Subbuteo: il calcio in punta di dita

E’ un gioco assolutamente creativo e interattivo: si può diventare “mister” di qualsiasi squadra, club o nazionale, e portare alla vittoria di un campionato realtà locali che mai avrebbero tale possibilità nel calcio “vero”.


PROLOGO

La leggenda vuole che le prime miniature di calciatori furono create dai marinai inglesi all’inizio degli anni 20. Appassionati di football, ma con poco spazio a disposizione durante i viaggi, decisero di portare lungo gli oceani le emozioni delle sfide calcistiche plasmando con il piombo figure di calciatori che giocavano con una pallina delle dimensioni di quella del ping pong. Il primo calcio da tavolo di cui abbiamo reperti fu quello inventato sempre da un inglese, tale William Lane Keelings. Il suo Table Soccer spazzò via i preesistenti «Blow Football» e «Shoot», giochi che mancavano di realismo.

Bottoni, cartone e caucciù: con questi materiali Keelings diede forma a giocatori e pallone, con del fìl di ferro costruì le porte, quindi con un gesso tracciò le linee del campo su una coperta militare; grazie a un’asticciola risolse il problema del movimento del portiere e a capo delle regole stabilì il famoso tocco a «punta di dito». Quel tocco, che sarà la fortuna o la sfortuna di milioni di giocatori di Subbuteo, sostituirà nella riproduzione su tavolo del calcio il cosiddetto «piede vellutato» dei calciatori. La famiglia Keelings continuò a produrre il gioco fino al 1939. In quest’epoca è anche introdotta la linea di tiro così come oggi la conosciamo. Nel 1943 fa la sua apparizione la plastica che cambierà anche la storia del calcio da tavolo. E per vivere le emozioni del Subbuteo dovrà arrivare un esperto di ornitologia…

IL VOLO DEL FALCONE

Perché Subbuteo? Ve lo siete mai chiesto, da dove deriva questo nome curioso per il calcio da tavolo? Sicuramente anche l’etimologia del termine ha una storia particolare. Tutto parte da Peter Adolph, appassionato di football e studioso di ornitologia; per il padre del moderno Subbuteo infatti le miniature di Keelings a tutto somigliavano fuorché a piccoli giocatori. Dunque decise che il suo calcio da tavolo avrebbe avuto i protagonisti riprodotti in rilievo. A colpire la palla non saranno più bottoncini, piombini o figurine.

L’idea è, a suo modo, rivoluzionaria: sta nascendo il moderno Subbuteo. Adolph pensa a tutto, ovviamente anche al nome: «Hobby», una razza di falcone che lui ama particolarmente e che vuole diventi il logo del suo gioco. All’ufficio brevetti accettano il falco come simbolo del calcio da tavolo, ma quel nome, proprio no; hobby in Inghilterra vuol dire genericamente passatempo e non può essere associato a un gioco solo. Adolph non si perde d’animo e decide di adottare il nome latino dello stesso uccello: falco Subbuteo. Depositato il brevetto e creata la società Subbuteo Sport Games, dopo pochi anni Adolph rileva anche la società Newfooty di Keelings: ormai il calcio da tavolo ha un solo padrone e un solo nome. Quello latino di un uccello il cui becco ricorda la posizione del dito quando colpisce il calciatore in miniatura.

OGNI CASA UNO STADIO

Da Andrea c’era l’Old Trafford. Nella villetta di Walter era chiuso il San Paolo. Da Jaco giocavi al Maracana. A casa mia al Cibali, perché non avevo la tavola e costringevo i miei ospiti a partite in ginocchio sulla moquette che faceva saltellare i giocatori come frombolieri del circo Togni. A metà anni 70 il Subbuteo comincia a spopolare tra i ragazzi italiani. La confezione prevedeva la riproduzione in scala 1:100 di un campo di calcio con porte, reti, palloni e, immancabilmente, protagonisti di un vero incontro, ossia le miniature dei giocatori; più una serie di accessori da poter acquistare a parte: transenne giracampo, piloni di illuminazione, tribune, tabellone per i risultati, una moltitudine di particolari per rendere sempre più realistica la riproduzione dello stadio in casa.

Ma a ricreare il clima degli stadi dentro le case era soprattutto la passione. Da chi improvvisava la finale di Coppa del Mondo su un match solo, a chi accompagnava ogni azione con un grido soffocato che serviva a riprodurre l’urlo della folla, fino ai più malati che riuscivano in onore degli inventori Keelings e Adolph a ripercorrere giornata per giornata l’intera First Division inglese perdendo così interi pomeriggi e forse anni scolastici. E poi ognuno aveva la sua squadra preferita, il suo pallone preferito, ma anche le sue fissazioni su regole e materiali da gioco.

