Le antenate della Champions League

Agli albori del novecento presero vita le prime Coppe che si proponevano di stabilire la migliore squadra d’Europa. Molti dei miti che avvolgono l’attuale competizione europea sono nati in quei nebbiosi pomeriggi di inizio secolo.

Quando ripensiamo agli albori del complesso e affascinante mondo delle coppe europee, ci viene subito in mente il Real Madrid di Di Stefano e le sue imprese leggendarie. Ma la realtà è molto più sfaccettata di così. La Coppa dei Campioni ha segnato l’avvento del nuovo e il tramonto del vecchio mondo. Un mondo fatto di coppe prive del fascino delle partite serali e delle telecronache ma, come tutte le avventure pionieristiche, con una “missione” sia di unione sia di rivalità tra i popoli europei che ha gettato le fondamenta per quella che oggi chiamiamo Champions League.

Chissà che spettacolo sarebbe stato se il sogno originario di Herbert Chapman di una proto-Champions League risalente agli anni 30 del novecento si fosse concretizzato. Immaginare l’Arsenal sfidare la grande Juventus del quinquennio, le corazzate spagnole Barcellona e Real Madrid, lo Schalke 04 di Stzepan e Kuzurra, l’FK Austria di Mathias Sindelar era qualcosa che affascinava.

Ma la realtà era ben diversa. La Champions League immaginata da Chapman – come quella di Gabriel Hanot, che già all’inizio pensava a una coppa dove partecipassero le migliori, e non solo i campioni nazionali – arrivò solo alla fine del secolo. Ma ciò non significava che le grandi squadre d’Europa non si fossero già misurate tra loro, sia per la gloria che per l’onore.

La Coppa dei Campioni vinta dal Real Madrid nel 1956 fu il primo torneo con la partecipazione di gran parte del continente, anche se mancavano i rappresentanti inglesi e russi, le due estremità della vecchia Europa. Ma non fu certo la prima volta che i club europei si incontravano su un campo di calcio per stabilire chi era il migliore. In realtà, lo avevano fatto per gran parte dei precedenti cinquant’anni in vari luoghi, con nomi diversi ma con uno stesso scopo: il vincitore si proclamava sempre la migliore squadra d’Europa del momento.

Tra il 1897 e il 1955, anno in cui nacque la vera Coppa dei Campioni sotto l’egida della UEFA, si svolsero otto tornei europei per club, che videro sfidarsi le migliori squadre del continente.

Ma quale fu la prima competizione europea per club?

Lo stemma della famiglia van der Straten

Alcuni sostengono che fu la Challenge-Cup, iniziata nel 1897: ma questa era riservata solo ai club dell’Impero asburgico, che comprendeva diverse nazioni come Austria, Ungheria, Cecoslovacchia, Croazia e Bosnia. Altri, più esigenti, indicano la Coupe Van der Straten Ponthoz (1900), che fu la prima a coinvolgere squadre di nazioni diverse e riconosciute, come Belgio, Olanda e Svizzera. Queste due coppe riflettevano le due aree geografiche dove il calcio si stava diffondendo al di là delle isole britanniche: la scuola danubiana tra Vienna, Praga e Budapest e i paesi dove l’influenza britannica era forte sia economicamente che culturalmente.

Queste prime coppe vennero giocate fino alla vigilia della prima guerra mondiale e furono avvenimenti molto seguiti. Parecchi dei club che vi parteciparono e che le vinsero sono scomparsi, fantasmi di un calcio perduto, ma fu anche in quegli anni che alcuni dei grandi nomi storici iniziarono la loro “carriera” di successi: First Vienna, Slavia Praga, Union St. Gilloise o Anversa. L’ultima edizione della Coppa Van Phonthoz si disputò nel 1907, interrotta dalla tragica morte del suo promotore, Carl van der Straten-Ponthoz, e fu sostituita dalla Coppa Jean Deupich, in onore del figlio deceduto del ricco magnate belga Alphonse Deupich.

Questi trofei vedevano la partecipazione anche di squadre inglesi dilettantistiche come il Pilgrim FC di Londra o il Bishop Auckland, ma c’era ancora una certa resistenza da parte dei club inglesi professionistici a partecipare a questi eventi continentali.

Il Mondiale di Sir Lipton

La medaglia consegnata ai calciatori del West Auckland Town, vincitori della Thomas Lipton Cup nel 1909.

Anche Sir Thomas Lipton aveva il sogno di creare la prima Coppa dei Campioni, e la chiamò “Coppa del Mondo”. Invitò squadre di Italia, Svizzera, Germania, Francia e Inghilterra, ma si scontrò con l’ostracismo della Federcalcio inglese e dovette accontentarsi dei dilettanti del West Auckland, che scesero a Torino (1909) a vincere il primo Mondiale “non ufficiale”. Gli inglesi si confermarono anche due anni dopo, nella seconda e ultima edizione, prima che gli orrori della guerra interrompessero l’esperimento e lo spirito di un’epoca.

A dispetto delle nostre odierne notti europee, allora le partite si giocavano di pomeriggio, quando i riflettori erano ancora una fantasia per pochi, e il pubblico cresceva di anno in anno. All’inizio si accalcava intorno alle porte, ma con l’avvento del professionismo dopo la guerra vennero costruite le prime tribune di legno per ospitare le migliaia di tifosi che si univano in armonia – allora non c’erano quasi episodi di violenza – per tifare la propria squadra.

