Dopo decenni di oblio seguiti alla storica finale dei Mondiali del 1958 giocata in casa, i nordici tornarono prepotentemente alla ribalta nell’edizione USA con una squadra giovane, talentuosa e tremendamente efficace.
Dopo il disastroso Mondiale italiano del 1990, dove la Svezia era stata eliminata al primo turno perdendo tutte le partite, il processo di rinascita della nazionale svedese iniziò nel 1991 sotto la guida del commissario tecnico Tommy Svensson. Il nuovo tecnico mantenne alcuni elementi di esperienza come il portiere Thomas Ravelli e i difensori Roland Nilsson e Jan Eriksson, e puntò soprattutto su giovani promettenti come Klas Ingesson, Jonas Thern, Tomas Brolin e Stefan Schwarz.
La squadra cominciò già a prendere forma durante gli Europei casalinghi del 1992. In quell’occasione, Svensson lanciò altri talenti come l’attaccante Martin Dahlin e il gigante Kennet Andersson. La Svezia giocava con un classico 4-4-2, sfruttando l’intelligenza tattica della coppia d’attacco Brolin–Andersson. Pur non vincendo il torneo, i nordici impressionarono per il loro gioco e raggiunsero le semifinali, gettando le basi per i futuri successi.
Il cammino verso USA ’94
Le qualificazioni per il Mondiale americano non furono una passeggiata per la Svezia. Inserita in un girone molto competitivo con Francia, Bulgaria, Austria, Finlandia e Israele (passavano le prime due), la squadra di Svensson dimostrò subito il proprio valore. Tre vittorie consecutive in trasferta contro Finlandia, Bulgaria e Israele lanciarono gli scandinavi, che subirono la prima battuta d’arresto solo alla quarta giornata contro la Francia di Cantona.
La Svezia chiuse poi il girone al primo posto con 6 vittorie, 3 pareggi e una sola sconfitta, segnando 19 gol (miglior attacco del gruppo insieme alla Bulgaria) e subendone solo 8 (miglior difesa). La Francia, grande favorita, fu invece clamorosamente eliminata nell’ultima partita dalla Bulgaria.
L’avventura americana
La Svezia venne sorteggiata in un girone con Brasile, Russia e Camerun. I gialloblù esordirono proprio contro la compagine africana, una squadra che aveva impressionato nel mondiale precedente raggiungendo i quarti di finale. Nonostante i “Leoni Indomabili” fossero invecchiati, rimanevano un avversario ostico.
Gli svedesi partirono forte: all’8° minuto, Ljung segnò di testa portando in vantaggio la sua squadra. Il Camerun però reagì, pareggiando al 31° e addirittura passando in vantaggio all’inizio del secondo tempo.
La svolta arrivò quando i camerunesi, forse troppo sicuri, iniziarono a giocare con eccessiva leggerezza, concedendo spazi alla Svezia. Ne approfittò Martin Dahlin che, sfruttando un rimbalzo dopo un tiro di Larsson finito sul palo, segnò il gol del definitivo 2-2.
Nella seconda partita, giocata a Detroit, la Svezia affrontò la Russia. L’inizio fu difficile per gli scandinavi, che subirono il gol di Salenko, ma la reazione fu immediata e Brolin pareggiò su rigore ancora nel primo tempo.
Nella ripresa, la Svezia prese il controllo della partita. Al 59°, Dahlin segnò di testa su cross di Thern e lo stesso Dahlin chiuse i conti al 81°, ancora di testa, questa volta su assist di Kennet Andersson. Un 3-1 finale che qualificò matematicamente la Svezia agli ottavi.
L’ultima partita del girone, contro il Brasile, si giocò nell’atmosfera surreale nel Silverdome di Detroit, stadio completamente coperto. Nonostante le voci di un possibile biscotto per evitare gli Stati Uniti agli ottavi, entrambe le squadre giocarono per vincere.