TYPES E RULES

I giocatori sono poggiati su una base semisferica bilanciata con un piombino che consente loro di essere colpiti con l’indice della mano destra, per potersi muovere lungo la superfìcie di gioco e toccare la palla. Così la definizione della miniatura del Subbuteo secondo manuale. Ma per gli esperti ci sono miniature e miniature. Introvabili e dal valore quasi inestimabile le prime squadre, quelle con la scatola rettangolare stretta e lunga. Erano le vecchie miniature monoblocco, con i giocatori più belli esteticamente rispetto alle generazioni seguenti, ma troppo, troppo fragili. Ogni caduta voleva dire la rottura dell’omino e si doveva ricorrere alla colla per riattaccare il giocatore alla sua base. Risultato: diventava più basso e goffo degli altri ma con quel «physique du rôle» sempre un ottimo mediano lottatore.

Diverse e più industriali le squadre degli anni 80. C’era più varietà di scelta delle maglie, ma le miniature avevano una base troppo arrotondata che non permetteva un’ottima direzionalità dell’omino. Poi arrivarono le «sport figures», le «toccer» (miniature enormi con la base piatta), le «profì-base» e infine le squadre dell’ultima generazione con la figurina che si infila su un unico corpo in plastica rigida e con il fondo abbastanza piatto, il che permette una buona capacità di aggancio e un tiro preciso e potente. Se ognuno ha le sue miniature non così si dovrebbe dire per le regole. Ci sono quelle universali e codificate dalle federazioni, anche se nel chiuso della propria casa e con gli amici spesso nascono piccoli cambiamenti e modifiche.

Certo il giocatore si colpisce con il dito indice o medio, se si liscia la palla e si colpisce un avversario è punizione, ogni giocatore può fare consecutivamente solo tre tocchi compreso il tiro in porta. Ma sul numero delle miniature da spostare a palla ferma, sul tempo di gioco, sulla possibilità di fare mosse di difesa attiva durante le azioni avversarie e sul cosiddetto «gioco al volo», ogni subbuteista, davanti alla sua tavola, ha applicato regole differenti. Ma se si gioca a livello federale bisogna seguire norme rigide.

Vediamo qualche articolo estrapolato dal regolamento ufficiale del Subbuteo:

• Norme di base. Per sanzionare se la palla o la miniatura hanno superato completamente una linea di gioco, l’arbitro dovrà vedere il verde del campo tra la palla o la miniatura e quella linea osservando il tutto direttamente dall’alto. Una miniatura imbrigliata o sdraiata non può avere il possesso della palla ed è considerata un oggetto neutrale. In occasione di calci d’angolo, tiri di punizione e rimesse laterali, l’attaccante può chiedere la distanza se qualche miniatura fosse collocata troppo vicina alla palla. Le distanze minime richieste tra la miniatura e la palla sono: 4 centimetri per il calcio di punizione e la rimessa laterale, 9 centimetri per il calcio d’angolo. Una miniatura può essere colpita da dietro, sulla sua base, con l’unghia del dito indice o medio. Un colpo è considerato effettuato se un giocatore tocca qualunque parte di qualunque miniatura.

• Movimento illegale. Nessuno dei due giocatori può colpire una miniatura se non ha diritto di effettuare un colpo e se la miniatura è sdraiata o imbrigliata. In caso di infrazione ci sarà un calcio di punizione dal punto in cui è avvenuto il fallo descritto.

• Tempo di gioco. La durata dell’incontro consiste in due periodi di gioco di 15 minuti ciascuno, con un intervallo non superiore ai 3 minuti. Nel caso di perdita di tempo o di interruzione per ritardo, l’arbitro lo farà recuperare.

• Sudden-death. In una competizione individuale a eliminazione diretta, se il punteggio di un incontro è in pareggio alla fine del tempo regolamentare, sarà disputato un tempo supplementare di 10 minuti. L’incontro terminerà quando uno dei due giocatori avrà segnato.

• Procedura per effettuare il calcio d’inizio. L’attaccante deve posizionare le sue miniature per primo, dopo non gli è consentito cambiare di nuovo la loro posizione.

• L’attacco. Il possesso di palla resta all’attaccante a meno che la miniatura colpita abbia mancato la palla, la palla colpisca una miniatura ferma del difensore o il portiere avversario, sia assegnagto al difensore avversario una rimessa laterale o un calcio di punizione o un calcio d’angolo o una rimessa dal fondo o un calcio d’inizio o un calcio di rigore.

• Rete. Una rete è realizzata se la palla ha completamente attraversato la linea di porta.

• Portiere. Prima, durante e dopo il tiro, il portiere può esser tenuto in qualsiasi posizione desiderata per tentare di giocare o di salvare la palla all’interno della sua area, che non gli è consentito di oltrepassare.

