Paolo Rossi e un inferno chiamato Milan

Pagato da Farina 6 miliardi e 130 milioni, il capocannoniere del Mundial spagnolo venne svenduto da Berlusconi solo pochi mesi dopo. Dagli allarmi dei medici alla sfortunata catena di incidenti, i due gol all’Inter resteranno l’unico lampo di una stagione da dimenticare

Scene da un matrimonio che non s’aveva da fare. Lui, lo sposo, un affermato attaccante, «el hombre del partido» al Mundial spagnolo, ormai segnato da mille battaglie. Lei, la sposa, una società di buon nome, con un blasone ancora importante da difendere, alle prese con angosciosi problemi economici. A benedire le nozze un personaggio davvero particolare, di professione presidente e agricoltore: Giussy Farina.

Quel matrimonio durò lo spazio di una stagione, per Pablito quello in maglia rossonera fu un campionato di sofferenze, quasi un inferno in compagnia del Diavolo. I due, il Milan e Rossi, si lasciarono così, senza rancore, per Pablito Milano era diventata un incubo.

L’ipotesi di un trasferimento di Rossi al Milan prese consistenza nel gennaio del 1985. Dopo quattro anni trascorsi alla Juventus Pablito non aveva più stimoli, lui con l’ambiente troppo freddo dei bianconeri non legò mai fino in fondo. Giussy Farina, che di Rossi era il padre putativo avendolo scoperto e lanciato al L.R. Vicenza, incominciò ad accarezzare l’idea del grande colpo ma evitò fino all’ultimo di contattare Boniperti. Questione di soldi, di un parametro troppo elevato per le anemiche casse milaniste, un atteggiamento, quello di Farina, che indispettì la Juve e che non facilitò certo le trattative. Dopo un’estate di continue indecisioni finalmente l’annuncio: «Anche Paolo Rossi sarà presente al raduno del Milan».

Rossi venne a costare ai rossoneri 6 miliardi e 130 milioni di vecchie lire. La Juve concesse al «nemico» Farina soltanto una piccola facilitazione, quattro miliardi e mezzo da saldare subito, il rimanente entro la stagione successiva. Era una brutta botta per una società che già annaspava con l’acqua alla gola, il presidente fingeva di non capire che ai suoi piedi si stava spalancando una voragine e invano il fido Cardillo tentò fino all’ultimo di far saltare l’operazione. Come se non bastasse il contratto prevedeva che Rossi ricevesse un ingaggio annuale di 700 milioni netti e per due stagioni.

Farina, ancora per poco, gongolava presentando il suo gioiello ai giornalisti: «Credo nell’uomo e nel giocatore. I fatti diranno se ho avuto ragione anche se fino ad oggi su Paolo ho sempre avuto ragione». I fatti invece smentiranno ben presto l’euforia (o l’incoscienza?) presidenziale.

Già le prime visite mediche fecero scattare infatti l’allarme. Il ginocchio sinistro di Pablito era fuori uso, colpa dei due menischi mancanti e della lunga inattività. I medici rossoneri, il professor Scotti e il dottor Monti, si scontrarono violentemente con Farina, minacciando di non sottoscrivere il certificato di idoneità. Intanto il preparatore atletico del Milan, il professor Sguazzero, allargava le mani sconsolato: «Chiameremo la Juve, chiameremo Trapattoni, vogliamo sapere a quali allenamenti si sottoponeva Rossi a Torino. Noi, onestamente, ci siamo trovati impreparati a risolvere i suoi problemi».

Dopo un faticoso calvario Rossi scese in campo con la maglia del Milan nel debutto di Coppa Italia, a Marassi, contro il Genoa. Era il 21 agosto del 1985 e Testoni, rude difensore rossoblù, gli rovinò sulla caviglia sinistra che cedette di schianto. Paolo sarebbe tornato in campo soltanto due mesi e mezzo dopo, il 3 novembre a San Siro contro il Pisa e il suo rientro sarà preceduto da polemiche e sussurri.

Sia il dottor Monti che il professor Sguazzero non erano per nulla convinti della sua efficienza fisica ma Farina li zittì bruscamente. Nonostante tutto, questo sarà il momento migliore di Pablito in rossonero. Battuto il Pisa con lui in squadra, il Milan pareggiò a Udine, perse di misura a Roma e pareggiò ancora (2-2) in un rocambolesco derby proprio grazie a una sua doppietta. Rossi sembrò tornare per un attimo quello del Mundial spagnolo, un gatto dalle sette vite. Ma poi il declino ricominciò inesorabile.

Le disavventure extra rossonere di Farina e la lunga guerra per la conquista del Milan condizionarono le prime settimane del 1986, poi ecco l’arrivo del salvatore della patria (rossonera). Silvio Berlusconi diventò presidente ma la squadra in campo intanto sprofondava collezionando sconfitte in serie e perdendo il treno per l’Europa. Rossi fu travolto dagli avvenimenti e venne in pratica “licenziato“. I nuovi dirigenti riuscirono a piazzarlo al Verona in cambio di Galderisi e lui, presentandosi ai tifosi scaligeri si lasciò scappare un piccolo sfogo: «Spero che Bagnoli mi utilizzi meglio di Liedholm». Ma quella con il Verona sarà soltanto l’ultima, triste e malinconica stagione di Pablito.

Fonti: Gazzetta dello Sport 1985