OSCAR DAMIANI – Intervista ottobre 1979

In un Napoli rimesso a nuovo Oscar Damiani ha fatto il bello e cattivo tempo scacciando per sempre il fantasma di Savoldi

Voglia di Flipper

E’ IL PROTOTIPO del calciatore moderno, impegnatissimo a trasformare in oro tutto quello che tocca. Titolare di una agenzia di pubblicità, sponsorizzato da una famosa casa di abbigliamento sportivo, Oscar Damiani odia stare con le mani in mano e, poco tempo fa, ha dato avvio ad un’azienda di costruzioni, la GSI. Intanto, fra un contratto e l’altro, il nuovo bomber napoletano non si dimentica di dare soddisfazione a Feriamo e segna bellissimi gol per la gioia del S. Paolo. Giovanissimo interista incompreso, Damiani ha indossato per quattro anni la maglia del Vicenza, per tre quella del Genoa e per due quella di Juve e Napoli, segnando sinora 56 reti.

NAPOLI. Ritiene Nils Liedholm il miglior allenatore in circolazione ma, domenica, Oscar Damiani gli ha fatto uno sgarbo: in un Napoli rimesso a… Lucido dalla rete-lampo del giovane ex bolognese, ha realizzato una doppietta esaltante, considerando soprattutto i precedenti del complesso partenopeo.
E adesso. Oscar Damiani viene indicato da sei degli ottomila maghi sindacalmente riconosciuti a Napoli come l’uomo vincente del Napoli 79-80.

INVIDIA. Coronerà nel Golfo la sua carriera, non vi sono dubbi su questo. Intanto ha già fatto incazzare, con i suoi circa 100 milioni di reingaggio, Roberto Filippi, che invece ne becca 53. «Io corro e lavoro per lui e quello deve incassare il doppio di me?», Ma Damiani non batte ciglio. Anzi, cerca di realizzare dei buoni affari anche a Napoli, in virtù delle attività che già a Genova gli hanno dato dei buoni frutti: l’Agenzia di Pubblicità e la Carpenteria, che gestisce con il cognato e Morelli. Per ora ha pensato bene di farsi sponsorizzare dalla «Puma», ed è il solo napoletano ad utilizzare queste scarpette.

AFFARI. «Certo – dice – non è che a Napoli ci sia molto, ma qualcosina si può fare: Flotta Lauro, Compagnia Traghetti, Cirio e Campanile (scarpe). Ecco, Campanile, che ha fatto una bellissima pubblicità su Home Vogue, ci terrei proprio a prenderlo».
Dunque, idee già abbastanza chiare, anche per quanto riguarda i suoi affari extra calcistici.
«Per la Carpenteria, poi, ho avviato un’azienda di costruzioni in acciaio, la GSI, che mi sta dando parecchie soddisfazioni». Di fronte a tanto fervore, come volete che un umile e consapevole artigiano come Filippi se ne restasse con le mani in mano?

PARAGONE. Intanto, esce con la sua BMW dallo Stadio, si ferma, ne discende e subito tutti i ragazzi gli si fanno vicini. Piace la sua faccina che, per qualcosa, rassomiglia alla bertuccia. E poi la sua loquela. Savoldi usciva con un passo che poteva anche apparire tronfio. Damiani su muove invece con piccole mosse, però feline.
«Sono tornato a Napoli, dopo essere stato pagato una cifra piuttosto elevata, un miliardo e quattrocento milioni. Devo fare qualcosa, adesso ho delle precise responsabilità. E, per carità, non si parli di cavallo di ritorno, con tutte le tristezze risapute. Sono tornato da purosangue e non da brocco. Certo non sono un Bettega o un Savoldi, ma sono pronto a fare la mia parte».

– Si spieghi meglio…
«No, è soltanto che ho una coscienza nuova. Adesso sono convinto di poter essere capace di fare dei gol».
Damiani parla in continuazione, siamo noi a frazionare il suo interminabile discorso.

MATURAZIONE. «Mentre gli altri attaccanti, con il passar del tempo, tendono ad arretrare, io avanzo. Questa è la mia metamorfosi. Prima giocavo in maniera più dispendiosa, adesso sono molto più razionale, più concreto. E sono convinto di me stesso; la convinzione è molto importante per chi deve fare il mestiere del goleador. Simoni, che è un offensivista, mi ha aiutato molto a cambiare E poi devo anche dire che sono diventato più coraggioso. Mi fermo di più in zona gol e, poiché ho scatto, opportunismo, realizzo più centri di una volta, come la partita con la Roma ha confermato».

