Erasmo Iacovone, mito rossoblù

Febbraio 1978: Una giovane vita spezzata. E con essa i sogni di una città che andavano via. In quell’incidente moriva a ventisei anni Erasmo Iacovone. Appena trentasette partite in maglia rossoblu per entrare nella storia.


Erasmo Iacovone nasce a Capracotta, 22 aprile 1952. Ha due anni quando il padre, un portalettere, decide di trasferire la famiglia a Tivoli per garantire ai figli un futuro migliore in una cittadina più grande rispetto al paese natale (all’epoca aveva circa 1.800 abitanti ora supera di poco i 1.000).

Inizia a giocare nell’Albula di Bagni di Tivoli (Albula è l’antico nome del fiume Tevere), poi nel 1971-72 passa all’OMI Roma, la squadra delle officine metalmeccaniche, nella quale militeranno alcuni giocatori poi diventati famosi in serie A come Della Martira della Fiorentina (gioca insieme allo stesso Iacovone) e Ferroni della Sampdoria (all’OMI nel 1973-74).

Con l’OMI Roma nel 1971-72 gioca 24 gare segnando 2 reti; il bomber della squadra è Loddi che avrà poi una discreta carriera giocando alcune stagioni con il Lecce in serie B. Resta nella formazione romana anche la stagione successiva poi nel novembre 1972 passa alla Triestina in serie C; solo 13 presenze senza nessuna rete all’attivo. Erasmo non riesce ad ambientarsi con la formazione giuliana e la sua carriera sembra già quasi al bivio del fallimento.

Nel 1973-74 va al Carpi in serie D e con gli emiliani ottiene la promozione in serie C. Qui l’allenatore è Guerino Siligardi mentre quello in 2a è Tommaso De Pietri, poi allenatore in seconda del Taranto nel 1976-77: sarà anche per l’insistenza dello stesso De Pietri che il Presidente Fico deciderà l’acquisto di Iacovone. Con il Carpi conquista la promozione segnando 13 reti che rappresenteranno il miglior bottino stagionale nella sua breve carriera.

Nella stagione 1974-75 passa al Mantova in C; segna 11 reti sia nella prima che nella seconda risultando sempre il miglior marcatore della formazione lombarda. Nel febbraio 1975 gioca due partite con la Nazionale di serie C, dove incontra Ciappi, Secondini, Scoppa e Gori; con quest’ultimo si ritrova nel Taranto, mentre gli altri indosseranno la casacca rossoblù in seguito. Inizia il torneo 1976-77 sempre con il Mantova segnando 4 gol nelle prime 6 gare di campionato, più altri 2 gol nella Coppa Italia di serie C, quindi arriva il trasferimento al Taranto.

Stagione 1972/73; un Iacovone ancora senza baffi con la maglia della Triestina, a sinistra l’allenatore Malavasi

Preso prima in comproprietà col Mantova e successivamente riscattato, l’operazione costa in totale circa 400 milioni di lire, un investimento considerato spropositato per l’epoca. Investimento subito ripagato all’esordio. Sul campo del Novara il Taranto è sotto di un gol. Fino quando non spiove un pallone in area. Stacco di Iacovone e per un attimo il tempo pare fermarsi. Fermo il calciatore proteso in volo verso il pallone, ferma la sfera quasi ad aspettarlo. Il Taranto pareggia mentre Taranto impara a conoscere la magia dei colpi di testa del giovane di Capracotta. Che per altre sette volte (in ventisette partite) farà gridare di gioia il popolo rossoblu di cui diventa presto l’idolo. Il Taranto conserva la serie B terminando nono il campionato di serie B 1976/1977.

Petrovic, Giovannone, Cimenti, Panizza, Dradi, Nardello, Gori, Romanzini, Iacovone, Selvaggi, Turini. Non c’è tarantino innamorato della palla che rotola che non conosca a memoria questa formazione. Quella del Taranto stagione 1977/1978. La stagione di sogni e gioia trasformati in rimpianto e dolore. Guidato da mister Rosati, il Taranto ben figura in Coppa Italia: tra le vittime di quello squadrone il Pescara che milita in serie A.

