Tunisia 1978: quando le Aquile spiccarono il volo

Sotto la guida dell’allenatore Abdelmajid Chetali, la squadra sorprese tutti battendo il Messico e pareggiando con la Germania Ovest, segnando un punto di svolta per il calcio africano.

Mentre le grandi potenze calcistiche si preparavano per i Mondiali del 1978 in Argentina, una piccola nazione nordafricana si apprestava a sfidare ogni pronostico e a riscrivere la storia del calcio internazionale. La Tunisia, un paese giovane con soli 22 anni di indipendenza alle spalle, si era qualificata per la prima volta alla Coppa del Mondo dopo anni di tentativi falliti. Nessuno avrebbe scommesso su questa squadra, considerata a malapena una comparsa nel grande teatro del calcio mondiale. Ma le Aquile di Cartagine erano pronte a spiccare il volo più alto della loro storia.

I primi segnali del cambiamento avvennero nel febbraio del 1975, quando la Federcalcio locale designò allenatore della squadra nazionale Abdelmajid Chetali, ex centrocampista e vero e proprio idolo del calcio tunisino. Questa mossa si sarebbe rivelata il catalizzatore di una vera e propria rivoluzione calcistica.

Il mastro architetto

Chetali non era un allenatore qualunque. Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, aveva trascorso due anni in Germania Occidentale, studiando alla rinomata Accademia di Colonia sotto la guida di Hennes Weisweiler, uno dei tecnici più rispettati del calcio tedesco. Un’esperienza che lo aveva messo in contatto con i concetti tattici più all’avanguardia del calcio europeo.

Il nuovo allenatore portò con sé una filosofia di gioco moderna e un’etica del lavoro rigorosa. Non era un disciplinatore inflessibile, ma sapeva valorizzare l’impegno collettivo senza soffocare il talento individuale. Questa combinazione di disciplina tattica e libertà creativa si sarebbe rivelata la chiave del successo della Tunisia.

La strada verso l’Argentina

Il percorso di qualificazione ai Mondiali del 1978 fu un’epica odissea per la Tunisia. La squadra dovette affrontare dieci partite in un anno, tra dicembre 1976 e dicembre 1977, passando attraverso tre turni a eliminazione diretta e un triangolare finale. Il tutto mentre si giocavano anche le qualificazioni per la Coppa d’Africa 1978.

Il cammino fu costellato di sfide contro rivali storici: Marocco, Algeria ed Egitto. Ogni partita era carica di tensione e significato che andava ben oltre il semplice risultato sportivo. La Tunisia superò il Marocco ai rigori, sconfisse l’Algeria e, in una drammatica finale contro l’Egitto, si impose con un roboante 4-1 che fece esplodere di gioia l’intero paese.

I protagonisti dell’impresa

La squadra che Chetali portò in Argentina era un mix affascinante di talento, grinta e tattica. In porta, Mokhtar Naili si rivelò una scelta azzeccata. Dotato di ottimi riflessi e di una buona lettura del gioco, Naili compensava la sua relativa inesperienza con un’innata capacità di posizionamento e una notevole sicurezza nelle uscite.

La linea difensiva era imperniata sulla coppia centrale formata da Amor Jebali e Mohsen Labidi. Jebali, nonostante la giovane età, mostrava una maturità tattica sorprendente, abbinata a un’ottima capacità di anticipo. Labidi, più fisico, era abile nel gioco aereo e nei contrasti. I terzini, Mokhtar Dhouieb e Ali Kaabi, erano giocatori moderni, capaci di spingere sulle fasce e di supportare la manovra offensiva.

Il centrocampo era il vero punto di forza della squadra. Néjib Ghommidh agiva da regista arretrato, con compiti di impostazione e di equilibrio tattico. Hamadi Agrebi e Tarak Dhiab formavano una coppia di interni complementari: Agrebi, più fisico e dotato di un tiro potente, si inseriva spesso in area avversaria, mentre Dhiab era il creatore di gioco, dotato di un’eccellente visione e di una tecnica raffinata.

In attacco, il capitano Témime Lahzami era il fulcro del gioco offensivo. Pur nominalmente schierato come ala destra, Lahzami aveva libertà di movimento su tutto il fronte d’attacco, agendo spesso da trequartista. La sua capacità di creare superiorità numerica e di fornire assist era fondamentale per il gioco della squadra.

