Nel pieno della tempesta Totonero, il giocatore del Milan fece riferimento ad una telefonata che gli avrebbe fatto Franco Colomba, suo ex compagno di squadra in maglia rossoblù, per una puntata di venti milioni di lire sul risultato di parità nella partita tra felsinei e bianconeri. Un articolo del Corriere della Sera innescò la bufera.
- Testo di Sergio Taccone, curatore e autore del libro “Milan 1980-’87. Le stagioni del piccolo diavolo” (Prefazione di Filippo Galli, Storie Rossonere, 2021).
Sabato 26 aprile 1980. Il titolo della Gazzetta dello Sport non lascia spazio a dubbi interpretativi: “Chiodi ha confessato. Juve e Bologna nei guai”. Il maggiore quotidiano sportivo italiano si riferiva ad un articolo di Davide Lajolo del Corriere della Sera, uscito un paio di giorni prima, inerente proprio alla partita tra bianconeri e felsinei. Stefano Chiodi, allo stesso giornalista del quotidiano di via Solferino, rilasciò dichiarazioni che fecero molto rumore. Il Corriere riportava il particolare di una telefonata che un giocatore rossoblù, alla vigilia dell’incontro con i bianconeri, avrebbe fatto ad un collega del Milan per chiedergli di puntare 20 milioni di lire, per suo conto, sul pareggio tra Bologna e Juventus il 13 gennaio ‘80.
Il giornale, diretto da Franco Di Bella, fece nomi e cognomi: il calciatore che avrebbe dovuto fare la puntata era Stefano Chiodi, il chiamante Franco Colomba.
“Dopo l’ammissione della punta rossonera – scrisse la Gazzetta dello Sport il 26 aprile – di aver ricevuto l’incarico da parte dell’attaccante rossoblù Colomba di puntare venti milioni sul risultato di Bologna-Juventus del 13 gennaio scorso, si infittisce la rete dei sospetti circa la regolarità di questa partita. Colomba, secondo le dichiarazioni di Chiodi, avrebbe voluto scommettere a Milano perché gli allibratori bolognesi sapevano che l’incontro era truccato e non accettavano più puntate”.
Chiodi era un ex attaccante del Bologna, squadra con cui aveva esordito in serie A cinque anni prima, passato al Milan nell’estate ‘78.
Smentite e querele da parte della Juve
Le smentite fioccarono immediate, a partire da quella della Juventus che decise di adire le vie legali. Il presidente bianconero Giampiero Boniperti diede subito mandato agli avvocati di procedere. A consigliare Chiodi sarebbe stato lo stesso giornalista Lajolo che aveva raccolto alcune confidenze di due suoi colleghi bolognesi del Resto del Carlino sempre in merito alla stessa partita terminata sul campo in parità (1-1, rete di Causio e autogol di Brio). Si riportava anche un particolare relativo a Franco Causio che dopo il gol sarebbe andato verso la panchina della Juve ricevendo l’indicazione di far pareggiare il Bologna. Pareggio arrivato un quarto d’ora dopo. Il giocatore bianconero smentì tutto.
Sulla telefonata ricevuta da Colomba, Chiodi aggiunse:
“Mi chiese dove poteva scommettere a Milano per Bologna-Juventus ma io me ne lavai le mani”.
L’attaccante milanista, inoltre, dichiarò al Corriere di essere pronto a rivelare tutto al capo dell’Ufficio Indagini della Federcalcio.
“Dirò tutto a De Biase, io voglio continuare a giocare a calcio, partite non ne ho mai truccate”
aggiunse Chiodi. E Colomba? Negò tutto.
“Se davvero Chiodi ha detto certe cose deve essere impazzito. Io non c’entro, non gli non ho mai telefonato. Siamo cresciuti insieme, non può avermi fatto uno scherzo simile”.
Anche la società rossoblù replicò a Chiodi:
“Alcune società con l’acqua alla gola cercano di rendere ancora più torbide le acque nel disperato tentativo di mettersi in salvo”.