GLI ARTISTI DEL PENNELLO

I giocatori del Subbuteo possono assomigliare a dei moderni soldatini. Non combattono a Waterloo, non hanno le divise blu con i bottoncini dorati, né sciabole, né fucili. Ma anche per ricreare le moderne battaglie delle partite di calcio i subbuteisti hanno dato luogo alla loro fantasia e alla loro vena pittorica. Sì, perché nonostante la grande varietà di squadre proposte dai produttori, chi non ha provato almeno una volta a pitturarsi una squadra tutta sua? Quelli con le mani tremolanti più che giocatori creavano dei sub, visto che le magliette diventavano degli scafandri e i calzoncini delle tute lunghe. I più bravi si cimentavano nella divisa della Sampdoria, andando a ricamare la famosa maglia blucerchiata con tocchi di stuzzicadenti. I megalomani puntavano a decorare anche i calzettoni. Ma in molti poi compravano la scatola già preparata e non la rovinavano con spennellate di tempera da dilettanti.

Nella scatola base si trovavano i blu e i bianchi che facilmente diventavano l’Italia e la Germania. Ma ogni squadra con l’opportuna fantasia poteva essere riciclata. Una maglia rossa poteva diventare a seconda dell’occasione la nazionale russa, il Nottingham Forest o il Piacenza. Stupore e curiosità arrivarono con le prime squadre di colore. Il Brasile, ma anche lo Zaire, con la maglia verde e il bordino giallo o gli uruguaiani del Penarol con le maglie azzurrine carta da zucchero e i pantaloncini neri. Così i produttori degli omini del Subbuteo, che molti immaginavano come piccoli artigiani che nella loro bottega curavano i dettagli miniatura per miniatura, rendevano biondi i calciatori della Svezia, mettevano qualche rosso di capelli nella selezione inglese, rendevano anonimi e un po’ più tristi i giocatori slavi. O almeno così sembrava di capire in quei piccoli dettagli diversi che uscivano dalle scatole dei sogni.

Alla metà degli anni 70 molti chiedevano al giocattolaio sotto casa la formazione dell’Ajax, in un misto di ammirazione per il «calcio totale» olandese e per quella casacca curiosa, con la striscia rossa centrale. C’erano poi i tradizionalisti che per nulla al mondo avrebbero abbandonato la propria squadra: gli juventini compravano la formazione a righe, l’unica con il doppio segnetto (diffìcile riprodurre una stella in un formato così piccolo) che voleva dire venti scudetti, e ogni anno c’era chi speranzoso sbavava la maglia della sua squadra del cuore dipingendo un improbabile scudetto. Poi cerano i mini numeri adesivi da inserire dietro le maglie. Così che la punizione la tirava sempre il 10, il rigore il 9, anche se poi, nella confusione della partita e per la mobilità tipica del Subbuteo, magari ti trovavi fermi nell’area avversaria stopper e libero e come unico difensore, disperato, il numero 11, con l’aria spaesata di chi ha appena compiuto un improbabile recupero.

ORGANIZZAZIONE

Privo di finanziamenti pubblici (non è riconosciuto dal Coni, a differenza, per esempio, del bridge) e di grossi investimenti privati, il Subbuteo ha comunque un suo mercato giocatori (in carne e ossa) con casi (quattro cinque in tutto) come lo spagnolo Flores, conteso dai club italiani, o il portoghese Guimaraes, sotto contratto con gli Eagles Napoli. Lo stipendio? Quattro cinquemila euro all’anno. Nel calcio da tavolo l’Italia stata più volte campione del mondo. con una supremazia nelle più importanti categorie agonistiche del Subbuteo che va avanti da più di vent’anni. Oltre al Mondiale, ogni nazione organizza un Gran Premio e due Open. Esistono poi quattro circuiti Major (in Italia, Belgio, Francia e Austria) che vanno a costituire il Grande Slam, e sono gli unici tornei che prevedono un premio in denaro. Ogni anno si tiene anche un Campionato europeo (ovvero la coppa dei Campioni), che è il torneo più importante. Vi accedono due squadre per nazione. Per l’ Italia ne hanno diritto quelle che vincono campionato e coppa Italia. A livello nazionale, ogni regione ha un Gran Premio e tre Open. I primi 8 della classifica giocano poi un Master Nazionale, mentre i primi 11 a livello internazionale partecipano al Master Europeo. I massimi organismi di riferimento sono ad oggi la FISCT per l’Italia (Federazione Italiana Sport Calcio da Tavolo) e internazionalmente la FISTF (Federation International Sports Table Soccer).

Testo di Gianluca Semprini