NICHOLSON Bill: Mister Tottenham

Il Mister guidò gli Spurs durante i gloriosi anni 60, portandoli allo storico Double del 1961

Prima del 1961, nel ventesimo secolo, nessuna squadra inglese era riuscita a ottenere il “doublé” (campionato e F.A. Cup nello stesso anno). Gli unici precedenti risalivano all’Ottocento, quando Preston North End (1889) e Aston Villa (1897) avevano centrato l’epica impresa di bissare il successo in campionato con quello nella Coppa Nazionale. Nel 1961 l’incantesimo venne però sfatato. All’epoca tale doppietta si riteneva impossibile a causa della faticosissima stagione inglese, che impegnava le squadre in un elevato numero di partite. Guidato magistralmente in panchina dal grande Bill Nicholson, il Tottenham Hotspur del 1961 smentì tutti, portando a casa il doublé. Lo aveva promesso d’altronde, già nel 1958, la stella della squadra, Danny Blanchflower: «Il doublé verrà messo a segno. E saranno gli Spurs a realizzarlo».

Bill Nicholson ha legato tutta la sua carriera al nome Tottenham. Arrivò a White Hart Lane nel 1936 come dilettante dal suo paese natale, Scarborough nello Yorkshire. Cresciuto in una famiglia numerosa (aveva quattro sorelle e altrettanti fratelli), Bill fu l’unico figlio dei Nicholson a ottenere una borsa di studio per l’iscrizione al liceo di Scarborough. Il calcio era una passione ben radicata in lui: a undici anni faceva già parte della squadra under 14 della scuola e al liceo giocò per una piccola squadra locale, lo Scarborough Young Liberate, gestita da un dentista. Proprio quest’ultimo lo segnalò al capo degli osservatori del Tottenham, Ben Ives, che nel marzo del 1936 lo invitò a Londra per un provino. Dopo un mese gli Spurs decisero che valeva la pena tenere il diciassettenne Nicholson nelle proprie fila e lo misero nella formazione riserve, con il ruolo di terzino.

Nell’agosto del 1938 firmò il suo primo contratto da professionista («agli inizi nel Tottenham guadagnavo 2 sterline alla settimana e ne mandavo un po’ a casa, a mia madre») e il 22 ottobre debuttò in campionato contro il Blackburn Rovers, in un match di Division Two (Serie B) che gli Spurs persero 3-1. Giocò poco in quel primo anno, ma già dalla stagione successiva venne impiegato come terzino sinistro titolare. I venti di guerra presero però a spirare sempre più violenti sull’Europa e nel settembre del 1939 Hitler invase la Polonia dando di fatto avvio al secondo conflitto mondiale. Anche Nicholson fu arruolato nell’esercito. Finì nel nord dell’Inghilterra con il compito di istruttore di educazione fisica per le armate inglesi. Tornò al Tottenham solo nella primavera del 1946, dopo aver giocato in tempo di guerra alcuni tornei non ufficiali con Darlington, Manchester United, Middlesbrough, Newcastle, Suderland e Fulham. Nicholson, trasformatosi col tempo in centromediano, prima di trovare la collocazione finale come mezzala, era un giocatore solido, taciturno, non appariscente. Continuò a White Hart Lane fino al dicembre del 1955, vincendo da protagonista il titolo del 1951 e giocando una partita in Nazionale (debutto bagnato da una rete 19 secondi dopo il suo ingresso in campo contro il Portogallo).

In anticipo rispetto alla data del ritiro, Nicholson aveva già conseguito il patentino da allenatore. Il Tottenham volle tenerlo sotto la propria custodia e lo “prestò” prima alla squadra dell’Università di Cambridge («È bello lavorare con giocatori intelligenti. Capiscono le cose in fretta, però l’Intelligenza non fa di te un buon giocatore di pallone. Oxford e Cambridge avrebbero le migliori squadre del Paese se questo fosse vero. E la mentalità calcistica la cosa importante e questa non va di pari passo con le capacità accademiche. Infatti io preferisco giocatori non troppo intelligenti in generale. Significa che si concentreranno di più sul calcio»), poi alla Nazionale Under 23. Gli Spurs reputarono decisivi questi due impieghi per la preparazione di Nicholson, che nell’estate del 1958 fece parte dello staff tecnico dell’Inghilterra impegnata nei Mondiali di Svezia, e lo ingaggiarono come allenatore della prima squadra per la stagione 1958-59. Se c’era bisogno di un segnale circa i futuri successi del tecnico, il suo debutto rese abbastanza l’idea: vittoria 10-4 contro l’Everton e maggior numero di gol mai segnato in una partita della A inglese.

Il Tottenham protagonista del doublè nel 1961

Da tecnico mantenne il carattere introverso che aveva messo in mostra negli anni da calciatore, non cercò mai le luci della ribalta o le telecamere e considerava la stampa come un male da tollerare. Nonostante il vittorioso incontro d’esordio contro l’Everton, Nicholson capì che la squadra andava ricostruita. Si gettò sul mercato con l’obiettivo di costruire una formazione da titolo attorno alla stella Danny Blanchflower, con il quale all’inizio non furono tutte rose e fiori. «Quando assunsi la carica di manager degli Spurs» ricordava Nicholson «lasciai fuori squadra Danny per 3 settimane. L’obiettivo era portare tutti i giocatori allo stesso livello. Non volevo ci fossero dei favoriti». Blanchflower era una delle migliori mezzeali del periodo, molto tecnico, elegante e con la capacità di sfornare assist che tagliavano la difesa avversaria.

