Ajax 1970 – 1973: l’era dei tulipani

L’Ajax di Cruijff, un mito, un marchio, un’icona come i Beatles e Picasso. La storia dello squadrone olandese, forse il più esclusivo e devastante di tutti i tempi e che seppe rivoluzionare il gioco del calcio.


PRELUDIO

La squadra che ha rivoluzionato il calcio come i Beatles la musica e Picasso la pittura, nasce la mattina del 18 marzo del 1900 al tavolo di un bar, nel centro di Amsterdam. Per la cronaca, e per la storia, alle 9,45. Il caffè si chiama Oost Indie, Indie orientali, in onore probabilmente dei rigogliosi commerci, da e per le Indie, che arricchirono la corona olandese. Giovani e baffuti, i fondatori sono tre: Floris Stempel, Han Dade, Carel Reeser. Idee chiare e un nome, che unisse la città agli studi classici: Amsterdamsche Football Club Ajax. E Ajax da Aiace Telamonio, eroe omerico.

I primi passi sono laboriosi, la squadra impiega dieci anni ad approdare in prima divisione e nel 1914, addirittura, subisce l’onta della retrocessione: fatto, questo, che non si ripeterà più. Lo scudetto numero uno giunge nel 1918: sbaragliati, nei play off, Go Ahead Deventer, Willem II Tilburg, Be Quick Groningen e i cugini dell’Afe Amsterdam. E questi i campioni: Smit, F. Pelser, Couton, Kordijk, J. Pelser, Terwee, de Natris, Van Dort, Brokmann, de Haan, Gupfert. Nel 1919, arriva il secondo titolo: alla grande, senza l’ombra di una sconfitta.

Gli Anni Venti non offrono emozioni a differenza degli Anni Trenta, infiocchettati da ben cinque successi: il tutto, sotto la regia di Jack Raynolds, nazionalità inglese, il primo allenatore a lasciare, di sé e del suo lavoro, tracce cruciali. Uno scudetto nel 1947, l’ennesimo, e poi, nel 1954, la svolta: il calcio olandese si converte al professionismo. Con i titoli del 1957 e 1960, e con il debutto nella Coppa dei Campioni (20 novembre 1957, 3-1 ai tedeschi Est del Wismut Aue), usciamo dalla routine e ci avviciniamo al mito.

Cruijff debutta nell’Ajax nel 1964 a soli 16 anni

NASCE IL MITO

Nasce, pezzo dopo pezzo, lo squadrone forse più esclusivo e devastante di tutti i tempi. Nel 1964 diventa presidente Jaap van Praag, proprietario di una smisurata catena di freeshop, a cominciare da quello, immenso, dell’aeroporto di Schiphol, ad Amsterdam. Ricorda, per liberalità e munificenza, Angelo Moratti. Sempre nel 1964, il 15 novembre, a 17 anni, debutta in prima squadra Johann Cruijff. Ha il numero quattordici: insieme, diventeranno padroni dell’universo, anche se mai campioni del mondo.

Nel 1965, un tale Marihus Michels, Rinus la sfinge, viene convocato d’urgenza al capezzale di una formazione in agonia. Non solo la salva, ma nella stagione successiva la trascina a un altro titolo, l’undicesimo in assoluto, il primo dell’era Cruijff. Attenzione, perché è proprio qui che la cronaca tracima, e l’eresia di un calcio diverso, il cosiddetto calcio totale, comincia a generare subbuglio tra i catechismi delle chiese conformiste.

E’ un modo di stare in campo che scavalca il modello italiano e si pone a sinistra della stessa concezione di zona: non più posizioni fisse, ma movimento incessante, uomini in grado di alternarsi nei vari ruoli, pressing, tattica del fuorigioco. Un’orchestra nella quale, a turno, tutti diventano direttori. Ma Cruijff, naturalmente, più di tutti.

Di scudetti ne fioccano altri cinque, anche perché la covata di talenti che fanno ala a sua maestà Johan ha dell’incredibile, tutti’insieme e tutti così bravi: Keizer, Krol, Suurbier, Haan, Neeskens, il cui tremendismo, unito a una più che dignitosa tecnica, farà di lui il simbolo dellecclettismo olandese, Rep, Hulshoff, Gerrie Muhren, Vasovic, Blankenburg. L’Ajax diventa leggenda nel momento in cui, prima con Rinus Michels e poi con Stefan Kovacs, si annette l’Europa.

