SERIE A 1984/85: VERONA

Il Verona entra a sorpresa nella storia


La sintesi del campionato

Con l’arrivo al Napoli di Maradona, il più forte giocatore del mondo, si attende un campionato memorabile. Invece è un torneo poco spettacolare, dominato dall’outsider Verona, in testa dalla prima all’ultima giornata. Le grandi più attese falliscono l’appuntamento. La Juventus aveva azzeccato il gran colpo estivo comprando Giordano dalla Lazio, ma le esorbitanti richieste economiche del giocatore hanno fatto andare a monte l’affare. Così è una Signora in tono minore, tutta tesa al traguardo europeo, mentre l’Inter, che vanta forse l’organico migliore, non riesce a trovare continuità di rendimento. Fiorentina, Sampdoria e Torino affiancano i veneti nel primo turno. Poi, i ragazzi di Bagnoli prendono da soli la testa, sono campioni d’inverno con un punto di vantaggio sull’Inter e la domenica dopo, il 20 gennaio, vengono per la prima e unica volta raggiunti dai nerazzurri. Alla fine, il Torino soffia all’Inter il secondo posto, mentre in coda cade la Lazio di Chinaglia (e Giordano), assieme a Cremonese e Ascoli.

Davide (Galderisi) e Golia (Elkjær) fanno volare i gialloblùelkjaer-galderisi-verona-1985

Da due stagioni il Verona faceva la posta al vertice: sarebbe bastato poco per proiettarlo nel giro effettivo dello scudetto. Quel “poco” viene individuato in estate dal general manager Mascetti, ex gran cervello del centrocampo, in due stranieri poco reclamizzati: il possente tedesco Hans Peter Briegel, protagonista di una poco felice comparsata agli Europei (utilizzato dal Ct Derwall come difensore puro) e il centravanti danese Preben Elkjær Larsen (quest’ultimo è cognome della madre, che ha laicisticamente scelto per distinguersi meglio), ottimo protagonista della rassegna continentale, ma vera incognita per le ribalte italiane, tradizionalmente ostiche per gli attaccanti. Il presidente, Celestino Guidotti, che da un po’ ha ceduto la società a Ferdinando Chiampan restando però alla guida del club, non ha voluto altro, se non alcuni promettenti rincalzi (Fabio Marangon, fratello minore di Luciano, Donà e Turchetta), Al resto pensa Osvaldo Bagnoli, tecnico dall’innata capacità di sintesi, che approva la rosa, ridotta nei numeri ma ricca nella sostanza grazie all’eclettismo di alcuni uomini chiave, e costruisce un capolavoro.

In porta, Garella, portiere acrobata a suo tempo scartato dal Torino e dalla Lazio, protagonista di una stagione-monstre. Davanti a lui, i marcatori Volpati (mediano d’origine, uno degli eclettici di cui sopra) e Fontolan, l’incursore Luciano Marangon sulla fascia sinistra e il raffinato libero Tricella a fungere da ultimo baluardo e prima fonte di gioco. Ferroni e Fabio Marangon fungono da valide alternative. Il centrocampo è un cocktail perfetto: col carro armato Briegel (all’occorrenza marcatore), Fanna, irresistibile tornante tutto guizzi e cross al bacio, Di Gennaro, gran geometra del gioco, e il motorino Bruni, un po’ rifinitore un po’ portatore d’acqua. Sacchetti e Donà offrono plausibili alternative, assieme al tornante d’attacco Turchetta. In avanti, perfetta simbiosi tra il piccolo e guizzante Galderisi e il dirompente panzer danese Elkjær.

Arriva Maradona

Non tutte le sensazionali promesse spettacolari del campionato sono state mantenute. Ma non c’è dubbio che il principale… fomentatore di tante attese, Diego Armando Maradona, abbia risposto in pieno. Anzi. Qualcuno al momento dell’annuncio aveva persino messo in dubbio il valore effettivo del “reuccio” argentino in arrivo da Barcellona. Descritto come un principino discontinuo nel rendimento e piuttosto capriccioso, Maradona ha dispiegato la classe assoluta che ne fa uno dei più grandi giocatori di ogni tempo e in più una forza fisica straordinaria. Quella che gli consente, nel finale di stagione, di sopportare uno stressante andirivieni intercontinentale per gli impegni con la Nazionale, senza minimamente risentirne nel rendimento. Il Napoli non è ancora grandissimo, ma Maradona è già il più forte giocatore del torneo. Geniale e rapidissimo, riesce a compiere autentiche magie a velocità supersonica: è il fuoriclasse della nuova era.

Il flop: Socrates

Acquistando a peso d’oro Socrates, il capitano della Nazionale brasiliana, la Fiorentina puntava al decisivo salto di qualità. Un fuoriclasse, certo, ma anche un giocatore dal carattere difficile (medico, impegnato nel sociale, poco propenso a piegarsi nuove mentalità e metodi di allenamento a 30 anni) oltretutto ormai consolidatosi come regista, per una squadra che un regista svelto di passaggio e lento di piede, Eraldo Pecci, già lo possedeva. Il grande amore con la squadra e la città non scoppia mai. Socrates chiede di essere esentato dai ritiri, si lamenta della durezza della preparazione e in campo raramente giostra all’altezza della propria fama, per lo più dando l’impressione di venire travolto, col suo incedere compassato, da eventi agonistici e atletici di un altro pianeta. Amante di sigarette e birra, a fine stagione non cerca la prova d’appello e torna in Brasile.

