SERIE A 1939/40: AMBROSIANA-INTER

Con la guerra alle porte, l’Ambrosiana vince lo scudetto all’ultima giornata, battendo il Bologna a San Siro. Il Genova di Garbutt è la rivelazione, Modena e Liguria retrocedono per quoziente reti.

Riassunto del Campionato

Un evento storico: seguendo l’esempio della Nazionale, che il 20 luglio 1939 a Helsinki aveva introdotto i numeri sulle maglie dei giocatori, anche i club adottano questa novità. Ma il clima è cupo, le nuvole della guerra si addensano, il mercato è più fumo che arrosto (tanti trasferimenti, ma pochi colpi di livello). Il Bologna perde Fedullo, che torna in Uruguay, e tenta di rimpiazzarlo con un altro sudamericano, Hugo Porta: una delusione.

A sorprendere tutti è la neopromossa Venezia, che si porta al comando solitario alla quarta giornata. Il Bologna reagisce all’ottava giornata, poi inizia a dominare il campionato. Il 14 gennaio il Bologna è primo a metà stagione, il Genova lo raggiunge al primo posto alla diciannovesima, rilanciando le ambizioni del club più titolato. Nel duello rossoblù si inserisce però l’Ambrosiana, che sferra il colpo decisivo battendo la Fiorentina in trasferta il 31 marzo e raggiungendo il Bologna, che la settimana successiva cade contro la Juve a Torino.

Si arriva così allo scontro diretto tra le due contendenti a Milano il 2 giugno, ultima giornata del torneo. Per l’occasione l’Ambrosiana lascia l’Arena per San Siro, dove davanti a 40mila spettatori i nerazzurri vincono 1-0 e conquistano lo scudetto. Il quoziente reti decide ancora una volta la retrocessione, che coinvolge insieme al Modena la ex sorpresa Liguria.

Il bunker dei big al tramonto

21 gennaio 1940: Juventus-Inter 1-0. Ferraris anticipato dal portiere bianconero

Rispettando la tradizione del decennale, i nerazzurri conquistano anche lo scudetto del 1940, dopo quelli del 1910, del 1920 e del 1930. Il presidente Pozzani è fermo per il grave incidente in auto della stagione precedente, che gli ha causato una frattura e una lunga degenza. L’unica novità tra i titolari è il terzino Poli, arrivato dal Brescia. Ma la vera novità è in attacco, dove il giovane Guarnieri diventa titolare per il “piede gelato” di Meazza. Una soluzione già prevista, dopo la stagione deludente del grande “Pepp”, che gioca quasi sempre a mezzala anche nel suo club. Guarnieri è un attaccante piccolo e furbo, che con il suo rendimento notevole sarà una delle chiavi del successo della squadra, che rinuncia anche all’altra leggenda mondiale, Giovanni Ferrari, messo in panchina per l’età avanzata.

L’allenatore austriaco Anton Cargnelli, costruisce una squadra solida in difesa (già in transizione dal Metodo al Sistema) e meno variabile del solito nel gioco. L’arte è garantita dall’elegante Campatelli, nato centravanti nelle giovanili (considerato l’erede di Meazza) e poi diventato mediano per il fisico non molto robusto, e dalle sgroppate dell’ala destra occhialuta Frossi e del suo opposto sinistro Ferraris II. La sostanza è merito del veterano Demaria, che a trent’anni fa una delle sue migliori stagioni, con dodici gol, e del campione del mondo Locatelli, mediano sinistro in Nazionale, destro in nerazzurro con la stessa efficacia superba nel coprire e ripartire sulla fascia.

Il reparto arretrato è il migliore del torneo insieme a quello del Bologna: in porta c’è il gatto magico Peruchetti, difeso da Poli (con il valido aiuto di Buonocore) e Setti, coppia validissima dietro la mediana più forte del torneo, con il classico Olmi al centro e Locatelli e Campatelli ai lati. Si gioca un calcio che oscilla tra il Metodo e il Sistema: Campatelli non è solo un mastino della corsia laterale, ma anche un fine mediano d’impostazione. L’attacco si basa sulle incursioni della libellula Frossi e del velocissimo e potente Ferraris II, appoggiandosi alla bussola solida di Demaria e alla vitalità del giovane interno Candiani, mancino dal tiro spaventoso e dal grande coraggio nelle azioni offensive.

Un Sistema per risorgere

Renato Tosatti (padre di Giorgio, che morirà tragicamente con il Torino a Superga) annuncia alla seconda giornata di campionato, dopo che il Genova ha battuto il Bari per 3-0 in casa: «Il Genova ha una novità da raccontarci sulla tattica calcistica. La nostra curiosità di giornalisti indiscreti è uguale all’inquietudine che si diffonde tra le squadre che dovranno affrontare il Genova, oggi o domani».