LA PRIMA COPPA CAMPIONI

Già nel 66-67 gli olandesi avevano eliminato negli ottavi di finale il Liverpool, battendo i “Reds” per 5-1 nella partita di Amsterdam e nel 68-69 erano arrivati alla finale perdendo contro il Milan per 4-1 a Madrid. Insomma, le basi erano già state poste ed era giunto il momento di raccogliere i frutti di una semina cominciata diversi anni prima. Il primo passo della leggenda inizia nella Coppa dei Campioni 1970/71.

Passati facilmente i primi due turni contro gli albanesi del 17 Nentori Tirana e gli svizzeri delBasilea, l’Ajax trova nei “quarti” i forti scozzesi del Celtic. I biancoverdi, assetati di rivincita contro le squadre olandesi dopo la finale perduta l’anno prima contro il Feyenoord, subiscono però la legge di Cruijff e compagni e si devono inchinare 3-0 ad Amsterdam. Il ritorno a Glasgow non riserva brutte sorprese agli uomini di Michels (0-1) e le porte delle semifinali sono aperte.

Qui ad attendere gli olandesi c’è l’Atletico Madrid: in Spagna la squadra di Michels subisce la veemenza dell’Atletico limitando comunque il passivo (0-1). In Olanda un gol di Keizer mette in pari i conti, ma fino all’ultimo quarto d’ora la qualificazione resta in bilico. In pochi minuti pero un diabolico uno-due dell’Ajax firmato da Suurbier e Neeskens, due tra gli uomini atleticamente più forti, chiude il conto.

A Wembley, nell’atto conclusivo, gli uomini di Michels si trovano opposti alla sorpresa rappresen- tata dal Panathinaikos allenato da Ferenc Puskas. L’Ajax impressiona la platea, che si rende conto di assistere a una sorta da rivoluzione calcistica. La partita praticamente non ha storia, è un monologo dell’Ajax con i greci incapaci di innescare il loro bomber Antonis Antoniadis. Gli olandesi incanalano subito la partita sui loro binari preferiti quando, dopo soli cinque minuti, Van Dijk depone la palla in rete alle spalle del portiere greco Oeconomopoulos.

I biancorossi devono fare a meno di Ruud Krol, un giovane terzino sinistro molto talentuoso affacciatosi in prima squadra durante questa stagione, infortunato e rimpiazzato da Rijnders, che fa il mediano con Neesken sterzino sinistro. D’altronde, gli spostamenti sulla scacchiera non rappre- sentano un problema per quasi tutti gli uomini del centrocampo e dell’attacco olandese. Molto attento nella fase difensiva (la finale col Milan ha insegnato qualcosa), l’Ajax attacca sulle fasce con gli inesauribili Suurbier e Neeskens e spinge al centro grazie alla regia di Muhren, mentre Cruijff, seppur in ombra, tiene sempre in allerta la difesa greca. A tre minuti dalla fine è Arie Haan a mettere il sigillo alla partita.

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Ajax-Panathinaikos 2-0: il raddoppio olandese

LA SECONDA COPPA CAMPIONI

Attratto dalle pesetas che gli offre il Barcellona, Rinus Michels lascia l’Ajax per trasferirsi in Catalogna. Sulla panchina dei campioni d’Europa si accomoda, fra lo scetticismo generale, il rumeno Stefan Kovacs, ex allenatore della Nazionale del suo Paese, dal ’64 al ’67, e della Steaua Bucarest. Superati i primi problemi, soprattutto di carattere linguistico, il preparatissimo tecnico rumeno perfeziona il lavoro di Michels affinando lo stile dell’Ajax, concedendo più libertà d’azione alla fantasia e al talento dei giocatori e allestendo un gioco più spettacolare.

Con queste lievi innovazioni Stefan Kovacs guida Cruijff e compagni alla conquista della seconda Coppa dei Campioni consecutiva. L’unica variazione tattica apportata dal nuovo tecnico è l’impiego stabile in prima squadra di Ruud Krol come terzino sinistro, con spostamento di Neeskens a centrocampo. Il primo turno, contro la Dinamo Dresda, non è dei più agevoli anche se gli olandesi regolano le cose in patria con un 2-0 che non ammette repliche.

L’avversario successivo è l’Olympique Marsiglia, facilmente domato prima dell’infuocato quarto di finale contro l’Arsenal. Nel primo match ad Amsterdam una doppietta di Muhren rinnova le speranze dei tifosi dell’Ajax, freddati inizialmente dal vantaggio dei “Gunners”. A Londra ci si attende la veemente reazione dell’Arsenal, ma un’autorete di George Graham spiana la strada degli olandesi verso le semifinali. Dove li attende un altro scoglio durissimo: il Benfica. Basta una vittoria di misura (gol di Swart) nella gara di andata e l’Ajax raggiunge la finale che si disputerà a Rotterdam contro l’Inter.

