Il «caso» Zigoni

Il 21 novembre ’76, alla fine del primo tempo di Juve-Verona, Zigoni si accasciò a terra mentre tornava negli spogliatoi. Non rientrò in campo, ma al Verona non fu data vittoria a tavolino. Anzi, tre suoi giocatori finirono sotto inchiesta.

Negli anni settanta, affinché potesse scattare la sconfitta «a tavolino» in danno di una squadra, per responsabilità oggettiva nella menomazione di un avversario dovuta a causa estranea al gioco, era necessario che la menomazione, in modo diretto o indiretto, ma evidente, risultasse dai rapporti dell’arbitro o dei guardalinee. Quando ciò non si verificava il risultato della partita non veniva modificato dagli organi della disciplina sportiva.

In un caso, che ha fatto epoca, il giocatore che aveva accusato la menomazione era stato «denunciato» per simulazione e rinviato a giudizio dinanzi alla commissione disciplinare della lega e poi prosciolto per mancanza di prove. Il caso era quello di Gianfranco Zigoni che, alla fine del primo tempo di Juventus-Verona del 21 novembre 1976, si accasciò a terra come se fosse stato colpito da una bottiglietta, venne trasportato negli spogliatoi, non rientrò in campo e fu sostituito da Maddè. Il Verona, che al termine del primo tempo era in parità (0-0), fu sconfitto dalla Juve per 2-1 e reclamò chiedendo lo 0-2 per menomazione di Zigoni.

Il caso apparve subito molto misterioso poiché né l’arbitro Serafino di Roma né i guardalinee, Berto e Ambrosio, avevano visto qualcosa di irregolare al termine del primo tempo. L’arbitro, in particolare, aveva escluso di aver notato lancio di oggetti verso i giocatori del Verona. Il guardalinee Ambrosio, che era in coda ai giocatori, a cinque metri da Zigoni aveva precisato di non aver visto né bottigliette né oggetti lanciati verso il centravanti e di non aver trovato nulla a terra. Zigoni non presentava ferite o contusioni alla testa ma, negli spogliatoi, aveva avuto conati di vomito. La versione del colpo di bottiglietta era stata prospettata dal capitano del Verona, Sirena, e da Franzot, altro giocatore veronese.

I reclamo del Verona, il primo dicembre 1976, veniva respinto dal giudice sportivo della lega professionisti, avv. Alberto Barbè per assoluta mancanza di prove, nei rapporti degli ufficiali di gara, sull’asserita menomazione di Zigoni. Dopo aver escluso che Zigoni fosse stato menomato da un fatto estraneo al gioco, il giudice sportivo decise di trasmettere gli atti alla presidenza della lega per altri eventuali accertamenti su violazioni regolamentari. In pratica Barbè chiese un’inchiesta su Zigoni. L’inchiesta venne effettivamente effettuata dal dott. Manin Carabba, magistrato e principale collaboratore del capo dell’ufficio inchieste, dott. Corrado De Biase.

Gli accertamenti durarono oltre due mesi. Furono interrogati Zigoni, Sirena, Franzot, l’arbitro Serafino, il guardalinee Ambrosio, gli allenatori Trapattoni (Juve) e Valcareggi (Verona), i medici sociali e altri tesserati. Zigoni dichiarò al dott. Manin Carabba:

«Improvvisamente ho sentito… un colpo secco alla parte sinistra della fronte. Ricordo che ho fatto un passo o due, e poi ho sentito che le gambe non mi reggevano più; ho avvertito un giramento di testa e da allora non ho capito più nulla… »

Il capo dell’ufficio inchieste, esaminati i verbali, il 12 febbraio 1977 rinviò a giudizio Sirena e Franzot, per violazione dell’art. 1 (articolo che impone ai tesserati di mantenere sempre condotta leale e sportiva). Contestava ai due giocatori di aver attribuito l’abbandono di Zigoni al lancio di una bottiglietta sulla testa ed era arrivato a tale conclusione partendo dal fatto che i due non avevano detto nulla all’arbitro e solo durante l’inchiesta avevano parlato della bottiglietta misteriosa. Anche Zigoni venne rinviato a giudizio per aver suffragato la tesi di Franzot e Sirena, mentre, secondo l’accusa, era stato probabilmente colto da un malore.

Zigoni, Sirena e Franzot vennero poi giudicati dalla commissione disciplinare della lega professionisti (presidente Fuhrmann) e prosciolti con formula piena il 25 marzo 1977. Nella motivazione della sentenza venne chiarito che parlando della bottiglietta, Zigoni, presumibilmente colto da malore, aveva fornito una semplice spiegazione soggettiva. Quanto a Sirena e a Franzot la motivazione precisò che essi non avrebbero dovuto, in ogni caso, riferire all’arbitro la faccenda della bottiglietta. In conclusione: non fu punita la Juve con lo 0-2 poiché al giudice sportivo mancarono nel modo più assoluto le prove della menomazione accusata da Zigoni; e non furono puniti nemmeno Zigoni ed i suoi due compagni poiché alla commissione disciplinare mancarono nel modo più assoluto le prove della simulazione.