Gianni Brera: L’astuzia tedesca supera la classe magiara

Che malinconia, riandare a una delle più penose tappe del nostro calcio! Ai mondiali del ’50, in Brasile, è stata comica cista. Saltano Ferruccio Novo e Aldo Bardelli. In direzione alla «rosea» mi raggiunge Ottorino Barassi e mi domanda se non ho nulla in contrario alla nomina di Lajos (bacsi) Czeizler quale C.T della nazionale. Io sono cresciuto sulle ginocchia di una nonna (materna) nata a Budapest «nell’alta Ungheria». Proprio nulla, dico. E aspetto Lajos bacsi (barba Luis) e tento di convincerlo a impiegare due terzini centrali d’area, come gli uruguagi e gli svizzeri.

Con quei due terzini (el cadenazz, secondo il CT elvetico Rappan), l’Inter di Foni ha appena vinto due scudetti. Barba Luis non vuol sentir parlare di catenaccio. Non capisce molto più di nulla, poveruomo. È riuscito a perdere un derby di Milano per 6-5 quando il suo Milan conduceva per 4-1. Sostiene che le tattiche sono balle: vince chi è più bravo a giocare. Semplicismo delittuoso: ma più fessi sono stati coloro che hanno scelto lui come C.T.

Infuria la Scuola Napoletana, che si allarga a «Stadio» e «Tuttosport», contrari al doppio terzino d’area per semplici motivi di tiratura. L’ideologia c’entra pochissimo. Poi capirò pure che qualche celebrato scriba non capisce di calcio quanto crede. L’Inter ha fatto catenaccio con una difesa di ferro. Lajos bacsi (cioè Zio Lajos) la smonta anticipando Mondino Fabbri 1966. Fanno invece solido catenaccio gli svizzeri e Ballaman incorna l’1-0 da lontano al 17’ (Ghezzi uccellato malamente). Quasi un tempo per rimontare: titich e titoch: segna Boniperti in mischia.

Ripresa identica: svizzeri arroccati e italianuzzi squilibrati in avanti: passerini che beccano la roccia. Paura e impotenza. 2-1 di Hügi in contropiede vergognoso. Titolo la «Gazzetta» esaltando i dilettanti svizzeri che fanno fuori i milionari pieni di albagia. Sdegno del tifo coglione. Vittoria facile con i Belgi a Lugano. Spareggio con la Svizzera.

Misteriosamente Cappello, che è in gran forma, viene escluso. Lajos è nel pallone come i prodi azzurri. È una vergognosa débàcle. «Guerino» aveva titolato dopo il Belgio: Giannibrera è servito! Dopo 1’1-4 con la Svizzera, ci rifà Alberto Rognoni onestamente: Giannibrera aveva ragione. Torniamo a casa con le pive nel sacco, mazziati e cornuti come sempre quando la stupidità fa aggio sulla ragione.

Un po’ disonestamente Aldo Bardelli tenta di affibbiarmi la parte che lui ha avuto in Brasile ’50. Rognoni gli butta il papiro nel cestino: sa come sono andate le cose: invano ho tentato di convincere Lajos bacsi a imitare Foni. Lo stesso Lajos mi darà ragione, addirittura per iscritto, ma un po’ troppo tardi!

Infuria la lotta dei difensivisti (Orazio sol contro Toscana tutta) con i cervellotici sostenitori del bel gioco e dello spettacolo (con chi, buona Madonna; forse con Mike Bongiorno?). Intanto proseguono i Mondiali in Svizzera ed io mi debbo sorbire la bellezza di otto incontri con relativi servizi (magari dati a braccio: gli avversari sono pessimi organizzatori e in tribuna stampa non c’è nemmeno la luce). Scopro gli Uruguagi (con due terzini centrali d’area): distruggono prima la Scozia, poi gli inglesi, che gli fanno fuori tre assi: el capitan Varela, Abbadie e Miguez.

