SERIE A 1934/35: JUVENTUS

Quinto scudetto consecutivo per la Juventus, stavolta al fotofinish precedendo l’Ambrosiana-Inter e la Fiorentina. Capocannoniere Enrique Guaita della Roma con 28 gol. Cade un’altra grande: la mitica Pro Vercelli.

Storia del Campionato

Il campionato si è ridotto a sedici squadre. Ambrosiana e Lazio hanno fatto grandi acquisti, la Juve ha rinnovato la rosa e tiene il ritmo. L’Ambrosiana è scintillante e va a scatti, la Fiorentina sale in alto e raggiunge i bianconeri al primo posto alla quarta giornata, poi li supera la settimana dopo. Dopo nove partite i viola hanno tre punti sulla Roma e quattro sulla Juve.

Ma la Juve non molla. Il 20 gennaio i gigliati subiscono la prima sconfitta (a Bologna) e la Juve si porta a due punti. Il 3 febbraio la Fiorentina è capolista a metà stagione con due punti di vantaggio sulla Juventus e tre sull’Ambrosiana. Il sorpasso avviene alla diciannovesima giornata, con la vittoria della Juve nel derby, mentre la Fiorentina pareggia a Palermo. Due partite ancora e la Juve si stacca per sfidare la sua storica rivale, l’Ambrosiana.

La volata finale è al fotofinish, con le due squadre a pari punti prima dell’ultima giornata: la Juve vince a Firenze, mentre i nerazzurri perdono nettamente (2-4) a Roma dalla Lazio. In coda alla classifica retrocede un’altra ex grande, la Pro Vercelli, da tempo distaccata, insieme al Livorno, battuto dal Torino nello scontro diretto all’ultimo respiro.

I vincitori: Juventus

La Juventus conquista il quinto scudetto di fila con grinta e determinazione. È l’ultimo atto di una stagione straordinaria, che però segna anche la fine di un ciclo vincente. La squadra bianconera non riesce a esportare il suo dominio in Europa, dove viene eliminata in semifinale di Coppa Mitropa dallo Sparta Praga. Pochi giorni dopo, una tragedia sconvolge il mondo del calcio: il 15 luglio, il presidente Edoardo Agnelli muore in un incidente aereo a Sampierdarena, insieme al pilota Ferrarin. Il Calcio Illustrato annuncia la notizia con queste parole:

«Alla vigilia di sostenere a Praga un ben arduo cimento, la Juventus è piombata nel lutto. E perito domenica il suo presidente, avv. Edoardo Agnelli, a soli 43 anni, prostrando nel duolo il sen. Giovanni Agnelli, di cui era l’unico figlio, dopo la immatura fine della sorella, avvenuta cinque anni or sono. Il fato ha dunque voluto riservare al “creatore” della Fiat, adamantina tempra di combattente, le più crudeli prove. L’avv. Agnelli era del padre il più alacre ed intelligente collaboratore, e ricopriva parecchie cariche in aziende collegate alla Fiat di cui era vicepresidente – oltre ad essere il presidente del Consiglio d’Amministrazione della “Stampa ”. Uomo colto ed audace, amava i lunghi viaggi anche non scevri di pericolo, ed è caduto vittima di un banale incidente».

La Juve ha perso con la morte di Edoardo Agnelli, un leader visionario e innovativo, che ha saputo trasmettere passione e competenza. Senza il suo apporto e la sua guida, la Juve non sarà più la stessa per molto tempo. La famiglia Agnelli si allontanerà dal club, almeno per un periodo, con effetti facilmente prevedibili. Il giorno dopo, la Juve subisce una sconfitta netta a Praga.

La Juventus celebra il suo settimo scudetto, quinto consecutivo

Si chiude così un’epoca gloriosa, sul quinto scudetto consecutivo, oscurato da più di una nube. Già prima, infatti, erano andati via dei protagonisti fondamentali. Gian Piero Combi, rimpiazzato in porta da Valinasso. Poi Carlo Carcano, esonerato per una questione personale poco edificante. Infine l’insuperabile Orsi, tornato in Argentina nella primavera del 1935, di comune accordo con la società, per evitare una chiamata alle armi a causa del clima di guerra che si stava preparando (la campagna coloniale contro l’Etiopia di Hailé Selassié).

Prima che gli eroi cedano alla fatica, arriva il capolavoro del quinto scudetto. Con una squadra che fa quasi la metà dei gol dell’anno precedente, che soffre il logorio del supplemento di impegno lasciato dai Mondiali, ma resiste fino alla fine. Con Valinasso in porta; il giovane terzino Foni, preso dalla Lazio con grande lungimiranza, a formare la coppia con Rosetta al posto del vecchio Caligaris; con Depetrini a dare una mano ogni tanto a Monti al centro della solita mediana insieme a Varglien I; con il poderoso combattente Serantoni accanto a Ferrari e in attacco Varglien II e Diena sull’ala destra (Sernagiotto è tornato in Brasile) e Cesarini a rilevare Orsi nel finale di stagione.