I nerazzurri non sono più la squadra che aveva dominato il mondo a metà degli anni ’60, mentre l’Ajax è nel momento di maggior splendore, all’apice della forma. Cruijff, avanzato in questa stagione da Kovacs nel ruolo di centravanti puro, è affidato alle cure di Oriali, che lo controlla benissimo tranne che in due occasioni quelle in cui l’asso trafigge il giovane portiere nerazzurro Bordon.

Ajax-Inter 2-0: Bellugi e Keizer
Ajax-Inter 2-0: Bellugi e Keizer

LA TERZA COPPA CAMPIONI

L’Ajax di Stefan Kovacs è la prima squadra dopo il grande Real Madrid di Di Stefano e Puskas a vincere tre Coppe dei Campioni consecutive. L’unica novità rispetto all’anno precedente è rappresentata dal giovane centravanti Johnny Rep, 22 anni, che Kovacs aveva fatto debuttare nella finale di Coppa Intercontinentale contro l’Independiente, venendone ampiamente ripagato con una doppietta.

Ormai il modello Ajax è diventato un fenomeno planetario, il calcio totale è la nuova moda del momento e, oltre ad essere un modulo tattico, si impone anche come rivoluzionario stile di vita. I giocatori olandesi sembrano una rock-band, hanno i capelli lunghi, vestono casual e viaggiano con mogli e fidanzate al seguito.

Cruijff e soci entrano in gara negli ottavi di finale contro il CSKA Sofia, facilmente eliminato. Nei quarti è supersfida con il Bayern di Franz Beckenbauer e Gerd Mùller: il discorso qualificazione si chiude di fatto all’andata quando, ad Amsterdam, i campioni uscentitrionfano 4-0. Nelle semifinali c’è il Real Madrid. Gli spagnoli escono da Amsterdam con il positivo risultato di 1-2, ribaltabile al Chamartin: il regno dell’Ajax è in pericolo, ma a Madrid i campioni giocano con grande personalità, impongono il loro gioco e la loro superiore classe passando con Muhren: è finale.

A Belgrado l’Ajax trova la Juventus. La vigilia degli olandesi è tormentata dalle voci della riapertura delle frontiere in Spagna e dall’intenzione dei club iberici di saccheggiare la squadra olandese. Sul campo, dopo quattro minuti Rep porta in vantaggio l’Ajax anticipando di testa Longobucco. Gli olandesi addormentano il gioco, la Juventus prende in mano le operazioni. I bianconeri meriterebbero forse il pareggio, ma l’Ajax offre una grande prova di maturità. È il canto del cigno dello squadrone olandese, che perderà subito Cruijff (chiamato a Barcellona da Michels) e Neeskens un anno più tardi.

Ajax-Juventus 1-0: Stuy e Altafini
Ajax-Juventus 1-0: Stuy e Altafini

EPILOGO

L’epopea Cruijff (1964-1973) porta all’Ajax qualcosa come 6 scudetti, 4 Coppe d’Olanda, 3 Coppe dei Campioni, 1 Supercoppa d’Europa, 1 Coppa Intercontinentale. All’indomani della finale di Belgrado, comincia la diaspora, che riceve il primo impulso da Cruijff in persona. Il trasferimento a Barcellona segna non tanto la fine di un’epoca, quanto l’inizio di una migrazione biblica. Granaio d’Olanda, alla mercè di una concorrenza sempre più cinica, l’Ajax entra rapidamente in un perfido giro, costretta a rivendere al miglior offerente i suoi talenti e raggiungendo così un declino precoce.

PROTAGONISTI

Johan Cruijff è il re incontrastato dei primi anni 70. Arrivato all’Ajax a dieci anni, ha fatto tutta la trafila nel settore giovanile fino al debutto in prima squadra, nel 1964 a diciassette anni. Due anni dopo debutta anche in Nazionale dopo aver vinto il suo primo titolo olandese. Centravanti di movimento, agilissimo e scaltro, dal grande controllo di palla, lieve come una farfalla nel liberarsi dell’uomo, è quasi impossibile da marcare per la straordinaria mobilità. Può partire dal centrocampo o addirittura dalla difesa, per impostare azioni da regista o avanzare a fare l’attaccante puro. Imprevedibile, dotato di tiro fulminante, evita i tackles producendosi in un caratteristico salto dopo ogni dribbling. In gioventù, causa l’infanzia povera, il fisico era il suo punto debole, fu addirittura scartato dal servizio militare perché aveva i piedi piatti e le caviglie deboli, ma il lavoro atletico svolto con Rinus Michels ha smussato pure questo difetto. Con l’Ajax vince 3 Coppe dei Campioni, una Supercoppa europea, una Coppa Intercontinentale, 6 titoli nazionali e 4 Coppe d’Olanda, oltre a tre Palloni d’Oro, prima di emigrare al Barcellona.