Il caso-Falcao

falcao-dino-viola-roma Una lunga telenovela e una sgradevole chiusura legale pongono fine all’avventura di Paulo Roberto Falcão in Italia. Nel maggio 1984, il presidente Viola gli ha rinnovato il contratto, riconoscendogli l’astronomica cifra di tre miliardi l’anno per due stagioni, nonostante ripetuti malanni. Poi, il patatrac nella finale di Coppa dei Campioni col Liverpool, persa ai rigori anche per il rifiuto di Falcão di tirare dal dischetto, la freddezza col nuovo allenatore Eriksson e un grave infortunio (scontro con Manfredonia nel derby). Con gli emolumenti sospesi dal club in disaccordo sul suo stato di salute, il giocatore si è sottoposto a una delicata operazione al ginocchio sinistro negli Stati Uniti. Dopo la lunga convalescenza in Brasile, ha superato una serie di prove sul campo. La controversia con Viola esplode nel giugno del 1985, con l’ingiunzione presidenziale di sottoporsi a una visita fiscale a Roma. Falcão rifiuta (la visita di controllo l’ha già fatta) e va in vacanza. Viola ricorre e ad agosto la Lega dichiara rescisso il contratto tra la Roma e il giocatore.

La rivincita di Pierino

A 18 anni era un fenomeno annunciato. A 24 sembrava già avviato a un anticipato tramonto. Pietro Fanna, gioiello dell’Atalanta, nella Juventus aveva mantenuto solo in parte le promesse. A prestazioni sontuose alternava imbarazzanti scene mute. Sembrava un campione incompiuto, come tanti ne annovera da sempre un campionato selettivo come quello italiano. Poi, la geniale idea del Verona, che nel 1982 ha ricondotto nel clima ovattato della provincia le doti del campioncino precocemente invecchiato. Così è nato il nuovo Fanna, che nella stagione dello scudetto raggiunge i suoi massimi storici di rendimento. Un’ala inafferrabile nei suoi guizzi laterali, dal dribbling fulminante e dal cross morbido per gli attaccanti in area di rigore. Un giocatore nuovo, di altissima qualità, colonna della Nazionale di Bearzot e pepe indispensabile per il piatto veronese, ricco di sapori atletici e bisognoso appunto del tocco in più per raggiungere la completezza. Fanna ha appena 27 e al termine di una stagione monstre ricominciano a suonare per lui le sirene dei grandi club. Quasi inevitabilmente, all’Inter torneranno gli alti e bassi di un tempo.

Il capocannoniere: ancora Platini

Dopo una stagione monstre, il guerriero potrebbe riposarsi. In effetti, la Juve vive una stagione di transizione, tutta protesa sul fronte internazionale. Non così il suo leader Michel Platini, che riesce nell’exploit di conquistare per la terza volta consecutiva il titolo dei bomber scelti, superando di una incollatura il centravanti interista Altobelli. È l’ennesima conferma della classe superiore di un giocatore che non ha bisogno di doti atletiche spiccate per emergere nel calcio esasperatamente fisico dei nuovi tempi. La sua facilità nell’indovinare le traiettorie del gol, in particolare con le maligne punizioni telecomandate, è ormai proverbiale. Il titolo europeo conquistato in Francia ha alimentato il suo orgoglio di campione, proiettato verso la corona continentale di club. Che arriverà, purtroppo, nelle tragiche circostanze della sera maledetta dell’Heysel.platini-1985-capocannoniere-wp

CLASSIFICA FINALE

Squadra Pt G V N P Gf Gs
VERONA 43 30 15 13 2 42 19
TORINO 39 30 14 11 5 36 22
INTER 38 30 13 12 5 42 28
SAMPDORIA 37 30 12 13 5 36 21
MILAN 36 30 12 12 6 31 25
JUVENTUS 36 30 11 14 5 48 33
ROMA 34 30 10 14 6 33 25
NAPOLI 33 30 10 13 7 34 29
FIORENTINA 29 30 8 13 9 33 31
ATALANTA 28 30 5 18 7 20 32
COMO 25 30 6 13 11 17 27
UDINESE 25 30 10 5 15 43 46
AVELLINO 25 30 7 11 12 27 33
ASCOLI 22 30 4 14 12 24 40
LAZIO 15 30 2 11 17 16 45
CREMONESE 15 30 4 7 19 22 48

VERDETTI

Campione d’Italia VERONA
Vincitrice Coppa Italia SAMPDORIA
Retrocesse in serie B ASCOLI, LAZIO e CREMONESE
Qualificate in Coppa dei Campioni VERONA e JUVENTUS
Qualificate in Coppa delle Coppe SAMPDORIA
Qualificate in Coppa UEFA TORINO, INTER e MILAN

MARCATORI

18 gol Platini (Juventus)
17 gol Altobelli (Inter)
14 gol Maradona (Napoli)
12 gol Briaschi (Juventus)
11 gol Bertoni D. (Napoli), Galderisi (Verona)
9 gol Briegel (Verona), Serena (Torino), Virdis (Milan)
8 gol Elkjaer (Verona), Pruzzo (Roma), Rummenigge (Inter)
7 gol Carnevale (Udinese), Finardi (Cremonese), Hateley (Milan), Junior (Torino), Monelli (Fiorentina), Schachner (Torino)