Come prima punta agiva Mohamed Akid, un attaccante mobile e opportunista, bravo a sfruttare gli spazi creati dai movimenti dei compagni.

Tatticamente, la Tunisia adottava un 4-3-3 fluido che poteva trasformarsi in un 4-5-1 in fase difensiva. La squadra era abile nel pressing alto e nelle ripartenze veloci, sfruttando la tecnica dei suoi centrocampisti e la velocità degli esterni.

Il debutto da sogno

Naili sventa un’acrobazia del messicano Rangel

Il 2 giugno 1978, allo stadio Gigante de Arroyito di Rosario, la Tunisia fece il suo esordio mondiale contro il Messico. Nessuno dava molte chance agli africani, considerati gli outsider del torneo. Ma quello che accadde nei 90 minuti successivi avrebbe fatto ricredere anche i più scettici.

Fin dai primi minuti, le Aquile di Cartagine dimostrarono di non essere lì per fare da comparsa. Con un gioco rapido e tecnico, sorpresero i messicani e il pubblico presente. Al 7°, il giovane difensore Amor Jebali fece tremare la porta avversaria con un tiro dalla distanza che il portiere messicano José Reyes deviò con difficoltà.

Il Messico, pur favorito, faticava a trovare spazi nella solida difesa tunisina. Il portiere Naili, preferito all’ultimo momento al più esperto Attouga, si dimostrava sicuro nelle uscite e preciso nelle parate. La Tunisia continuava a spingere, con Agrebi e Témime che creavano costanti pericoli sulla fascia destra.

Tuttavia, proprio quando sembrava che il primo tempo si sarebbe chiuso in parità, accadde l’imprevisto. Nei minuti di recupero, l’arbitro scozzese John Gordon fischiò un rigore per il Messico per un fallo di mano di Jebali. Arturo Vázquez Ayala non sbagliò dal dischetto, mandando le squadre negli spogliatoi con i centroamericani in vantaggio.

L’intervallo deve essere stato incandescente nello spogliatoio tunisino. Chetali, con la sua proverbiale calma, riuscì a trasmettere fiducia ai suoi ragazzi. “Abbiamo dimostrato di poter giocare alla pari. Ora usciamo e dimostriamo al mondo chi siamo“, furono probabilmente le sue parole.

E la reazione non si fece attendere. Al 55°, una splendida azione corale portò al pareggio: Agrebi si involò sulla destra, scambiò con Tarak e crossò per Kaabi. Il terzino sinistro, con grande freddezza, controllò e girò in rete di destro. Lo stadio esplose in un boato di stupore e ammirazione.

La rete del 2-1 di Ghommidh

Il gol galvanizzò ulteriormente la Tunisia, che iniziò a giocare con ancora maggiore convinzione. Il Messico sembrava aver perso la bussola, incapace di contenere le rapide ripartenze africane. Al 79°, arrivò il momento che avrebbe fatto la storia: Témime orchestrò l’azione dalla trequarti, servendo Tarak che con un tocco geniale liberò Ghommidh. Il centrocampista, con un delizioso pallonetto, superò Reyes in uscita, portando in vantaggio la Tunisia.

L’incredulità si mescolava all’euforia sugli spalti e in campo. Ma le Aquile di Cartagine non erano sazie. All’87°, il colpo del definitivo ko: Témime battè rapidamente una rimessa laterale, la palla arrivò a Ghommidh che con un lancio millimetrico trovò l’inserimento del terzino destro Dhouieb. Il suo tiro potente e preciso si infilò alle spalle di Reyes, facendo esplodere la gioia sulla panchina tunisina.

Il triplice fischio dell’arbitro sancì non solo la vittoria per 3-1 della Tunisia, ma un momento storico per il calcio africano. Per la prima volta, una squadra del continente nero vinceva una partita ai Mondiali, e lo faceva con una prestazione convincente e spettacolare.

Sfiorando l’impresa

Naili sventa un tentativo di Szarmach

L’entusiasmo per la vittoria contro il Messico era alle stelle, ma il cammino della Tunisia era appena iniziato. Il secondo match li vedeva opposti alla Polonia, terza classificata quattro anni prima in Germania Ovest, la squadra polacca rappresentava un test impegnativo per valutare se il successo della Tunisia fosse stato un caso isolato o l’inizio di qualcosa di più grande.

