1947/48: Napoli condannato, ma senza pena

Il club partenopeo venne spedito all’ultimo posto da un illecito anche se era già retrocesso sul campo, classificandosi quartultimo. Avrebbe comunque giocato in Serie B: e allora, appunto, quale fu la pena? La società partenopea non doveva essere penalizzata e scontare questo handicap nel campionato successivo?

L’anno solare (1948) dice che siamo quasi alle soglie della notte dei tempi. Il momento storico è quello di un’Italia in risalita socio-economica e di un calcio che serve come distrazione dal duro lavoro di ogni giorno. È un calcio che, anch’esso, si va riorganizzando. La Serie A di quel periodo, per esempio, ha un organico di venti squadre. Quella del torneo 1947-48 (che ci interessa) ne ha addirittura ventuno: una maratona incredibile di 40 turni domenicali. Data di inizio: 14 settembre 1947. Conclusione il 4 luglio 1948. Durata, quindi, di poco inferiore ai dieci mesi.

La vicenda-Napoli si colloca sul finire del campionato, esattamente il 6 giugno 1948. Quel giorno il Napoli, in pessime acque di classifica, gioca a Bologna e vince all’ultimo minuto: 1-0, rete di Krieziu. Cinque giorni dopo, l’11 giugno, parte una denuncia di corruzione da parte del Bologna. Si tratta, in pratica, del primo caso di illecito sportivo del dopoguerra. In realtà, per lo meno in quel momento, i casi erano (o sarebbero stati) diversi. Si sapeva, infatti, che gli organi inquirenti avevano raccolto voci su almeno sei o sette partite, forse anche di più, di cui almeno cinque di Serie A.

Le indagini, tuttavia, non avevano portato a nulla di concreto, serio o attendibile. C’era stata, sì, una denuncia dell’Alessandria relativa alla partita contro il Genoa e ad un presunto tentativo di corruzione dei giocatori alessandrini, ma la cosa era finita quasi in una bolla di sapone, ossia con l’inibizione a vita di un certo Mario Schigor, bresciano residente a Milano, il quale, evidentemente, aveva provato, senza riuscire, ad addomesticare qualche giocatore piemontese, e con l’ammonizione del giocatore dell’Alessandria Cesare Gallea per ritardata denuncia, pur avendo respinto le illecite proposte. Come vedete, roba di poco conto.

Non così, invece, la denuncia partita dal Bologna. Ne sono coinvolti il Napoli, il suo presidente Muscariello e il suo giocatore Luigi Ganelli. Inoltre Paolo Innocenti, detto Pippone, ex giocatore del Napoli degli anni ’30, nonché i giocatori del Bologna Bruno Arcari, Sauro Taiti e Gino Cappello, e del Napoli Carlo Barbieri.

LA VICENDA

I fatti sono abbastanza semplici. Intanto c’è da dire che Ganelli è di Codogno, come Arcari, del quale sta per diventare cognato. All’epoca, infatti, una sorella della moglie di Ganelli sta per sposare, appunto, Arcari. Il 16 maggio 1948 si gioca a Torino Italia-Inghilterra e il campionato si ferma. Ganelli approfitta della sosta e si reca prima a Bologna e poi a Codogno. Incontra Arcari e lo prega di adoperarsi presso i compagni perché giochino «senza cattiveria» allorquando, una ventina di giorni dopo, avranno di fronte il Napoli.

Qualche giorno prima della partita, il presidente del Napoli, Muscariello, e Paolo Innocenti incontrano a Bologna l’allenatore felsineo (ma austriaco) Fellsner, il dirigente Genovesi e non si sa bene quanti giocatori del Bologna. Fanno offerte concrete, ma non è possibile stabilire se e quanti giocatori vi aderiscono. Finisce come abbiamo ricordato: vince il Napoli per 1-0 con rete all’ultimo minuto di Krieziu. Il campionato consuma le sue ultimissime giornate ma, mentre evidentemente le indagini procedono, il Napoli non ce la fa. Retrocede infatti sul campo con Salernitana, Alessandria e Vicenza.

LA SENTENZA

Il processo è affidato alla Lega: presidente l’ingegnere Pedroni, componenti Bruni, Ghiorsi, Mocchetti e Pellizzaro, assistiti dal dottor Molinari. Per arrivare alla sentenza bisogna aspettare la fine di luglio. Questo il verdetto: Napoli retrocesso all’ultimo posto della classifica; per Muscariello e Innocenti (quest’ultimo qualora tesserato o socio del Napoli) inibizione a vita a ricoprire incarichi ufficiali. Squalifica a vita per Ganelli. Squalifica di tre mesi ad Arcari e di due a Taiti, Cappello e Barbieri.

Il significato della sentenza è chiaro. Muscariello, Innocenti e Ganelli colpevoli in piena regola. Idem il Napoli per la responsabilità oggettiva. Quanto agli altri, vista la squalifica abbastanza tenue, qualche dubbio forse ci fu. C’era senz’altro il ritardo della denuncia, ma non la certezza di una partecipazione «sentita» alla combine. Fra l’altro — ed è una precisazione doverosa — in quella partita Arcari e Taiti non giocarono, quindi non commisero il reato sportivo. Furono in campo, viceversa, Ganelli, Barbieri e Cappello.

C’è da osservare, comunque, un’altra cosa. Se ben guardate, potete accorgervi che il Napoli, in pratica, non fu punito. Infatti era già retrocesso sul campo, classificandosi quartultimo (le retrocessioni erano quattro su ventuno squadre). Spedirlo all’ultimo posto non significava nulla né cambiava alcunché. Il Napoli avrebbe comunque giocato in Serie B. E allora, appunto, quale fu la pena? La società partenopea non doveva essere penalizzata e scontare questo handicap nel campionato successivo?

Secondo noi, si. Invece niente. Di un provvedimento del genere non c’è alcuna traccia. Il Napoli disputò la stagione 48-49 in Serie B, classificandosi, alla fine, quinto con 45 punti alla pari con il Brescia. Piuttosto c’è un’annotazione etico-professionale e di costume che offriamo alla vostra riflessione. La «Gazzetta dello Sport» del 2 agosto 1948, nel compiere una veloce ricostruzione dei fatti, scrive in prima pagina:

«Non abbiamo pubblicato a bella posta il materiale sulle indagini raccolto fino a oggi per non intralciare il lavoro estremamente sensibile (sic!) cui la Lega doveva far fronte».

Cambiano, i tempi…

La pagina della Gazzetta dello Sport del 2 agosto 1948