Il Milan, coinvolto nel calcioscommesse per la partita casalinga contro la Lazio, prese posizione attraverso Gianni Rivera, recatosi a Prato per un colloquio con De Biase. Il vicepresidente rossonero chiese un trattamento uguale per tutte le società coinvolte. In casa Milan c’era la sensazione della presenza di un’indagine condotta a senso unico contro il club rossonero molto più che contro le altre società sospettate o semplicemente chiacchierate.
La Gazzetta dello Sport riferì anche della circostanza riguardante la convocazione del giornalista Lajolo, autore degli articoli su Bologna-Juve, ascoltato sia da De Biase sia dal magistrato Monsurrò. La Juventus affidò il fascicolo all’avvocato Vittorio Chiusano che preannunciò querela nei confronti del Corriere della Sera e di Lajolo, respingendo quello che era stato detto e scritto sui pretesi accordi tra bianconeri e rossoblù per pareggiare l’incontro del 13 gennaio. Smentite arrivate anche dai giocatori juventini.
“Ho la coscienza pulita, vado in campo solo per giocare”, disse Franco Causio. “Gli elementi di fatto li vedremo di fronte ai giudici”, precisò Chiusano che rispose indirettamente anche a Rivera:
“Nei confronti del Milan si assume dall’accusa che esistono prove documentali, c’è una confessione del presidente del fatto storico del denaro versato e c’è la prova documentale dello stesso. Non risulta invece che finora si sia potuti andare al di là del semplice indizio su Bologna-Juventus e, comunque, con esclusione di somme di denaro per accomodare la partita”.
Il 27 aprile ‘80, la Gazzetta riportò le dichiarazioni di Massimo Cruciani dopo il deposito degli atti dell’indagine giudiziaria.
“Anche Savoldi e Colomba – affermò Cruciani – mi telefonarono di puntare tranquillo sul pari di Bologna-Juve”.
Un dettaglio inedito della deposizione del principale accusatore. Romano, 31 anni, commerciante di prodotti ortofrutticoli, Cruciani vantava numerose conoscenze nel mondo calcistico ed amicizie con alcuni giocatori. Ad inizio marzo, il penalista Goffredo Giorgi aveva presentato alla Procura capitolina l’esposto di Cruciani e Alvaro Trinca, ristoratore romano, raccoglitori di ingenti giocate al totonero. I due chiedevano giustizia dopo il mancato rispetto di alcune promesse che non aveva fatto finire le partite come preventivato, costringendoli ad accumulare pesanti debiti con gli allibratori. Trinca, deceduto nel 1992, in un memoriale pubblicato sull’Espresso nell’aprile ‘80, affermò di aver convinto Cruciani, suo amico e fornitore di frutta del ristorante, a scommettere sulle partite.
La versione di Carlo Petrini
L’ex giocatore del Bologna, con una militanza anche nel Milan negli anni Sessanta, nel libro “Nel fango del dio pallone” ha raccontato molteplici particolari inerenti lo scandalo del calcioscommesse ‘80. Nel libro, Carlo Petrini fa riferimento anche a quel Bologna–Juventus. L’attaccante, tra i pochi a pagare fino in fondo dopo aver scoperchiato il vaso di Pandora delle partite truccate, riferì di un incontro che avrebbe avuto con alti dirigenti juventini per convincere Cruciani a non presentarsi all’udienza come testimone sulla partita tra bianconeri e rossoblù.
Esilarante il racconto dell’appuntamento tra Petrini e Cruciani. Il commerciante di frutta, giunto a Milano da Roma per presentarsi davanti ai giudici sportivi, incontrò il calciatore del Bologna che, travestito da vecchio per non farsi riconoscere, indossando un pastrano prestatogli da Beppe Dossena, attendeva il grande accusatore al cancello 5 dello stadio San Siro. Il giorno dopo, Cruciani non andò a testimoniare e la Juventus uscì indenne dalla bufera. Trinca, venuto a sapere dell’assenza di Cruciani all’udienza del processo sportivo, ai giornalisti rilasciò questa dichiarazione:
“È troppo facile prendersela con il Milan e con Colombo, anche la Juve deve finire in serie B altrimenti è uno scandalo”.