– E’ contento di essere rientrato a Napoli? Perché avvenne il divorzio tanti anni fa?
«Per una clausola consentita a Farina del Vicenza dal povero ingegnere Guido Guerra. Il Vicenza mi riprese per 240 milioni, più altri trenta. Chiappella pure andò via; arrivò Vinicio e mi disse che era molto dispiaciuto della mia partenza e che avrebbe fatto di tutto, prima o dopo, per riprendermi. Adesso c’è riuscito ed io ne sono stato estremamente felice».

– E come ha ritrovato la città?
«Molto più responsabilizzata, devo dirlo. E questo deve essere un merito della società che ho trovato ancor più perfezionata. Nulla, nulla proprio da invidiare oggi alla Juve. Feriamo, che nel 1972 era quasi solo, adesso l’ho ritrovato affiancato da altri dirigenti estremamente intelligenti. Adesso il Napoli è proprio una grande società, da fare invidia a tutti. C’è anche un forte direttore generale, Giorgio Vitali e, al punto in cui siamo, non manca che lo scudetto. Ed io sono pronto a dare una mano a Ferlaino per raggiungere questa meta, che è l’unica che manca».

– Per questo cosa è disposto a fare?
«Solo la mia parte, dai 12 ai 15 gol; non faccio lo spaccone, per me il più forte “puntero” è Giordano, seguito da Rossi, Graziani, Pulici, Pruzzo, Bettega, il sottoscritto e Speggiorin».

– Una sfida, o no?
«Niente sfida, solo il mio dovere».

– Ma lo scudetto è ancora possibile, dopo la rinascita con la Roma?
«Penso ancora che saremo in sei a giocarcelo, in questo ordine: Perugia, Juventus, Milan, Inter, Napoli e poi il Torino, non dimentichiamocene…».

– Questo Napoli può riagganciarsi al comando?
«Siamo tutti buoni giocatori, bene assortiti; insomma, restiamo una fortissima outsider che tende comunque a lasciare un’impronta. E non dimentichiamo che ci guida un allenatore vincente…».

– A proposito non avete forse risentito troppo della preparazione di Vinicio?
«Io non considero il lavoro una fatica. Sono quindi concorde con l’impostazione dell’allenatore, ho fatto tutto volentieri e sono convinto che questo tipo di preparazione darà i suoi frutti a gioco lungo. Soprattutto, mi piace, di Vinicio, la convinzione, nel calcio non bisogna mai mollare. L’ambiente è ottimo, siamo tutti amici, dentro e fuori del campo. E i risultati han cominciato a farsi vedere contro la squadra di Liedholm».

– Chi è l’attaccante più forte secondo lei?
«L’ho già detto, Giordano».

– E l’estrema?
«Oh Dio, Damiani… Scherzi a parte, Bagni».

– Il portiere?
«Zoff, ma Castellini ha cominciato benissimo».

– Il difensore più ostico?
«Ceccarini».

– La sua vita napoletana come l’ha impostata?
«A Genova ero molto più impegnato sul piano del lavoro. Qui ho senza dubbio meno da fare, leggo di più (letture preferite: Maupassant, Chiara, Brancati, Pratolini) e mi dedico al bridge, che qui a Napoli è di gran classe. Mi sono già iscritto al “tennis Club” e, anche se non posso ancora paragonarmi con Forquet e Mangoni, almeno ci gioco accanto. Comunque, voglio precisare che la scelta del “Tennis Club” (e non semmai della “Canottieri Napoli”) è stata determinata da Gigino Chiaiese, un maestro di tennis, al quale sono legato da vecchia amicizia».

– Un giudizio su Ferlaino…
«Un grosso presidente che ha dato molto al Napoli e che meriterebbe uno scudetto».

– Hai ritrovato vecchi compagni?
«Sì, Bruscolotti e Improta».

– Il migliore allenatore?
«Liedholm, un grandissimo intenditore, un uomo raro. Domenica, però, ha nettamente sbagliato la partita (Napoli Roma 3-0, 7/10/1979, doppietta di Damiani – n.d.r.)».

– Chiuda con un pensierino finale…
«Spero che, con Speggiorin e Capone, non faremo rimpiangere Savoldi, che, a dire il vero, a inizio torneo ci aveva messo un po’ di tremarella addosso».
E Damiani va via di corsa, con la sua auto che ha voluto controllare – durante l’intervista – attentamente, da vicino. Ha una telefonata con Genoa: Fossati, con il quale continua ad intrattenere rapporti di affari lo attende.