1947. I Reds giocavano un calcio divertente e veloce, un mix di passaggi corti e scorribande sulle fasce tipiche del gioco britannico, e riconquistarono il pubblico, che tornò a affollare Anfield. A metà degli anni ’60 Liverpool era sulla cresta dell’onda: i Beatles erano un fenomeno musicale di portata mondiale e i Reds si accingevano a imporre la loro legge in Inghilterra e in Europa. La prima esperienza in Coppa Campioni fu esaltante: il Liverpool si fermò solo in semifinale contro la Grande Inter di Herrera. La conquista della stagione fu la FA Cup, la prima nella storia dei Reds, nella finale di Wembley contro il Leeds (2-1).

SOGNANDO L’EUROPA

Questo successo determinò la definitiva consacrazione di Bill Shankly, ormai il padrone di un club il cui sogno proibito divenne allora la conquista dell’Europa. Nella stagione 1965-66 l’obiettivo fu quasi centrato, ma la finale di Coppa delle Coppe a Glasgow vide il Liverpool sconfitto dal Borussia Dortmund. In campionato gli uomini di Shankly centrarono invece un nuovo titolo e Roger Hunt si dimostrò ancora bomber implacabile con 30 reti che gli valsero il titolo di capocannoniere e gli spianarono la strada della Nazionale per il vittorioso Mondiale del ’66 (in squadra c’erano altri due Reds, Gerry Byrne e Ian Callaghan).

Molti giocatori di quel Liverpool stavano però cominciando la parabola discendente della carriera. Shankly ricorse così al mercato nella stagione 1966-67 che non portò alcun successo ai Reds, cominciando una sorta di seconda ricostruzione. Ancora una volta il manager individuò i giocatori giusti. Su tutti arrivarono Emlyn Hughes ( 19 anni) e il grande portiere Ray Clemence. La politica di rinnovamento andò avanti per altri anni, durante i quali il Liverpool rimase all’asciutto. Ma Shankly sapeva quello che stava facendo, la squadra andava rinnovata per tornare ai vertici e rimanerci.

Shankly con Keegan, ingaggiato nel 1971 dallo Scunthorpe United per 35.000 sterline e destinato a essere il miglior giocatore inglese della decade

KING KEVIN KEEGAN

Fu necessario attendere la stagione ’72-73 per vedere nuovamente i Reds vincitori del campionato. Un anno prima era arrivato ad Anfield Kevin Keegan, ingaggiato dallo Scunthorpe United per 35.000 sterline e destinato a essere il miglior giocatore inglese della decade. Nel 1972-73 il Liverpool si aggiudicò l’ottavo titolo della sua storia e Keegan fu il protagonista assoluto della stagione. Oltre al campionato, però, quella stagione coronò finalmente il sogno di Shankly, regalandogli il trionfo europeo. I Reds si aggiudicarono la Coppa Uefa sconfiggendo in finale il Borussia Mönchengladbach e facendo di Shankly il primo manager a condurre una squadra inglese al successo in campionato e in Europa nella stessa stagione.

L’ULTIMA CAVALCATA

“Shanks” era quasi giunto al capolinea della carriera: nel 1974 i Reds conquistarono nuovamente la FA Cup battendo in finale il Newcastle per 3-0 (doppietta di Keegan e acuto di Heighway) al termine di un incontro a senso unico. «Il Liverpool è la miglior squadra d’Inghilterra e probabilmente del mondo» disse Shankly ai giornalisti. Quando rientrò negli spogliatoi, i giocatori stavano festeggiando a champagne. Lui si sedette silenzioso in un angolo e meditò la decisione che avrebbe sconvolto il calcio inglese.

Il 12 luglio 1974 durante una conferenza stampa, Shankly prima annunciò l’acquisto di Ray Kennedy dall’Arsenal, poi lasciò la parola al presidente John Smith che lesse un comunicato: «E con grande rammarico che devo informarvi che mister Shankly ci ha avvertito che intende ritirarsi dalla carica di allenatore». I giornalisti presenti pensarono all’ennesimo scherzo di “Shanks”, ma era tutto vero. Era ormai una leggenda vivente, l’uomo che aveva creato quella sensazionale squadra dal nulla: «Certe persone pensano che il calcio sia questione di vita o di morte» disse una volta; «si sbagliano: è molto più di questo». Dopo il ritiro il Liverpool non gli offri una carica dirigenziale nonostante avesse ancora molto da dare. Lui se ne rammaricò ma non scatenò polemiche, rimase fuori dai giochi e non smise mai di tifare per i Reds, cosi come i tifosi mai lo dimenticarono. Nel settembre del 1981 si ammalò e il 29 dello stesso mese morì, gettando nello sconforto un’intera città che lo credeva immortale e che lo adorava quasi come una divinità.