La rivelazione: Fiorentina

Il marchese Luigi Ridolfi è il protagonista della rinascita della Fiorentina, che la riporta in serie A nel 1931 e poi rimane nonostante le sue dimissioni come commissario straordinario, su richiesta della Federcalcio. Anche a Firenze un nuovo e splendido stadio contribuisce alla crescita della squadra. Viene costruito nell’area del vecchio Campo di Marte, su progetto del giovane architetto Pier Luigi Nervi, destinato a fama internazionale, e quella realizzazione, intitolata al caduto fascista Giovanni Berta (poi “Comunale” dopo la guerra), ne dimostra il genio.

Ridolfi ha fatto una serie di acquisti importanti, con il campione del mondo Petrone in testa, e ha colto nel segno. Ma il suo lavoro è stato più profondo, se è vero che il più grande risultato della Fiorentina, o meglio, il suo ingresso ufficiale tra le grandi del campionato, con il titolo simbolico di campione d’inverno e il terzo posto finale, arriva un anno e mezzo dopo la brusca partenza dell’asso uruguaiano.

La dirigenza ha costruito una squadra giovane che nell’estate del 1934 viene solo ritoccata, con l’arrivo del portiere Amoretti (al posto di Ballanti) e di alcune riserve: l’interno statunitense Negro (dal Catanzaro) e i difensori Piccini e Querci. Il cambio importante è in panchina, dove si opta per la via italiana con il vercellese Guido Ara, capace con quel gruppo di giovani di portare la squadra ai vertici. Davanti al sicuro Amoretti, Gazzari e Magli difendono l’area, i formidabili Pizziolo e Neri coprono le fasce e Bigogno è il centromediano. L’attacco si basa sull’agilità di Nehadoma, già protagonista in B nel Livorno, e sull’imprevedibile Gringa, con il supporto di Perazzolo e Scagliotti e il terminale nel potente Viani II.

La caduta della Pro Vercelli

Silvio Piola, ultimo grande protagonista della mitica Pro Vercelli

Si tratta di una fine epocale. Il club delle “bianche casacche” è stato uno dei protagonisti del calcio dei pionieri, imponendo il suo stile “italiano” (una bandiera contro l’uso massiccio di giocatori stranieri) in un lungo periodo esaltante del campionato, con la vittoria di sette scudetti dal 1908 al 1913, con la sola eccezione del 1910, quando persero il titolo nella finale con l’Inter schierando i ragazzi per protesta.

Il calcio della “Pro” è diventato una filosofia, un calcio fatto di grinta, agonismo ma anche intelligenza tattica, sostenuto da campioni cresciuti tutti nel fiorente vivaio locale che hanno dato vita ai primi anni della Nazionale. Poi, si sa, i tempi cambiano. Il “caso Rosetta” ha evidenziato la pretesa anacronistica dei dirigenti vercellesi (che rifiutarono un normale stipendio al giocatore sostenendo che fosse un onore… impagabile indossare le bianche casacche).

Così i talenti hanno iniziato a emigrare e la società ha dovuto privarsi dei migliori elementi per bilanciare i conti. La cessione dell’ultimo, Silvio Piola, destinato a diventare il più grande bomber italiano di tutti i tempi, coincide anche cronologicamente con il tracollo della squadra. Che nell’estate del 1934 si sbarazza del suo centravanti senza comprare nessuno. Il risultato è nel campionato di sofferenza che l’allenatore Balzaretti, e poi il vecchio eroe Leone suo successore, devono affrontare. La retrocessione si concretizza a tre turni dalla fine, quando i bianchi, battuti 0-5 a Bologna, gettano la spugna. Un pezzo importante della Serie A se ne va, sette scudetti e un contributo decisivo al progresso del calcio italiano.

Il torbido “giallo” Carcano

Carlo Carcano è stato un protagonista indiscusso del quinquennio d’oro della Juventus. Ha portato con sé il talento di Giovanni Ferrari, la sua attenzione alla psicologia del gruppo e una sintonia perfetta con i dirigenti Agnelli e Mazzonis. Tanto che Pozzo lo ha scelto come suo collaboratore per il trionfo mondiale.

Eppure, nel febbraio 1935, Carlo Carcano viene allontanato improvvisamente dalla Juventus (e sostituito dal duo Bigatto-Gola). Per «motivi personali indipendenti dalla conduzione tecnica della squadra». La verità verrà a galla con difficoltà. Si dice che la società voglia evitare lo scandalo per le preferenze sessuali dell’allenatore, di cui sarebbe stata scoperta la relazione con un giovane calciatore sudamericano.