Attorno al leader degli Spurs, Nicholson allestì una grande squadra. Dallo Swansea prelevò per 35.000 sterline l’ala Cliff Jones; dagli Hearts per 30.000 sterline la dura e dinamica mezzala Dave Mackay, guardia del corpo di Blanchflower in mezzo al campo. Con Mackay nei dintorni, nessun avversario tentava di commettere qualche scorrettezza contro i giocatori degli Spurs. La rivoluzione venne completata con gli inserimenti del portiere scozzese Bill Brown, acquistato dal Dundee, dell’interno John White dal Falkirk, e della punta Les Alien dal Chelsea.

Tutti i tasselli erano al posto giusto per dare l’assalto al titolo. Nicholson era un manager molto intelligente dal punto di vista tattico e un motivatore di uomini, amava il gioco offensivo e il suo Tottenham fu una delle formazioni più apprezzate di quel periodo. Come rivelò in seguito, «Nel 1960 sentivo che avevo allestito una squadra pronta a fare qualcosa di buono. Non si può spiegare a parole, ma era una sensazione che avevo dentro di me». In effetti, in quella stagione il Tottenham mostrò il suo potenziale, comandando la classifica per buona parte del campionato prima di crollare nel finale, vincendo solo 3 degli ultimi 7 incontri e finendo al terzo posto staccato di due soli punti dal Burnley campione. L’anno dopo gli Spurs non mostrarono alcuna esitazione. Iniziarono il campionato con 11 vittorie di fila e non persero mai fino alla diciassettesima giornata. Rimasero in testa alla classifica fino al termine della stagione e con tre giornate di anticipo si aggiudicarono il titolo battendo lo Sheffield Wednesday 2-1 a White Hart Lane.

1967, Bill Nicholson assieme a Frank Saul, Joe Kinnear, Terry Venables e Pat Jennings

Fu una stagione da record: il Tottenham, infatti, eguagliò il primato di punti in campionato dell’Arsenal 1931 (66) e stabilì quello di vittorie con 31. Con 115 reti messe a segno in 42 partite non c’erano dubbi che fosse l’attacco il fiore all’occhiello degli Spurs. Les Alien e Bobby Smith misero insieme 50 reti, l’ala Cliff Jones ne totalizzò 15. Il Tottenham, però, non si fermò al campionato. C’era un appuntamento con la storia da non mancare. A Wembley gli Spurs si giocarono la finale di F.A. Cup contro il Leicester e si aggiudicarono il trofeo, vincendo 2-0. Era il primo doublé del ventesimo secolo. Grande merito andava ascritto ai giocatori, ma dietro di loro l’uomo che muoveva i fili era Bill Nicholson, grande stratega della panchina.

Nella stagione successiva, il manager riportò in patria il miglior bomber inglese del periodo, Jimmy Greaves. Sborsò 99.999 sterline (nuovo record britannico) al Milan, evitando così a Greaves la pressione di essere indicato come il primo uomo da 100mila sterline del calcio inglese. Il Tottenham sfiorò un altro doublé, vincendo nuovamente la F.A. Cup, ma venendo beffato in campionato dal sorprendente Ipswich diretto da Alf Ramsey, ex compagno di squadra di Nicholson a White Hart Lane. Nel 1963 Nicholson guidò il Tottenham alla conquista della Coppa delle Coppe, sconfiggendo in finale l’Atletico Madrid per 5-1, diventando il primo tecnico inglese a trionfare in una coppa europea.

Era però il canto del cigno dello squadrone del mitico doublé. Il declino di molti giocatori chiave era ormai evidente, gli Spurs persero il treno in campionato, ma ebbero altri sussulti d’orgoglio nelle Coppe. Nel 1967, battendo 2-1 il Chelsea, arrivò un’altra F.A. Cup, nel 1971 e nel 1973 due Coppe di Lega e nel 1972 la Uefa. Il rapporto fra Nicholson e diversi giocatori cominciò a deteriorarsi, non lo seguivano più come un tempo, sentiva di non avere più in pugno la squadra. La sconfitta nella finale di Coppa Uefa del 1974 segnò di fatto il suo addio al Tottenham, anche se le dimissioni ufficiali sono datate 29 agosto 1974, dopo il peggior inizio di campionato nella storia degli Spurs. Era stanco delle pretese dei giocatori che non mostravano più rispetto per la figura dell’allenatore: «I giocatori sono diventati impossibili da gestire. Mi insultano quando vengono a parlare con me. Non c’è più rispetto». Furono queste le sue ultime parole da allenatore del Tottenham.

Dopo un meritato riposo passò un anno al West Ham come capo scout e consulente speciale del tecnico Ron Greenwood, quindi nel 1976 tornò agli Spurs, richiamato dal nuovo allenatore Keith Burkinshaw ancora come consulente. Nel 1991 fu nominato presidente del club. Morì nel 2004 dopo una lunga malattia. Un busto lo ricorda a White Hart Lane. Aveva scelto di abitare in un appartamento modesto, dietro l’angolo dello stadio. Mai aveva accettato l’idea di allontanarsi, di trasferirsi in una zona più chic. Un giorno gliene chiesero il motivo. Nicholson rispose: “Perché volevo essere sicuro di non fare tardi al lavoro“.