La grande innovazione è stata introdotta da Willy Garbutt, ritornato in rossoblù due anni prima dopo una lunga assenza, che nell’estate decide di essere il primo a cambiare, schierando la squadra secondo la tattica ormai diffusa nel suo Paese: il WM o Sistema. Il punto chiave del cambiamento è il centrocampista Battistoni, formidabile difensore proveniente dal Liguria, schierato come stopper puro, mentre i centrocampisti Genta e Perazzolo fanno parte del rombo di centrocampo invece di coprire le fasce, lasciate ai terzini Marchi e Sardelli.

La squadra disorienta gli avversari, gioca bene e sembra poter ritrovare la sua antica gloria, ma due sconfitte la eliminano dalla corsa allo scudetto: il 4 febbraio 1940 uno spaventoso urto con Boffi provoca a Battistoni la rottura della gamba destra: il difensore non si riprenderà mai del tutto e qui termina la carriera. Due settimane dopo, il Genova vince 1-0 a Novara, ma i padroni di casa presentano reclamo per errore tecnico dell’arbitro Scarpi di Dolo, che ha fatto battere l’inizio del gioco in entrambi i tempi agli ospiti rossoblù. Due mesi dopo, l’8 maggio 1940, il Genova è costretto a ripetere la partita, al terzo posto dietro Ambrosiana e Bologna che stanno prendendo il largo. I rossoblù perdono 1-3 e compromettono la stagione, salutando il nuovo sogno scudetto nato sotto la Lanterna.

Dal quinto posto alla Serie B

Il miracolo sportivo della stagione precedente si spegne improvvisamente. Così rapidamente che i fan del Liguria si ritrovano a dover abbandonare il sogno del quinto posto e a retrocedere in Serie B. Come è possibile? Due motivi principali, entrambi legati ai soldi, tema sempre caldo a Genova. Prima di tutto, due pezzi da novanta, il difensore Battistoni e il centrocampista brasiliano Gabardo, vengono venduti ai rivali del Genova per rimpinguare le casse.

Poi, il protagonista della rinascita, l’allenatore Adolfo Baloncieri, se ne va arrabbiato, dopo una poco gloriosa lite con il presidente: un anno prima, l’Alessandria aveva chiesto 10 mila lire per il terzino Cassano. I dirigenti del Liguria avevano esitato e allora Baloncieri li aveva pagati di tasca sua, per poi far scendere in campo il ragazzo, con il consenso del presidente, nelle ultime sei partite. Il ragazzo si era dimostrato bravissimo e il Napoli offriva 100mila lire. A quel punto il presidente Mojo esigeva che Baloncieri restituisse le sue 100mila lire e lasciasse che la società cedesse il giocatore. Baloncieri, infuriato, reclamava la giusta ricompensa per il rischio preso in prima persona, ma non otteneva nulla e se ne andava sbattendo la porta. Mojo a sua volta cedeva il timone al direttore dell’Agip di Genova, Leonardo Siliato, mentre la squadra, indebolita in campo e in panchina (l’allenatore era Pietro Colombati, arrivato da Catania), affondava fino a perdere la A per il peggior quoziente reti.

Il mistero del piede gelato di Meazza

Il fatto che l’Ambrosiana abbia vinto lo scudetto senza la firma del grande Giuseppe Meazza sul tricolore è già di per sé sorprendente. Il campione, dopo una lunga assenza per un’operazione di appendicite, ha attraversato nel 1938-39, subito dopo il Mondiale che lo aveva consacrato come il migliore al mondo, una stagione deludente, che ha indebolito il suo rapporto con la sua squadra (così in fretta svanisce la gloria del mondo, avrebbero detto i padri latini). Nel luglio del 1939 si sposa e quando sta per iniziare il nuovo campionato, rimane fuori. Per sempre. Cosa è successo?

Il suo piede sinistro si è “congelato”, come raccontano le preoccupate cronache dell’epoca: un embolo blocca il flusso del sangue nella preziosa estremità, impedendogli di giocare. Il suo diventa un caso nazionale: vengono chiamati luminari ed esperti, per proporre soluzioni e cure che falliscono tutte. Risultato: Meazza scompare dalla scena, non gioca nemmeno una partita. Il suo problema lo risolverà solo dopo mesi il dottor Arrigoni, il vecchio medico sportivo dell’Ambrosiana, suggerendo un intervento chirurgico, da alcuni considerato “avventato”. L’operazione, eseguita dal professor Delfrise, andrà a buon fine. Ma del suo antico splendore, non se ne parlerà più. Appesantito dalla lunga inattività, nonostante i soli trent’anni, Meazza verrà ceduto dall’Ambrosiana ai “cugini” del Milano.