Tanti anni dopo, un anziano Borel II confesserà a Vladimiro Caminiti: «Io non mi tolsi mai la mutanda davanti a lui». Fatto sta che Carcano scompare dalla scena. Tornerà ad allenare, prima in clandestinità e poi alla luce del sole. Conservando quella pesante ombra sulla sua carriera di grande allenatore e sui cinque scudetti vinti sul campo.

Il derby val bene una multa

Attilio Ferraris IV non è solo un campione, ma un simbolo del calcio. Il Ct azzurro Pozzo lo ha notato per caso, in una partita tra Alessandria e Roma in cui era andato a osservare un altro giocatore:

«Attilio si era spostato al centro della difesa e, nel campo fangoso, lanciava palloni lunghi e precisi in avanti, senza perdere tempo in giocate tecniche che il terreno avrebbe reso inutili o pericolose. Era quello il tipo di gioco che volevo per la mia squadra. Parlammo subito dopo la partita, lo volli con me come un dono dal cielo, e non lo lasciai più. E non me ne pentii mai».

Anche dopo averlo sostituito nel ruolo di mediano azzurro con Luis Monti, Pozzo non poteva fare a meno di quel formidabile lottatore. Così, prima dei Mondiali, andò a cercarlo a Roma, dove, aperto un bar, si era lasciato andare, fumando oltre quaranta sigarette al giorno e considerandosi ormai un “ex”.

Pozzo lo ha spronato, lui ha dato il meglio di sé, smettendo quasi di fumare e allenandosi con rigore stoico. Al Mondiale è stato fondamentale, entrando come mediano destro nella ripetizione della partita con la Spagna, dopo l’infortunio di Pizziolo, e ha mantenuto il ruolo alla grande fino alla fine.

La Roma lo aveva lasciato andare e allora – incredibile ma vero – lo ingaggia la Lazio che il nuovo presidente Eugenio Gualdi vuole portare ai vertici. I due colpi più grossi riguardano Piola e, appunto, Ferraris IV tesserato con la curiosa clausola di una salatissima penale di 25 mila lire se dovesse essere schierato nel derby.

Attilio in biancoceleste non si smentisce. La Lazio parte alla grande e Ferraris IV è un pilastro della squadra, al punto che, giunto il derby, la società paga le 25 mila lire ai “cugini” giallorossi pur di poter schierare il mediano campione del mondo. Poi, con la tragedia di Ottavio Fantoni II, divorato in venti giorni dalla setticemia dopo un colpo al naso contro il Torino, la squadra perderà terreno, finendo al quinto posto.

I gol del Corsaro Nero

I numeri lo confermano: Enrique Guaita, argentino di origine italiana e campione del mondo con la nazionale azzurra, stabilisce in questo campionato il record di gol nei tornei a sedici squadre, con 28 reti in 29 partite. È nato a Nogaya, nella periferia di Buenos Aires, il 15 luglio 1910 da genitori italiani. Si è affermato nell’Estudiantes La Plata, dove lo ha scoperto Nicola Lombardo, inviato argentino di Renato Sacerdoti, presidente della Roma, nella primavera del 1933.

Dopo un inizio difficile, si è imposto diventando l’idolo dei tifosi del Testaccio: soprannominato “Il corsaro nero”, Guaita è un’ala sinistra veloce e combattiva, dotata di una prontezza e una precisione di tiro letali. Pozzo, sfruttando la sua condizione di “oriundo”, lo ha convocato nell’avventura azzurra, facendone uno dei pilastri della squadra che ha vinto il Mondiale.

Peccato che la sua esperienza in giallorosso sia destinata a finire bruscamente. Guaita giocherà ancora in patria nel Racing (28 gol in 57 partite) e poi nell’Estudiantes, dove chiuderà nel 1939, con 45 reti in 92 partite complessive per il club di La Plata. Morirà a soli 49 anni, nel maggio 1959, stroncato da un tumore.

Classifica Finale

SquadraPtiGVNP
Juventus44301884
Ambrosiana-Inter423015123
Fiorentina39301596
Roma35301479
Lazio323013611
Bologna303011811
Napoli293010911
Alessandria293012513
Palermo293091110
Milan273081111
Triestina273011514
Brescia273010713
Sampierdarenese26309813
Torino25308913
Livorno24308814
Pro Vercelli15305520
Campione d’Italia: JUVENTUS
Retrocesse in serie B: LIVORNO e PRO VERCELLI
Qualificate in Coppa Europa: JUVENTUS, AMBROSIANA, FIORENTINA e ROMA

Classifica Marcatori

RetiCalciatore
28Guaita (Roma)
21Piola (Lazio)
18Meazza (Ambrosiana)
16Cattaneo (Alessandria)
13Borel F. (Juventus)
12Schiavio (Bologna)
11Busoni (Livorno), Rocco (Triestina), Scopelli (Roma), Viani V. (Fiorentina)
10Arcari P. (Milan), Baldi F. (Torino), Comini (Sampierdarenese), Demaria (Ambrosiana), Mian (Triestina), Moretti (Milan), Vojak (Napoli)