Timidamente, i primi guadagni legati al calcio aprirono la strada all’impennata dei prezzi dei giocatori e alla nascita delle prime superpotenze nazionali. Fu così che, come negli anni Novanta con i milioni della Champions League, si creò il primo abisso economico tra club della stessa nazione e della stessa serie. Non stupisce dunque che, mentre alcuni di quei pionieri scomparvero nel dimenticatoio, alcune delle grandi di oggi iniziarono in quegli albori il loro cammino verso la gloria.

Nasce la Mitropa Cup

Il Rapid Vienna con la Mitropa Cup 1930

Fu dopo la prima guerra mondiale che in Europa si fece viva la vera aspirazione a fare del calcio un palcoscenico di confronto tra nazioni. Se i paesi volevano dimostrare di essere superiori ai loro vicini, era meglio farlo con un pallone piuttosto che con un cannone. L’emergere di nuovi stati dalle ceneri degli imperi passati diede un nuovo senso all’orgoglio nazionale e questo fu più evidente nell’Europa centrale che in qualsiasi altra zona del continente. Fu così che la visione di uomini come Hugo Meisl, Vittorio Pozzo e Jimmy Hogan fu fondamentale per trasformare le idee e i sogni in partite di calcio e nel 1927 la nascita della Mitropa Cup segnò una svolta nella storia delle coppe europee.

La Mitropa – contrazione di Mittel Europa Cup – fu subito un successo e contribuì senz’altro a gettare le basi per la nascita del torneo che oggi tutti conosciamo come Champions League. Fu la prima competizione transnazionale per club al mondo organizzata in modo professionale.

Inizialmente fu disputata da squadre provenienti da Austria, Ungheria, Cecoslovacchia, Jugoslavia e successivamente anche da club italiani, svizzeri e rumeni. Finì, come trent’anni prima, con l’inizio della guerra (la seconda) ma finché durò fu splendida. A parte i club britannici, i colossi spagnoli e, forse, l’immortale campione tedesco di allora, lo Schalke 04, il trofeo era conteso tra le migliori squadre d’Europa e, come la Champions League di oggi, c’era più di una squadra a rappresentare una nazione.

Bologna, stadio del Littoriale, 9 settembre 1934. I rossoblù in posa con la Mitropa

Si partì con due e si finì con quattro per campionato, che entravano nella competizione in base alla classifica dell’anno precedente, uno scenario che sembrava fantascientifico per gli standard del passato. Portò allo stadio il più grande pubblico che il calcio continentale avesse mai visto e forgiò le prime vere leggende del football europeo, dal mito di “Cartavelina” Sindelar alla gloriosa eredità del nostro genio italico Peppino Meazza.

La Mitropa fu un torneo che unì e divise l’Europa, almeno quella che si stendeva dalle Alpi al Mar Nero, alimentando rivalità che ancora oggi bruciano. Grazie alle nuove ferrovie costruite nei primi anni venti del novecento, i tifosi per la prima volta poterono seguire le loro squadre in giro per il continente e far sentire la loro voce, ma anche la loro violenza, preludio dei tragici eventi che avrebbero scosso il calcio negli anni a venire.

Il torneo ebbe anche una certa valenza politica, come hanno illustrato magistralmente Jonathan Wilson e David Goldblatt nei loro libri “Inverting the Pyramid” e “The Ball is Round”, e stimolò l’idea di una competizione più ampia, che trovò eco negli articoli dei più influenti giornalisti sportivi europei. Tra questi, il francese Hanot.

La Coppa Latina, preludio alla Coppa dei Campioni

Una fase di Milan-Lilla, finale della Coppa Latina 1951 vinta dai rossoneri

Dopo la seconda guerra mondiale, la Mitropa si ridusse a un’ombra di se stessa e perse ogni rilievo, ma il suo spirito non morì e nella penisola iberica, lontana dalle devastazioni del conflitto mondiale, il modello fu ripreso in una nuova incarnazione chiamata Coppa Latina. L’idea di creare una Mitropa dell’Europa occidentale era già nell’aria, ma fu la saga della Grande Torino a concretizzarla. I granata, dominatori del calcio italiano, si misero alla prova con i loro rivali spagnoli, il Barcellona, per la supremazia latina. Si aggiunsero portoghesi e francesi e la prima edizione fu programmata per fine maggio del 1949. Ma il destino fu crudele: tre settimane prima dell’inizio, il Torino scomparve nelle nebbie di Superga e la Coppa Latina si tingeva già di lutto e incertezza.

Ad ogni modo, gli spagnoli dimostrarono di essere nettamente superiori ai loro avversari mediterranei e il Barcellona, prima, e il Real Madrid, poi, iniziarono a costruire la loro egemonia europea che si sarebbe consolidata nei loro successi ininterrotti nella Coppa dei Campioni e nella Coppa delle Fiere alla fine degli anni Cinquanta.

Fu un’esperienza così positiva che attirò l’attenzione del resto d’Europa e quando gli inglesi del Wolverhampton si proclamarono campioni d’Europa per aver battuto la temibile Honved, Hanot raccolse le suggestioni della Mitropa o dei pomeriggi gloriosi della Coppa Latina per lanciare la sua proposta definitiva.

Così, pochi mesi dopo, il vecchio lasciava spazio al nuovo. L’avvento delle notti europee sotto l’egida dell’UEFA segnava l’apice di un percorso lungo e tortuoso. Chi aveva assistito a quelle prime partite nella Vienna o nella Bruxelles dei primi del Novecento ne sarebbe stato certamente fiero.