La Svezia passò in vantaggio al 23° con un gol di Kennet Andersson, che sfruttò un assist di Brolin dopo una bella azione personale di quest’ultimo. Il Brasile pareggiò nel secondo tempo con Romário. Il pareggio garantì il primo posto nel girone al Brasile e il secondo alla Svezia, che evitò così l’incontro con gli Stati Uniti padroni di casa agli ottavi.
L’incognita Arabia
Negli ottavi di finale, sotto un sole cocente, i nordici affrontarono la sorpresa Arabia Saudita. Il match si giocò il 3 luglio 1994 al Cotton Bowl di Dallas, Texas. La sfida presentava una difficoltà aggiuntiva per la Svezia: il caldo torrido. Con temperature che superavano i 40°C, molti si chiedevano come gli svedesi, abituati a climi ben più freschi, avrebbero retto fisicamente.
L’Arabia Saudita, dal canto suo, confidava proprio in questo fattore climatico, sperando che i nordici cedessero alla fatica nel corso della partita. Tuttavia, la Svezia dimostrò fin da subito di non temere il caldo. Già al 6° minuto, gli scandinavi passarono in vantaggio: Kennet Andersson crossò in area per Martin Dahlin, che di testa batté il portiere saudita Al–Deayea.
Nonostante il vantaggio, la Svezia non si accontentò e continuò a pressare. Il portiere Thomas Ravelli si dimostrò sicuro nelle rare occasioni in cui fu chiamato in causa, dando tranquillità a tutta la squadra.
Il secondo tempo iniziò come era finito il primo, con la Svezia in controllo e al 51°, arrivò il raddoppio: azione a bordo area di Andersson, mentre Dahlin si porta via difensori, e stoccata decisiva sulla sinistra del portiere saudita..
L’Arabia Saudita tentò una reazione e riuscì ad accorciare le distanze al 85° con un gol di Al–Ghesheyan, che per un attimo fece tremare i tifosi svedesi. Ma ogni speranza di rimonta saudita fu spenta tre minuti dopo, quando Kennet Andersson segnò il suo secondo gol personale, ancora una volta di testa su cross di Henrik Larsson, fissando il risultato sul 3-1 finale.
Con la Romania ai rigori
Contro gli indecifrabili romeni, capaci di eliminare l’Argentina negli ottavi, il caldo californiano e il rispetto reciproco portarono a un gioco molto tattico e poco spettacolare. La Svezia adottò una strategia per neutralizzare il totem Hagi, marcandolo strettamente e isolandolo dai compagni. Una tattica che si rivelò efficace, limitando la creatività della Romania.
Nonostante ciò, furono i rumeni a creare le occasioni migliori, con Raducioiu che colpì un palo. La Svezia rispose con alcune incursioni di Brolin e Dahlin, ma senza trovare la via del gol, così il primo tempo si chiuse sullo 0-0.
Nella ripresa la partita si animò: la Svezia aumentò la pressione e al 78° minuto trovò il vantaggio con un gol magistrale. Su calcio di punizione, invece di un tiro diretto, Mild passò la palla a Brolin che, nascosto dietro la barriera, si era smarcato e insaccò con un preciso tiro.
Sembrava fatta per gli scandinavi, ma la Romania non si arrese. Al 88°, su un’azione confusa in area, Raducioiu trovò il pareggio, mandando la partita ai supplementari.
Nel primo tempo supplementare, la Romania passò in vantaggio ancora con Raducioiu, al 101°, bravo a sfruttare un’indecisione della difesa svedese per battere Ravelli.
La situazione si complicò ulteriormente per la Svezia quando Schwarz fu espulso per doppia ammonizione. Nonostante l’inferiorità numerica, gli scandinavi non si persero d’animo e a cinque minuti dalla fine, su un cross dalla destra, Kennet Andersson si elevò più in alto di tutti e pareggiò di testa: 2-2 e calci di rigore.
