La partita nel gulag

Una partita di calcio dove predominava il sonno della ragione e l’assenza di umanità.

“Magadan, giornata piena di sole, domenica luminosa. Assistetti alla partita tra due formazioni locali: Dinamo 3 contro Dinamo 4. Il fiato della standardizzazione staliniana aveva determinato questa noiosa uniformità dei nomi”.

All’interno del libro “I racconti della Kolyma”, straordinaria testimonianza di un forzato del lavoro nel terribile campo all’estremità nordorientale siberiana, lo scrittore russo Varlam Salamov rievoca un incontro di calcio giocato nella stazione di transito di Magadan, il porto delle bare di ghiaccio, ultima tappa per i prigionieri diretti verso la Kolyma, un’area ricca d’oro che divenne il centro dell’arcipelago gulag stalinista.

Varlam Salamov

Siamo nel 1937, anno in cui l’autore di Vologda fu spedito in Siberia. Il racconto è “Il viaggio per Ola” inserito nella sezione “Il guanto” dove, con una prosa laconica ed essenziale, Salamov ha tratteggiato l’inferno come un enorme paiolo in ebollizione dove vita e morte si assomigliano. In quell’anticamera del gulag della Kolyma, Salamov vide la finale di un torneo locale dai gradini posti in alto, cadendo vittima di un’illusione ottica:

“Mi sembrò che i giocatori di entrambe le squadre, cercando il tiro a rete con tutta una serie di passaggi, corressero molto lentamente e che quando il tiro in porta partiva, il pallone descrivesse nell’aria una traiettoria talmente lenta che tutta l’azione da gol poteva essere paragonata ad una ripresa televisiva rallentata”.

Salamov, morto nel 1982, descrive la moviola in un periodo in cui il rallentatore televisivo non era ancora nato, come l’autore specifica nelle righe successive.

“Non era ancora nata la televisione stessa. La spiegazione era semplice: l’incontro aveva luogo nell’estremo nord, in altri spazi e distanze e il movimento dei giocatori era rallentato come rallentata era tutta la loro vita”.

In quel racconto, – la cui prima stesura è successiva agli anni 50 – Salamov rievoca anche la vicenda del Cska Mosca, tra le migliori squadre sovietiche, sciolta nel 1952 dopo la disfatta dell’Urss alle Olimpiadi. Nella partita di Magadan non c’erano giocatori del Cska.

I quattro fratelli Starostin

In compenso – aggiunge Salamov avrebbe potuto esserci il quartetto dei fratelli Staròstin che, ai tempi qui descritti, erano già in prigione con l’accusa di spionaggio a favore del Giappone”. In campo c’era il presidente del Vsfk, il Consiglio superiore per l’educazione fisica e sportiva, un certo Mankef. Uno con un passato tra i vecchi bolscevichi, tra i più attivi protagonisti della “rivoluzione d’ottobre”. Venne fucilato poco tempo dopo quella partita.

Magadan, città e porto nel mare di Ochotsk, dove il sole non scalda, dal 1930 venne adibita a campo di prigionia. Una città isolata, più vicina all’Alaska che a Mosca, dal clima freddo durante l’intero arco dell’anno. E’ passata alla storia come “la porta delle purghe”. I prigionieri vi giungevano dopo essere passati da Vladivostok, sul Mar del Giappone, un posto dimenticato anche dai demoni. Qui, nel dicembre ’38, trascorse gli ultimi giorni della sua esistenza il poeta Osip Mandel’štam, annientato dalla persecuzione stalinista la cui formula del progressivo annientamento stava in un’asciutta quanto atroce formula burocratica: isolare ma mantenere in vita. I forzati della Kolyma erano condannati a patire inverni gelidi, malnutrizione e lavori forzati. Passando per Ola, Salamov notò tante galline di razza italiana, varietà livornese altamente produttiva.

Aleksandr Solzenicyn affermò che “a Salamov e non a me è stato dato in sorte di toccare il fondo di abbrutimento e disperazione”. Il racconto della partita di Magadan rappresenta un ulteriore punto in comune tra il libro di Salamov e “I sommersi e i salvati” dove Primo Levi rievoca un incontro di calcio ad Auschwitz, a cui assistette, tra le guardie al crematorio e un distaccamento di Sonderkommando. Ai bordi del campo altri militi scommettevano e applaudivano come se, “invece che davanti alle porte dell’inferno, la partita si svolgesse sul campo di un villaggio”.