L’ala che fa volare

Gino Colaussi, la migliore ala sinistra italiana, ha avuto anche stagioni più brillanti, ma questo campionato ha un significato speciale per lui. La Triestina, guidata da Luis Monti, ex mediocentro passato dalla panchina al campo, non fa miracoli, se si esclude il 6-2 inflitto alla Juventus in trasferta. Ma tiene il passo, arrivando dodicesima in un torneo senza patemi e quindi positivo, per una squadra abituata a lottare per la salvezza.

I punti di forza della Triestina, per anni, sono stati i due azzurri, Pasinati, cresciuto come mediano e spostato all’ala da Pozzo, e Colaussi, entrambi campioni del mondo a Parigi nel 1938, il primo in panchina, il secondo in campo. Dopo la partenza del primo per il Milano, sul secondo grava gran parte della responsabilità offensiva per il campionato ‘39-40. Gino è basso e robusto, non si tira indietro nei duelli e sa mostrare la sua straordinaria velocità e la sua mira precisa più che potente. Un’ala di livello altissimo, capace di mettere in crisi da sola la difesa avversaria: degno successore di Orsi, che è stato forse il migliore di sempre in quel ruolo.

Nel 1939 Colaussi ha venticinque anni, è ancora al massimo della forma fisica e disputa un ottimo campionato, essendo il pilastro della Triestina, pur essendo uno dei più temuti e quindi marcati. Il riconoscimento arriva a fine stagione, quando la Juventus sborsa una cifra astronomica, 500 mila lire, per l’ala alabardata, sperando di tornare ai vertici con lui. In realtà, il calo del giocatore, nato a Gradisca d’Isonzo (Gorizia) il 4 marzo 1914, è alle porte (in bianconero qualcuno lo chiamerà “un limone spremuto”, nonostante la giovane età), ma con la maglia alabardata il suo rendimento è ancora eccellente.

L’uomo col cruccio azzurro

Aldo Boffi non ebbe la fortuna di giocare in Nazionale come avrebbe meritato per la sua abilità di attaccante. La sua qualità di cannoniere “plebeo” non c’entra, perché non è mai stata dimostrata, ma dipende solo da qualche critica legata al fatto che giocava in una squadra di media classifica. Lo si riteneva incostante, ma la sua incredibile regolarità sotto rete smentiva questa idea, così come si era sbagliato a pensare che fosse “anemico” solo per il suo fisico lungo e magro che lo faceva assomigliare al grande “Cartavelina” Sindelar.

Nel 1936, il Seregno mise all’asta quel giovane talento sprecato in Serie C. Era un tale perforatore di portieri che chiedeva 20 mila lire, una cifra esagerata che fece rinunciare il Napoli. Rimase il Milan, ma anche lui era diffidente per le voci che attribuivano la magrezza del suo corpo a una malattia; che in realtà non esisteva, ma servì a far calare le richieste del suo club. A Boffi non interessava partecipare alla manovra, né mostrare l’eleganza dei campioni, ma solo segnare gol. Dotato di un tiro improvviso e potente, il centravanti rossonero era un cecchino implacabile. Ma in azzurro trovò sulla sua strada Silvio Piola, il miglior bomber italiano di tutti i tempi. A lui deve, insieme alla guerra che gli accorciò la carriera, una presenza in Nazionale limitata a due partite.


Classifica Finale

SquadraPtiVNPGFGS
AMBROSIANA-INTER4420465623
BOLOGNA4116954423
JUVENTUS3615694540
LAZIO35121174436
GENOVA33145115647
TORINO33137104741
ROMA29117122831
MILANO28108124638
NOVARA27123152735
VENEZIA27107133446
BARI2799123346
TRIESTINA26106143843
FIORENTINA2496153748
NAPOLI2496152641
LIGURIA24710132544
MODENA2278153943
Campione d’Italia AMBROSIANA
Vincitrice Coppa Italia FIORENTINA
Retrocesse in serie B LIGURIA e MODENA
Qualificate in Coppa Europa AMBROSIANA e FIORENTINA

Classifica Marcatori

23 gol Boffi (Milano)
15 gol Guarnieri (Ambrosiana)
14 gol Puricelli (Bologna), Reguzzoni (Bologna)
13 gol Conti (Genova)
12 gol Demaria (Ambrosiana), Gabetto (Juventus)
11 gol Arcari (Genova)
10 gol Alberti (Venezia), Michelini D. (Torino), Panto (Roma), Sentimenti V. (Modena)
9 gol Banfi (Modena), Begnini (Bari), Capri (Torino), Menti R. (Fiorentina), Piola (Lazio), Pisa (Lazio), Quario (Napoli), Trevisan (Triestina)