E qui l’eroe fu il quarantenne portiere Thomas Ravelli, che con due parate decisive su Belodedici e Petrescu regalò un’insperata semifinale alla sua squadra.
Il sogno infranto
Nell’atto decisivo per decidere la finalista, la Svezia ritrovò il Brasile. Il CT svedese Svensson optò sorprendentemente per una tattica ultra-difensiva. La Svezia si chiuse così nella propria metà campo, lasciando l’iniziativa al Brasile. I verdeoro dominarono il possesso palla ma faticarono a creare occasioni nitide. La difesa svedese, ben organizzata, respingeva gli attacchi brasiliani. Ravelli fu chiamato in causa alcune volte, ma senza interventi particolarmente difficili. Il primo tempo si chiuse 0-0.
Il copione non cambiò nella ripresa: il Brasile continuò ad attaccare, la Svezia a difendersi. Al 63′, Thern fu espulso per un fallo su Dunga, complicando ulteriormente la situazione per gli scandinavi. Nonostante l’uomo in più, il Brasile faticava a trovare spazi.
La svolta arrivò al 80′: su un cross dalla destra di Jorginho, Romario si inserì tra i difensori svedesi e colpì di testa, battendo Ravelli. Negli ultimi minuti, la Svezia tentò una timida reazione, ma senza creare vere occasioni da gol, così il Brasile riuscì a controllare agevolmente il vantaggio fino al fischio finale.
Bronzo d’oro
La delusione per la mancata finale fu enorme, ma la Svezia ebbe modo di rifarsi nella finale per il terzo posto. Contro la Bulgaria di Stoichkov, gli scandinavi disputarono forse la loro miglior partita del torneo, imponendosi con un netto 4-0, maturato interamente nel primo tempo. Brolin, Mild, Larsson e Kennet Andersson furono gli autori dei gol che consegnarono alla Svezia un prestigioso e inaspettato terzo posto mondiale, migliore prestazione dal 1958.
I protagonisti
Il successo della Svezia ’94 fu il risultato di un perfetto mix tra gioventù ed esperienza, talento individuale e spirito di squadra. In porta, il veterano Thomas Ravelli, nonostante i suoi 35 anni, dimostrò una straordinaria agilità e sicurezza, diventando un punto di riferimento per la squadra.
La difesa, imperniata sulla solida coppia centrale formata da Patrik Andersson e Joachim Björklund, fornì una base affidabile su cui costruire le azioni.
A centrocampo, il capitano Jonas Thern e Stefan Schwarz controllavano il gioco con maestria, combinando visione tattica e grinta. Roland Nilsson sulla fascia destra e Roger Ljung su quella sinistra garantivano copertura e spinta quando necessario.
Ma fu l’attacco a catturare veramente l’attenzione del mondo. Thomas Brolin emerse come la vera stella della squadra, con la sua tecnica raffinata e la capacità di creare occasioni dal nulla. Kennet Andersson, con la sua imponente statura, si rivelò letale nel gioco aereo, mentre Martin Dahlin portò velocità e potenza alla linea offensiva. Henrik Larsson, sebbene non sempre titolare, aggiungeva qualità e imprevedibilità quando chiamato in causa.
Dopo quel Mondiale, la nazionale svedese non è più riuscita a raggiungere simili vette. Pur qualificandosi per i Mondiali del 2002 e del 2006, dove raggiunse gli ottavi di finale, la Svezia non ha più replicato le prestazioni del ’94. Le mancate qualificazioni ai Mondiali del 2010 e del 2014 e 2022, inframezzate da una partecipazione nel 2018 ottenuta a scapito dell’Italia di Ventura, hanno segnato la fine di un’era.
Tuttavia, il ricordo di quella squadra rimane vivo nella memoria dei tifosi svedesi: figure come Ravelli, Brolin, Dahlin, Kennet Andersson e Larsson sono ormai diventate icone del calcio scandinavo, al pari dei grandi campioni degli anni ’50 come Hamrin, Skoglund, Liedholm e Gren.