Milan-Liverpool 3-3. Sei minuti di follia e addio Champions!

Istanbul, Stadio Atatürk, mercoledì 25 maggio 2005. Il Liverpool è campione d’Europa per la quinta volta nella sua storia. Non fa notizia il “cosa” ma il “come”. Raggiunge il Milan, in vantaggio 3-0 alla fine del primo tempo, con un uno-due-tre micidiale, per poi alzare la Champions League dopo i calci di rigore.

IL PATTO D’ACCIAIO

Quella sera il Vecchio Continente (e non soltanto l’Europa) è davanti alla tv, una sfida come quella non se la perderebbe neppure un chirurgo di fronte a un codice rosso. All’inizio, le telecamere inquadrano i giocatori che escono dal tunnel degli spogliatoi. I cognomi che si leggono sulle maglie bianche del Milan sono quelli di Seedorf, Kaká, Nesta, Stam, Pirlo e di altri fuoriclasse del genere. Il telecronista inglese dice: «This is where every player of the world wants to be tonight» ed è difficile dargli torto. Il presidente del Milan e quello del Consiglio si somigliano come due gocce d’acqua, è difficile capire quale dei due sia seduto in tribuna quella sera. I giocatori in fila ascoltano l’inno della Champions League. Nelson Dida ha gli occhi chiusi. I capitani Gerrard e Maldini si scambiano i gagliardetti e stringono le mani dell’arbitro e dei guardalinee. Shevchenko va da Gattuso e lo abbraccia, un gesto di incoraggiamento e un ideale patto d’acciaio fra classe e grinta.

MALDINI IN GOL

Dall’altra parte Gerrard, il capitano, catechizza i suoi. Del resto, il carisma è il carisma. Dal punto di vista tattico la squadra di Ancelotti sembra un albero di Natale cui manca il vertice stellato. Dida in porta. Difesa a 4 (e che 4: Maldini, Nesta, Stam e Cafu), centrocampo a rombo con Pirlo vertice basso, Seedorf e Gattuso al centro e Kakà a ridosso dei due attaccanti, Crespo e Shevchenko. Al Milan, l’allenatore del Liverpool “Rafa” Benitez oppone il suo consueto 4-4-1-1 ma davanti a Kewell, come unica punta, c’è il ceco Baros, uno che di nome si chiama proprio Milan. Sarà per questo motivo che il francese Djibril Cissé, trova posto soltanto in panchina, dove si siede appena in tempo per ricevere un colpo a freddo di quelli che uccidono. Sono passati appena 53’’ e i coreografi sono ancora a bordo campo dopo avere finito da poco i balletti introduttivi al big-match. Kaká corre con la palla sulla fascia destra, salta Traoré, che lo manda a terra. Pirlo sta per battere la punizione dalla trequarti, alza la mano destra e con le dita fa “tre”, chiaramente uno schema. Maldini è fuori dai 16 metri finali e nessuno si accorge di lui, gli altri arrembano verso l’area piccola, in modo che all’altezza del dischetto si crei una zona vuota. Pirlo mette palla proprio in quello spazio, Maldini fa due passi avanti, arriva per primo sul pallone e fa gol. Il più anziano in campo, una gloria eterna del calcio italiano, ha spezzato l’equilibrio della gara in meno di un giro di lancetta.

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La rete di Maldini dopo 53 secondi di gioco

A SENSO UNICO

Fino al minuto 33 la partita è a senso unico, ma non si può certo dire che ci sia spettacolo: c’è una sola squadra in campo, il Milan, ma la mole di gioco riguarda più che altro l’ordinaria amministrazione. Di emozioni, solo tracce sparse. Molto possesso di palla, verticalizzazioni improvvise senza fretta di concludere e senza disdegnare la giocata dei singoli. Il Milan sembra comunque aver trovato la strada giusta. Il 2-0 arriva al minuto 38 ed è un contropiede magistrale gestito da Kaká e Shevchenko. Crespo fa un contromovimento sul taglio verso la porta, si ferma prima dell’area piccola con il corpo indietro, il difensore avversario non lo segue. La palla arriva e la punta argentina in torsione appoggia in porta. Il commentatore inglese dice che «the difference between the two teams is massive». Una disamina lapidaria ma che non fa una piega, almeno fino a quel momento. Cinque minuti dopo è addirittura 3-0. Kakà da metà campo lancia Crespo che elude Carragher, attende l’uscita di Dudek e lo supera con un tocco di destro. Roba di gran classe, tutta la giocata.

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La rete di Crespo sembra mettere fine al match