Il tecnico Abdelmajid Chetali, consapevole della forza dell’avversario, apportò alcune modifiche tattiche. Il difensore Khaled Gasmi, recuperato dall’infortunio, fu schierato in una posizione ibrida tra difesa e centrocampo, con il compito di rafforzare la mediana e dare più libertà al trio creativo composto da Agrebi, Tarak e Ghommidh.

Fin dai primi minuti, la partita si rivelò intensa e combattuta. La Tunisia, lungi dall’essere intimorita, iniziò con lo stesso spirito propositivo mostrato contro il Messico. Le triangolazioni veloci sulle fasce mettevano in difficoltà la difesa polacca, con Tomaszewski costretto agli straordinari per respingere i cross insidiosi che piovevano nella sua area.

La Polonia, tuttavia, dimostrava la sua classe con rapide ripartenze. All’11°, il portiere tunisino Naili si superò con una parata strepitosa su una conclusione ravvicinata di Kasperczak, confermando l’ottimo stato di forma mostrato all’esordio.

Il match proseguì su ritmi elevati, con continui capovolgimenti di fronte. La Tunisia stupiva per la sua capacità di tenere testa a una delle migliori squadre del mondo, giocando alla pari e creando occasioni pericolose. Al 36°, Ghommidh sfiorò il vantaggio con un tiro dalla distanza che mise alla prova i riflessi di Tomaszewski.

Tuttavia, come spesso accade nel calcio, fu un episodio a cambiare il corso della partita. A soli tre minuti dall’intervallo, un’incomprensione nella difesa tunisina permise a Lato di anticipare Kaabi e insaccare il pallone alle spalle di Naili. Il gol, giunto in un momento psicologicamente delicato, fu un duro colpo per le Aquile di Cartagine.

Nonostante lo svantaggio, la Tunisia rientrò in campo per il secondo tempo con rinnovata determinazione. Chetali, dalla panchina, incitava i suoi a non perdere la fiducia e a continuare a giocare il loro calcio. La risposta fu immediata: gli africani alzarono il baricentro, pressando con maggiore intensità e cercando con insistenza il pareggio.

La Polonia, forse sorpresa dalla reazione veemente degli avversari, si trovò in difficoltà. La difesa polacca vacillava sotto i colpi delle incursioni tunisine, con Lahzami che sembrava essere ovunque sul campo, creando superiorità numerica e occasioni da gol.

Il culmine di questa pressione arrivò negli ultimi 15 minuti di gioco. La Tunisia, spinta dal pubblico di Rosario che ormai tifava apertamente per loro, assediò letteralmente l’area polacca. Al 78°, un cross di Kaabi trovò Agrebi smarcato in area, ma il suo colpo di testa sfiorò il palo. Pochi minuti dopo, fu Tarak a mancare di poco il bersaglio con un tiro a giro che fece trattenere il respiro a tutto lo stadio.

L’occasione più clamorosa arrivò all’85°: dopo una mischia in area, la palla carambolo sui piedi di Témime che, a due passi dalla porta, calciò incredibilmente alto. Lo stadio intero si portò le mani alla testa, incredulo per l’opportunità sprecata.

Nonostante gli sforzi generosi e il dominio territoriale nel finale, il risultato non cambiò. La Polonia riuscì a difendere il vantaggio, portando a casa una vittoria sofferta per 1-0. Il triplice fischio fu accolto da un misto di delusione e orgoglio da parte dei giocatori tunisini, consapevoli di aver sfiorato un’altra impresa storica.

Testa a testa con i campioni

Un tentativo del tedesco Klaus Fischer

L’ultimo match del girone vedeva la Tunisia affrontare nientemeno che la Germania Ovest, campione del mondo in carica. Una sfida che sulla carta sembrava impossibile, ma che sul campo si rivelò tutt’altro che scontata.

La Tunisia aveva bisogno di una vittoria per sperare nella qualificazione, mentre alla Germania bastava un pareggio. Tuttavia, nessuno si aspettava che i tedeschi scendessero in campo per accontentarsi.

Chetali mantenne l’assetto tattico che aveva ben figurato contro la Polonia. Nonostante le condizioni fisiche non ottimali del capitano Lahzami, afflitto da una distensione addominale, il fuoriclasse tunisino era determinato a guidare i suoi compagni in questa sfida epica.