Il calcio degli uruguagi mi entusiasma: è fatto per irridere al (da me odiato) WM. In attacco vanno a colpo sicuro: si sposta il centravanti Miguez portando via lo stopper avversario ed entra a segnare il fìnto-interno Ambrois (e quando al suo posto giocherà Hohberg, sarà lui a liberarsi per il gol).

Assisto a Ungheria-Brasile, finita in pestaggio. I brasiliani giocano a WM e abbandonano spesso e volentieri lo stopper Brandaozinho: i due terzini Santos si spingono allegramente al cross dall’ala: se il cross viene respinto, il Brasile si trova ad avere un solo difensore, il povero Brandaozinho. La stupidità tattica dei brasiliani mi sembra madornale. Lo scrivo: vengo definito ferinho critico (una bestia di critico): cosi mi accorgo che neanche i brasiliani, prima di Feola, hanno mai pensato calcio.

Gli ungheresi giocano grandissimo calcio offensivo ma anche essi, in difesa, sono schierati a WM e dunque sono deboli. Gli uruguagi, decimati dagli inglesi, sono tuttavia grandissimi in semifinale, contro i magiari. La partita ha luogo a Losanna sotto la pioggia. Gli uruguagi sprecano il possibile 3-2 con Schiaffino, finto centravanti. Nei supplementari, Hohberg si libera per il 3-2 ma batte sul palo: arriva Schiaffino e, troppo lento, viene preceduto a valanga dal portiere Grosics. Poi, per quanto stremati, gli ungheresi passano due volte con Kocsis in acrobazia: il grosso e imbrocchito Maspoli trascura di uscire a pugno sui lanci di Bozsik e Hidegkuti: Kocsis lo uccella d’incornata. Titolo su 9 la prima pagina della Gazzetta: «La finale tecnica tocca ai magiari: vediamo a chi tocca la finale agonistica». Sono tuttora fiero di quel titolo. In fondo ipotizzavo anche la vittoria tedesca, prima impensabile.

I magiari buttano la finale segnando subito 2-0 e seguitando a spremersi fino a morire di sé e del proprio calcio da cicale canore. Sebes commette l’errore di escludere Palotas e non farlo giocare a sostegno per Hidegkuti, che potrebbe andare all’ala e far escludere Budai, cognato del C.T. I tedeschi lucrano il loro primo titolo con astuzia… strategica: hanno azzoppato Puskas nelle eliminatorie: se lo ritrovano menomato in finale.

I magiari giocano dieci volte meglio dei tedeschi ma presto si svuotano: sono morti. Seguitano ad attaccare, non sapendo fare altro, e fatalmente buscano 3-2. I tedeschi hanno imposto il loro nerbo non privo anche se non ricco di genio. Al ritorno finiscono tutti in ospedale con l’epatite: sicuramente hanno esagerato nell’esaltarsi ergogenicamente.

A questo punto, per onestà, debbo precisare che un altro Paese calcistico avrebbe forse potuto vincere il mondiale 1954 se i suoi dirigenti non fossero stati inflessibili fino all’idiozia: questo Paese è la Svezia. Aveva vinto l’Olimpiade di calcio a Londra nel ’48: gli italiani gli avevano saccheggiato la squadra con due cocomeri e un peperone. Sdegnati, i dirigenti allestirono un’altra squadra di dilettanti e al mondiale 1950 batterono puntualmente gli stolidi italiani, che tornarono a saccheggiarli (gli svedesi, dico).

Anche a questi i fieri dirigenti svedesi dissero addio sdegnati: avessero fuso le squadre di Londra ’48 (con i Gren, i Nordahl, i Liedholm) e di San Paolo ’50 (con i citati, e Palmer e altri) molto probabilmente avrebbero potuto disputare e forse vincere, chissà, il mondiale 1954. Invece niente. I puritani scandinavi dissero di no ai possibili reduci dall’Italia e dalla Spagna: salvo piegarsi con scarso tempismo nel ’58, allorché toccò loro di organizzare il mondiale, e dovettero servirsi di atleti ormai raffermi come Gren, Liedholm, Skoglund e Hamrin: troppo tardi!

GIANNI BRERA