Johan Neeskens è stato probabil­mente il prototipo del giocatore uni­versale: terzino, mediano, attac­cante, la sua straordinaria duttilità gli permetteva di adattarsi a qual­siasi ruolo. Nel 1970, quando l’Ajax lo acquista dall’RCG Heemstede, ha solo 19 anni, ma Michels ne fa su­bito una delle colonne della squadra. Fenomenale per ardore agoni­stico, tecnicamente abile, Nee­skens possedeva una impressio­nante progressione e tiro potente e preciso. Assieme a Cruijff fu uomo chiave dell’Ajax, con cui vinse 2 ti­toli nazionali, 2 Coppe d’Olanda, 3 Coppe dei Campioni, 1 Coppa Inter­continentale e 2 Supercoppe euro­pee, e della Nazionale olandese due volte vice-campione del mondo.

Johnny Rep risulta decisivo con il gol in apertura di Ajax-Juventus del 1973. Cresciuto nel settore giovanile dell’Ajax, fisico asciutto e potente che gli permette di primeggiare di testa, la Coppa Intercontinentale, la Coppa dei Campioni del 1973 e due titoli olandesi resteranno i suoi successi con l’Ajax. Dopo una parentesi in Spagna, tra le file del Valencia, nell’estate del 1977 Rep si trasferì in Francia al Bastia. Al suo primo anno al club còrso Rep fu eletto miglior calciatore straniero in Francia e condusse la squadra fino alla finale di Coppa UEFA, persa poi contro il PSV Eindhoven. Nel 1979 fu ingaggiato dal Saint-Étienne con cui concluse, nel 1983, la carriera di calciatore professionista dopo aver vinto un campionato nella stagione 1980-81.

Arie Haan in Italia è ricordato soprattutto per aver segnato a Zoff il famoso gol da 35 metri in Italia-Olanda 1-2 ai Mondiali argentini del 1978. Non a caso è stato soprannominato il “Bombardiere” per le fucilate che partivano dal suo piede destro. Cresce nelle giovanili dell’Ajax e debutta in prima squadra nel 1969. Nei primi tempi trova poco spazio fra i titolare perché chiuso da Nico Rijnders, ma Haan non ci mette molto a dimostrare il suo talento. Nel 1971 vince la sua prima Coppa dei campioni con l’Ajax. Haan a inizio ripresa sostituisce Swart e segna la seconda rete dei lancieri. Nella stagione 1971/72 Rijnders viene ceduto al Bruges e Haan diventa titolare inamovibile del centrocampo. Finito il ciclo Ajax emigra in Belgio nell’Anderlecht dove vince 2 Coppe UEFA. Dopo una parentesi allo Standard Liegi chiude nel 1984 con il PSV Eindhoven.

Wim Suurbier debutta già nel 1966 con l’Ajax vivendo fin dalla nascita l’intera epopea dei Lancieri. Terzino dotato di grande velocità e buona tecnica colleziona quasi 400 presenze in Eredividse prima di emigrare in Germania nel 1977/78 per un’opaca stagione nello Schalke 04. Dopo un altro anno in Francia nel Metz sbarca in America per quattro stagioni nella NASL. E’ stato una delle colonne della nazionale arancione in un arco di tempo di ben 12 anni, dal 1966 al 1978.

Ruud Krol è un altro splendido prodotto del vivaio dell’Ajax dove debutto nel 1968 e dove sarà il perno fisso della difesa fino al 1980. Elegante e morbido nei movimenti, inizia la sua carriera rivestendo il ruolo di difensore laterale sinistro, per poi occupare la posizione di difensore centrale. Alla riapertura delle frontiere italiane nel 1980 arriva al Napoli dopo una breve comparsata nel Vancouver. Per tre stagioni sarà l’idolo delle folle napoletane distinguendosi per correttezza e eleganza. Chiude nel Cannes, in Francia, nel 1986.