Fin dal fischio d’inizio, fu chiaro che la partita non avrebbe seguito il copione che molti si aspettavano. La Tunisia non si chiuse in difesa, ma cercò di giocare a viso aperto, pressando alto e cercando di imporre il proprio gioco. La Germania, forse sorpresa da questo approccio aggressivo, faticava a trovare i suoi soliti ritmi.

Il primo tempo fu caratterizzato da un intenso duello tattico. La Germania cercava di sfruttare la sua superiore fisicità, con lanci lunghi verso gli attaccanti e tiri dalla distanza. La difesa tunisina, però, si dimostrava attenta e ben organizzata. Il portiere Naili si confermava una sicurezza, con interventi precisi e tempestivi che infondevano fiducia a tutta la squadra.

La Tunisia, dal canto suo, non rinunciava a ripartire. Le incursioni di Dhiab e Ghommidh creavano più di un grattacapo alla difesa tedesca. Al 37°, dopo un corner, Agrebi sfiorò il vantaggio con un potente tiro dalla distanza che Maier deviò con difficoltà.

Il secondo tempo si aprì con la Germania più determinata. I campioni in carica alzarono il ritmo, cercando di schiacciare la Tunisia nella propria metà campo. Tuttavia, la squadra di Chetali non si scompose e con una disciplina tattica impressionante riuscì a chiudere tutti gli spazi, costringendo i tedeschi a soluzioni affrettate e poco precise.

Man mano che i minuti passavano, la tensione sul campo aumentava. La Germania, frustrata dall’incapacità di sfondare, iniziò a mostrare segni di nervosismo. La Tunisia, dal canto suo, sembrava crescere in fiducia e sicurezza.

Maier sventa un attacco della Tunisia

Intorno al 70°, ci fu un momento che avrebbe potuto cambiare la storia della partita. Su un rapido contropiede, Lahzami si trovò a tu per tu con Maier. Il capitano tunisino, nonostante il dolore che lo attanagliava, riuscì a superare il portiere con un tocco delicato, ma il pallone sfiorò il palo e terminò sul fondo. Lo stadio trattenne il respiro, consapevole di aver assistito a un’occasione d’oro sfumata per un soffio.

Negli ultimi venti minuti, la partita divenne ancora più intensa. La Germania gettò tutte le sue forze in avanti, cercando disperatamente il gol della vittoria. La difesa tunisina, guidata dall’indomito Amor Jebali, resisteva con le unghie e con i denti. Ogni intervento, ogni anticipo, ogni rinvio erano accolti come una vittoria dal pubblico di Córdoba.

Al fischio finale, il tabellone segnava ancora 0-0. Un risultato che pochi avrebbero pronosticato all’inizio della partita. La Tunisia non era riuscita a qualificarsi per il turno successivo, ma aveva compiuto un’impresa straordinaria: aveva tenuto testa ai campioni del mondo, guadagnandosi il rispetto e l’ammirazione di tutto il mondo del calcio.

I giocatori tunisini, esausti ma orgogliosi, si abbracciarono al centro del campo. Chetali, solitamente composto, non riuscì a trattenere le lacrime. Il pubblico argentino tributò una standing ovation a questa squadra che aveva dimostrato che nel calcio, con coraggio e determinazione, nulla è impossibile.

Questo pareggio, più di ogni altra cosa, segnò il vero punto di svolta per il calcio africano. La Tunisia aveva dimostrato che le squadre del continente non erano più semplici comparse sul palcoscenico mondiale, ma potevano competere alla pari con le grandi potenze calcistiche.

L’eredità di un’impresa

La campagna della Tunisia ai Mondiali del 1978 fu molto più di una semplice partecipazione. Fu un momento di svolta per il calcio africano, un punto di non ritorno che dimostrò al mondo che le squadre del continente nero potevano competere ad armi pari con le grandi potenze calcistiche.

Nonostante il successo immediato, il calcio tunisino faticò a capitalizzare su questa impresa nei anni successivi. La squadra mancò la qualificazione ai Mondiali del 1982 e attraversò un periodo di risultati altalenanti nelle competizioni continentali.

Tuttavia, il seme piantato nel 1978 avrebbe dato i suoi frutti nel lungo periodo. La Tunisia sarebbe tornata ai Mondiali nel 1998, inaugurando un periodo di maggiore regolarità nelle qualificazioni alla massima competizione calcistica, dimostrando di essere ormai stabilmente tra le potenze calcistiche del continente.