Pietro Fanna: la malinconia dell’ala destra
«Giocare larghi sulle fasce è da sempre il segreto delle squadre vincenti. Io godevo a saltare l’uomo in quel preciso punto del campo…»
«Giocare larghi sulle fasce è da sempre il segreto delle squadre vincenti. Io godevo a saltare l’uomo in quel preciso punto del campo…»
«A vent’anni potevo andare alla Juve, l’avvocato Agnelli stravedeva per me, ma io ho preferito rimanere nella mia città, e, forse, anticipando il mio arrivo a Torino, avrei fatto un’altra carriera»
«E’ rimasto nella storia un gol da 65 metri nel gennaio 1987, contro il Napoli. Scoccava l’ultimo minuto e con Garella che uscì fino a tre quarti di campo tentai una soluzione incredibile, e andò bene»
«Un rammarico è quello di aver avuto poco spazio in Nazionale perché un po’ prima avevo davanti Rivera e Mazzola, poi, Franco Causio. Da lì sono nate le difficoltà a far sì che potessi trovare un po’ più di posto in azzurro»
«A Cagliari mi ricordo che alla fine di quell’anno, quando vincemmo lo scudetto, telefonai a casa e dissi “Ce l’ho fatta!”. Forse è una frase scontata, retorica, che però per me valeva molto»
«A Milano c’era Mazzola e i problemi sono sorti proprio perché lui era intoccabile, inamovibile. Io potevo andare d’accordo con tutti gli altri, ma, essere la sua alternativa fu devastante per il mio destino e prosieguo all’Inter»
«Dal calcio ho avuto tanto e non ho chiesto più di tanto. L’unico rammarico è quello di non aver voluto fare l’allenatore a certi livelli»
«Ho parecchi rammarichi perché era dura giocare tutti quegli anni con le ginocchia senza menischi e senza tendini. Era dura. Ed oltretutto sui campi fatti di fango, di croste di ghiaccio, stando sempre attento a girarmi, a come mettere giù il piede»
«Rivera, senz’altro, è stato uno dei più forti giocatori al mondo e in Italia ritengo non abbia avuto rivali, non abbia temuto paragoni»
«La gioia più grande è stata quella di aver prima riportato la Samp in serie A e poi di aver vinto la prima Coppa Italia con la maglia blucerchiata»
«Giocavo per il pubblico, solo per il pubblico. Godevo quando riuscivo a far divertire la gente, a stupire i tifosi con la giocata più difficile, quasi impossibile»
«A dieci anni i miei genitori presero casa dietro la curva dello stadio. Per la mia famiglia essere sempre lì al campo a giocare era sinonimo di sicurezza: sapevano dov’ero» «Bagnoli tatticamente era il numero uno»
«Savoldi era la mia bestia nera riusciva quasi sempre a beffarmi e a far gol. Con gli altri dove non arrivavo con la tecnica sopperivo con la grinta»
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