LA STRADA FINO ALLA FINALE

I tifosi del Milan, nonostante occupino soltanto un quarto dello stadio, cantano un coro che invita l’avversario a non ripresentarsi neppure, dopo l’intervallo. Come sono arrivate Milan e Liverpool a giocarsi quella finale che, stando al risultato con cui si va al riposo, non sembra avere più storia? Nel gruppo F il Milan ha chiuso al primo posto con tre punti sul Barcellona, che non è ancora la squadra di Messi ma che è comunque avversaria fortissima (le altre due contendenti sono lo Shakhtar Donetsk e il Celtic Glasgow). Negli ottavi di finale il sorteggio non è benevolo perché l’avversaria si chiama Manchester United, ma con un doppio 1-0 il turno viene brillantemente superato. Nei quarti lo scontro è fratricida, anzi stracittadino. Milan e Inter puntano entrambe alla semifinale ma il successo dei rossoneri all’andata per 2-0 e la follia del tifo nerazzurro al ritorno (fumogeni e un petardo contro il portiere del Milan Dida) spianano la strada ai ragazzi di Ancelotti. In semifinale è battaglia contro gli olandesi del PSV Eindhoven, da sempre la squadra del colosso tecnologico della Philips. Dopo il 2-0 casalingo a S. Siro, il Milan si salva nel bunker olandese grazie a un gol in pieno recupero di Ambrosini. Finisce 3-1 per il PSV, ma passa il Diavolo. Il Liverpool ha invece superato a fatica il primo turno, finendo a pari punti con l’Olympiakos (potenza della differenza reti), alle spalle del Monaco e avanti al Deportivo La Coruna. Dopo l’incertezza iniziale, le vittime successive dei Reds sono – nell’ordine – Bayer Leverkusen, Juventus e Chelsea. Ma ecco le due squadre nuovamente in campo. Non deve essere stato facile per Benitez parlare con i suoi uomini dopo 45 minuti da incubo come quelli.

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La gioia di Smicer dopo la rete del 2-3

SEMBRA SOLO UNO SBANDAMENTO

Il secondo tempo di Liverpool-Milan passa alla storia come quello dei «6 minuti di follia». Nemmeno tanto ordinaria, come follia. In fondo serve un talento speciale per suicidarsi in quel modo. Il primo gol inglese arriva dopo 10 minuti della ripresa. Indecisione di Stam che resta a centro area a guardare il cross avversario senza marcare nessuno, mentre poco lontano da lui Gerrard di testa, inspiegabilmente solo, segna l’1-3. Sembra soltanto un attimo di sbandamento dopo un’ora di dominio milanista, ma un minuto più tardi c’è gloria anche per Smicer, un tiro senza pretese dalla distanza che Dida non trattiene. Sul 3-2, il Diavolo vede i fantasmi e 5 minuti più avanti l’incubo trova modo di materializzarsi. Gattuso stende in area Gerrard e per l’arbitro, lo spagnolo Mejuto Gonzalez, è rigore netto. Xabi Alonso, la “mente superiore” del centrocampo red, conosciuto come El señor, dal dischetto si fa parare il tiro da Dida, ma sulla ribattuta mette dentro. I rossoneri sembrano inebetiti, sembrano un pugile che ha appena preso un colpo da KO, ma che sta ancora in piedi per scommessa. Il resto del secondo tempo passa come il primo: dopo l’uno-due-tre il Liverpool perde la sua spinta propulsiva e passa quasi mezz’ora senza rendersi più pericoloso. Il Milan riprende pian piano ad attaccare , ma la fluidità del primo tempo, in cui Kakà aveva giganteggiato, sembra un lontano ricordo. Dopo pochi minuti i tifosi del Liverpool iniziano ad accompagnare i pochi passaggi azzeccati consecutivamente dalla propria squadra con una serie di «olé».

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Xabi Alonso ribatte a rete il rigore parato da Dida

AI SUPPLEMENTARI

I gruppi organizzati del Milan e i singoli tifosi rossoneri giunti a Istanbul, nemmeno quello. Si va ai supplementari. Nell’extra time non cambia nulla. Sembra che il Liverpool sia in campo soltanto per attendere i rigori. È una fase di gioco noiosissima. L’occasione per Shevchenko, quella rimasta negli occhi di tutti, arriva a tre minuti dal fischio finale. Prima parata miracolosa di Dudek sul colpo di testa della punta ucraina poi il tap in da un metro che di nuovo sbatte sul portiere polacco. Perfino chi non tifa Milan ha un sussulto. Un’occasione del genere non può non diventare gol, eppure il punteggio resta sul 3-3. Al fischio finale i tifosi del Milan si risvegliano, e si sente l’urlo «Milan! Milan!». Con il gol del 3-3 il Liverpool sembra avere esaurito il carburante a disposizione e ciò che fa più rabbia è il fatto che il Milan abbia atteso 10 minuti di black-out e 3 gol al passivo per riprendere a fare gioco. Gli inglesi sembrano decisamente più stanchi degli uomini di Ancelotti. Stanchi ma non deconcentrati e soprattutto impeccabili dal dischetto.

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Dudek blocca il rigore di Shevchenko

L’ERRORE DI SHEVA

Non può finire così, pensano in cuor loro i tifosi del Milan. Che senso ha un miracolo se non è miracolo fino in fondo, dicono a denti stretti i supporter inglesi. Ed ecco la sequenza dei rigori, strumento di tortura secondo soltanto alla garrota in quanto a crudeltà. Sbaglia Serginho, segna Hamann: 0-1. Sbaglia Pirlo, segna Cissé: 0-2. Segna Tomasson, sbaglia Riise: 1-2. Segna Kakà, segna Smicer: 2-3. Sbaglia Shevchenko. È la fine. Onore al Liverpool Campione d’Europa. L’Old Trafford del 2003 non si è ripetuto. Il penalty decisivo lo sbaglia proprio Sheva, quello che due anni prima aveva fretta di tirare l’ultimo rigore per andarsi a prendere la Coppa. Ed era stato di parola, quella volta.

  • Testo di Diego Mariottini – La Gazzetta dello Sport