MAZZOLA Valentino: l’uomo simbolo del Grande Torino

«Ancora adesso, se debbo pensare al calciatore più utile ad una squadra, a quello da ingaggiare assolutamente, non penso a Pelé, a Di Stefano, a Cruijff, a Platini, a Maradona: o meglio, penso anche a loro, ma dopo avere pensato a Mazzola»
Giampiero Boniperti

Calciatore dotato di una incredibile completezza a livello di tecnica individuale, stacco di testa poderoso, vero e proprio direttore dorchestra in campo oltre che goleador di razza. Giocò interno sinistro, esempio della mezzala perfetta dellepoca e si sposò a meraviglia con lallora schema di gioco del Torino, il sistema, inventato da Borel e Roberto Copernico dirigenti dellarea tecnica di allora. Valentino era un vero e proprio leader, un punto di riferimento per i compagni in campo e fuori dal rettangolo verde. Quando Oreste Bolmida, il mitico trombettiere del Filadelfia, suonava la carica, lui si rimboccava le maniche e non ce nera più per nessuno. Partiva il mitico Quarto dora Granata durante il quale il Grande Torino si mangiava gli avversari e Capitan Valentino era il suo condottiero.

Valentino Mazzola nasce a Cassano d’Adda il 26 gennaio 1919. Le sue origini sono umilissime. Suo padre lavora come manovale in unimpresa edile e viene a mancare quando Valentino ha 10 anni. Questo tristissimo accadimento, oltre a segnarlo profondamente, costringe il ragazzo a lasciare la scuola in quinta elementare ed a mettersi a lavorare per aiutare la famiglia composta dalla madre e dai suoi quattro fratelli. La prima squadra di Mazzola é quella della città in cui é nato: il Gruppo Sportivo Carlo Tresoldi di Cassano d’Adda. Nella Tresoldi inizia a giocare a 14 anni disputando il campionato ragazzi nella stagione sportiva 1933-1934. Conquistò poi la Serie C nellAlfa Romeo di Milano nel 1938-39.

Negli anni in cui il mostro della seconda guerra mondiale si palesa in tutta la sua crudeltà, nel 1939, il giovane Valentino passa al Venezia, compagine di serie A, anche se di modesta caratura. In brevissimo tempo il suo temperamento e la sua classe si manifestano completamente. Gioca da mezzala sinistra, ma di fatto un giocatore universale, a tutto campo, capace di ricoprire qualsiasi ruolo. E proprio nel periodo lagunare che incontra Ezio Loik, ala destra, che insieme a lui costituirà la mitica e indimenticabile coppia di assi del Grande Torino. Gli anni veneti si rivelano soddisfacenti: nel 1941 arriva la Coppa Italia, nel 1942 il terzo posto in campionato, ma il bello per Mazzola doveva ancora arrivare.

Il Venezia 1941/42 con la coppia d’oro Mazzola-Loik

Il talento di Mazzola non passa inosservato al commissario unico della nazionale, Vittorio Pozzo, che lo vuole a tutti costi in maglia azzurra. Valentino difende per la prima volta il tricolore il 5 aprile del 1942, in pieno conflitto mondiale, in un momento in cui la patria significa realmente tutto, e ci si sente fieri di poterla onorare, anche solamente per una partita di calcio. L’Italia sconfigge la Croazia per 4 reti a zero, Valentino non segna, ma sa comunque mettersi in bella mostra. Il primo gol azzurro non tarda a giungere: solo due settimane dopo, il 19 aprile, Mazzola realizza una delle 4 reti in occasione di Italia-Spagna, conclusasi per 4 a zero in favore degli azzurri.

Ferruccio Novo, il Presidentissimo del futuro Grande Torino decide di acquistare Mazzola e Loik in blocco proprio dopo che con le loro giocate fanno perdere ai granata il tricolore nella stagione 1941-42. Il 31 maggio del 1942 a Venezia si gioca l’ultima giornata. E’ l’epilogo di un testa a testa micidiale con la Roma ma il Torino viene raggiunto e superato dalla compagine veneta (Venezia – Torino 2-1) sancendo la vittoria del primo scudetto giallorosso. Novo scende negli spogliatoi e conclude l’affare: Valentino Mazzola ed Ezio Loik passano al Toro per la cifra di un milione e duecentomila lire più Walter Petron e Raoul Mezzadra, giocatore di origini romene. Novo soffia i due campioni proprio alla Juventus del presidente Dusia che pareva essere nettamente in vantaggio nell’operazione di mercato.