Ma è in campionato che gli undici di Rosati fanno sognare una città intera. Con l’Ascoli che fa campionato a sé, le piazze a disposizione per un campionato trionfale restano due. E il Taranto lotta per esse accarezzando quel sogno mai realizzato a quelle latitudini: la prima categoria. Il momento più bello di quella marcia trionfale alla undicesima giornata. La città è in fermento: il Taranto ospita il Bari.

In uno stadio Salinella gremito i locali sono fermi sullo zero a zero, quando i rossoblu guadagnano una punizione dal vertice destro dell’area avversaria. Traversone verso un liberissimo Iacovone, che stoppa la sfera e la pianta sull’erba dell’area di rigore. Qualche passo verso il portiere in uscita castigato con un morbido tocco da sotto. Risultato finale: Taranto 1 – Bari 0. Tre giornate dopo il Taranto è secondo a sei punti dall’Ascoli e incalzato a due lunghezze di distanza da Avellino e Lecce. Virtualmente, quindi, in serie A.

Con il Taranto 17 reti in 37 partite per passare alla storia

Sei giornate più tardi il più tremendo e doloroso degli scherzi del destino. È il 6 febbraio 1978 e il Taranto ospita la Cremonese. Iacovone si batte come un leone cercando la via del gol. Ma quando non trova Ginulfi a chiudere la saracinesca sono i legni che gli negano la gioia del gol. Dell’ultimo gol. Un amico, gestore di un ristorante, invita quella sera il giovane Erasmo a uno spettacolo di cabaret.

Sulla statale Taranto-Lecce una Alfa Romeo 2000, rubata e guidata da un certo Marcello Friuli, inseguita da una volante della Polizia, a circa 200 all’ora e a fari spenti centra in pieno la Diane 6 del giocatore che usciva da una strada secondaria dopo aver cenato in un ristorante della zona.
Il corpo del povero Iacovone sbalzato dall’abitacolo in frantumi verrà ritrovato a circa 50 metri dall’incidente.

I soccorsi saranno inutili, non le lacrime di chi lo ricorda ancora oggi: a cominciare dalla moglie Paola, che in autunno diede alla luce il loro primo ed unico figlio, che oggi è un ragazzo di oltre trent’anni con gli occhi spenti di chi non ha mai conosciuto suo padre, per colpa di una tragica fatalità. Un uomo che sembrava fatto apposta per guidare una famiglia, un futuro padre-modello: sarebbe stato bello vederlo, oggi, a giudicare i calciatori moderni tutti veline e discoteche. A lui non piaceva tutto questo, lui si fidanzò a vent’anni e non cambiò più idea. Eppure morì nel più tragico e classico dei modi, come una qualunque vittima del sabato sera.

Il giorno dei funerali una folla sterminata accompagnerà Erasmo Iacovone dalla chiesa San Roberto Bellarmino alla Salinella. È davanti a 15mila tifosi che Iacovone scende per l’ultima volta in campo. Per l’ultima volta e per sempre. In questo momento esprimo l’impegno a far intitolare al tuo nome questo stadio. Addio, Erasmo. Questa l’ultima promessa, nel commosso saluto del presidente Fico. Promessa mantenuta, legando per sempre le sorti dei rossoblu al nome di Erasmo.

Con la morte del giocatore, in quel momento capocannoniere della serie B con 9 gol (a pari merito con Pellegrini del Bari e Palanca del Catanzaro) il Taranto, lanciato forse per la prima volta verso la serie A (i rossoblù sono ad un punto dal 2° posto) vede sfumare il sogno della promozione nel massimo campionato. La classifica alla ventunesima giornata vede i rossoblù piazzati ad un punto dal seconda piazza con l’Ascoli oramai irraggiungibile in vetta alla classifica. Chiuderanno il torneo all’ottavo posto a -6 dalla terza piazza.