Il giallo legato alla mancata deposizione di Cruciani fu evidenziato dai giornali. Scrisse il Corriere della Sera:
“C’è un nuovo giallo che ha per protagonista Massimo Cruciani, uno dei due accusatori romani, la cui deposizione nella prima parte del processo ha compromesso la posizione di Paolo Rossi, squalificato per tre anni. Risulta che, nella notte fra venerdì e sabato, Cruciani avrebbe pernottato in un albergo del centro di Milano. Cruciani, quindi, sarebbe giunto da Roma a Milano per deporre davanti alla Commissione Disciplinare relativamente alle tre partite in discussione, ma avrebbe poi cambiato sorprendentemente idea, decidendo di rientrare a Roma senza presentarsi nell’aula del tribunale calcistico. Aumentano quindi i sospetti su questa improvvisa defezione dell’amico di Alvaro Trinca, il quale proprio davanti alla Commissione disciplinare ha ironizzato pesantemente sull’assenza di Cruciani”.
La Gazzetta dello Sport rilanciò:
“La gente oggi si chiede anzitutto come mai i super-accusatori, i super-scommettitori Cruciani e Trinca, e i loro amici, vengano creduti come l’oracolo per certi episodi e vengano invece disattesi come bugiardoni patentati per certi altri … Ecco, si vorrebbe capire perché Cruciani e i suoi amici sono credibilissimi quando parlano di Paolo Rossi, tanto che basta la loro parola per infliggere a questo calciatore tre anni di squalifica, mentre credibili non lo sono più quando affermano di aver sentito dire da Petrini che la partita Bologna-Juve era stata già combinata per il pareggio”.
Secondo quanto riportato da Petrini nel suo libro, soltanto due giocatori felsinei, Angelo Castronaro e Renato Sali, si sarebbero tirati fuori da qualsiasi accordo per la partita del 13 gennaio ‘80 giocata a Bologna.
Epilogo
La Commissione Disciplinare emise la sentenza di primo grado il 18 maggio ‘80. Tra le decisioni principali: Milan retrocesso in B e penalizzazione di cinque punti per Lazio, Avellino, Bologna e Perugia. Alfonso Lamberti, procuratore della Repubblica e docente di Diritto, sostenne che il giudizio della “Disciplinare” per essere equo doveva avvalersi degli atti processuali della magistratura ordinaria. Tesi esposta dalle colonne del Guerin Sportivo.
Due mesi dopo, la Caf (Commissione d’appello federale) sentenziò la retrocessione in B anche del club laziale, confermando la radiazione per il presidente milanista Felice Colombo e le squalifiche per omessa denuncia a carico di Ricky Albertosi (quattro anni) e Paolo Rossi (due anni), inibizione per Stefano Chiodi (sei mesi) e Franco Colomba (tre mesi) mentre a Bruno Giordano vennero inflitti tre anni e sei mesi. Ribadite, inoltre, le assoluzioni per Juve, Napoli e Pescara. Sentenze inappellabili.
La sfida tra felsinei e bianconeri non entrò nel calderone delle partite truccate. Nel dicembre ‘80 arrivò anche la decisione della magistratura ordinaria sul Totonero. Nel procedimento in ambito penale venne emesso un verdetto di piena assoluzione per tutti i giocatori implicati nel calcioscommesse. La formula giudiziaria tolse ogni ombra di dubbio a carico degli imputati: “assolti perché il fatto non sussiste”. L’unico condannato, ad una sanzione pecuniaria, fu Massimo Cruciani. Per quanto riportato nel suo libro, Carlo Petrini (deceduto nel 2012) non ricevette alcuna condanna per diffamazione o calunnia.
Testo di Sergio Taccone, curatore e autore del libro “Milan 1980-’87. Le stagioni del piccolo diavolo” (Prefazione di Filippo Galli, Storie Rossonere, 2021).