Valentino esordisce in maglia granata il 4 ottobre 1942 (Inter – Torino 1-0), mentre il suo primo gol lo realizza in un derby: Juventus – Torino 2-5 del 18 ottobre 1942 e risulta decisivo per la conquista dello scudetto nella stagione 1942-43, il primo del Grande Torino. Oltre a mettere a segno 11 reti segna quella decisiva nella vittoria sul Bari dell’ultima giornata di Campionato (Bari – Torino 0-1), un gol che fa vincere la partita consegnando il tricolore, il secondo della sua storia, ai granata. La squadra che di li a poco sarebbe diventata mitica e leggendaria, oltre ad avere Valentino Mazzola come punta di diamante, forma un attacco da sogno proprio con il suo gemello Loik, con il bomber ex Juve Guglielmo Gabetto, il vercellese Pietro Ferraris II e Franco Ossola. A condire la splendida stagione arriva anche la Coppa Italia dove in finale c’é proprio l’ex squadra di Valentino, il Venezia, regolato con un rotondo 4-0.

Valentino in maglia azzurra

Nel 1943 il campionato regolare si ferma per la guerra e la federazione dà vita, nel 1944 ad un “Campionato di guerra” dove il Torino si classifica primo nel girone eliminatorio piemontese e secondo assoluto nel girone finale, dietro ai Vigili del Fuoco La Spezia. Valentino disputa tutto il Campionato di guerra, dove realizza 21 reti, secondo solo tra i cannonieri granata a Silvio Piola che gioca con il Toro questa particolare manifestazione e segna ben 31 reti.

Al termine del periodo bellico, sul finire del 1945, riprende anche il Campionato di Serie A oltre che la normale vita degli italiani, liberati dal giogo del regime fascista. Il Torino getta così ulterior- mente le basi per diventare “Grande”. Arrivano in granata Valerio Bacigalupo, Mario Rigamonti, Aldo Ballarin ed Eusebio Castigliano. Non c’è storia e in campionato il tricolore è ancora granata. Mazzola va a segno 16 volte continuando a disegnare calcio e diventando sempre più leader in campo, trascinatore, uomo simbolo di quel fantastico collettivo. Nel 1946 si separa dalla moglie, la signora Emilia e, dopo aver ottenuto in Romania l’annullamento del matrimonio si sposa in seconde nozze con la signora Giuseppina. Un vero e proprio scandalo per la società dell’epoca. Valentino ottiene in affidamento il figlio Sandro, che diverrà poi anch’egli calciatore e grande campione.

La stagione migliore Valentino la vive nel 1946-47 dove realizza caterve di gol, addirittura 29 stravincendo il titolo di capocannoniere del campionato. Il Toro diventò per tutti il Grande Torino e la stagione successiva arriva il quarto titolo consecutivo con i granata che mettono a segno addirittura 125 gol, record imbattuto ancor oggi. Ultimo anno del Grande Torino, l’ultima stagione prima dell’immane tragedia di Superga. Proprio Valentino inizia ad essere al centro di voci di mercato che lo vogliono di rientro a Milano, all’Inter, per chiudere la carriera nella sua terra. Valentino riflette a lungo su questa opportunità, ma decide di restare in granata un’altra stagione.

E’ proprio lui poi, a prendere la decisione di organizzare insieme al portoghese Ferreira un’amichevole per l’addio al calcio del campione lusitano, che a sua volta vuole fortemente sfidare con il suo Benfica il Grande Torino, la cui fama ormai passa i confini nazionali. Ovunque si perpetuava il mito di una compagine davvero imbattibile, ovunque si parlava di quel gruppo straordinario di campioni, una vera e propria macchina da gol, assolutamente inarrestabile. Viene concordata la data del 3 maggio 1949 a Lisbona. La squadra nel frattempo non domina il campionato come gli anni precedenti, ma guida la classifica abbastanza tranquillamente ed arriva il quinto titolo.

L’ultima presenza in Campionato di Valentino Mazzola con il Toro è datata 24 aprile 1949 (Bari – Torino 1-1), dove segna anche il suo ultimo gol in maglia granata. Il resto è storia: il 4 maggio 1949 l’aereo che riporta il mitico Toro a casa dopo l’amichevole in Portogallo si schianta sulla collina di Superga, stroncando delle giovani vite e infrangendo il sogno di milioni di tifosi. Valentino avrebbe potuto dare ancora tanto al calcio e alla vita, ma in trent’anni di esistenza è riuscito comunque a lasciare un ricordo indelebile nei cuori di milioni di tifosi. Schivo nella vita, esplosivo in campo, rimane per tutti un esempio e un campione indimenticabile.