Verona – Milan: Guerre «Stellari»

Quel fatale maggio del ’73. Ogni volta che il Milan deve giocare a Verona, si riapre una sanguinante ferita nel cuore del rossoneri. Nove volte campione d’Italia, il Milan non riuscì a fare dieci: e mai come in quel giorno arrivò tanto vicino al sospirato traguardo.

Dunque: il Milan era appena uscito da un periodo a dir poco travagliato, uno dei più agitati di tutta la sua centenaria storia (e non poteva certo immaginare che il peggio era ancora di là da venire…). Carraro, due anni prima, si era dimesso, per dedicarsi anima e corpo a quella escalation che dovrà portarlo alla presidenza federale eppoi al vertice del CONI. Gli era succeduto la meteora Sordillo, poi si era impadronito della massima carica societaria Albino Buticchi, petroliere spezzino, ricchissimo e ambizioso, personaggio nuovo per le scene calcistiche italiane, che non suscitava, per la verità, troppe simpatie attorno alla sua persona, per certi aspetti molto chiacchierata.

Comunque, un’accorta campagna acquisti (arrivarono Bigon, Sabadini e Sogliano) aveva consolidato la squadra, e soltanto una discussa sconfitta a Cagliari, per 2 a 1 con un rigore decretato da Michelotti e ferocemente contestato da Rivera, tagliò fuori il Milan dalla lotta il titolo, poi appannaggio della Juventus. Rivera (ricordate? aveva detto…semplicemente: «E’ il terzo campionato che ci portano via e fino a che ci sarà Campanati sarà sempre così») fu squalificato per due mesi e mezzo, la squadra ne risentì, e rimandò all’anno dopo la conquista del decimo scudetto, quello della «stella».

E siamo al campionato più incredibilmente perduto non solo dal Milan, ma, penso, da qualsiasi squadra italiana di tutti i tempi. Buticchi, all’inizio della stagione 1972/73, aveva fatto un colpo posso: aveva prelevato (per ben 300 milioni di lire dell’epoca) «Cavallo Pazzo» Luciano Chiarugi, che ormai a Firenze, dove era stato uno dei protagonisti dello scudetto vinto da Bruno Pesaola; aveva fatto il suo tempo. A Milano, Chiarugi trovò in Nereo Rocco, allenatore e santone dei rossoneri, una specie di padre che lo ricostruì moralmente e fisicamente. E difatti Chiarugi divenne la punta di diamante di un Milan bello e ruggente che aveva tuttavia nell’eterno Gianni Rivera il suo faro, l’uomo guida, ed anche l’inatteso cannoniere. Rivera, infatti, quell’anno vinse la classifica dei «piedi d’oro» con ben 17 gol, alla pari con Beppe Savoldi (Bologna) e Paolino Pulici (Torino), due specialisti nel fulminare le reti avversarie.

Un violento scossone alla classifica del Milan lo aveva comunque provocato, al solito, proprio Giannino Rivera. Il quale, dopo una burrascosa partita a Roma contro la Lazio, nel corso della quale Lo Bello annullò un gol, invece regolarissimo, a Chiarugi, se ne uscì con un’altra delle sue famose invettive. Arrivò a dichiarare che Lo Bello durante un brindisi, aveva minacciato di spaccargli la testa con una coppa di champagne… Ovviamente si beccò la solita squalifica, quattro giornate poi ridotte a due dalla CAF. Ma il Milan, quell’anno, era talmente forte da superare ogni contrarietà: e continuò nella sua splendida galoppata trionfale, nonostante l’accanita opposizione della Juve campione in carica e della sorprendente, e neopromossa, Lazio di Tommaso Maestrelli.

Si arriva così alle ultime battute di una stagione affascinante come poche. Mercoledì 16 maggio il Milan deve battersi, a Salonicco, con gli inglesi del Leeds, per la finalissima della Coppa delle Coppe. Gli spetta il vantaggio di posticipare l’ultima partita di campionato, in programma soltanto quattro giorni più tardi, domenica 20 maggio, a Verona. Senonché la Federcalcio non è troppo entusiasta né disposta a concedere questo vantaggio, ripeto del tutto legittimo e dovuto al Milan, perché dovrebbe rimandare anche le partite della Juve, che deve giocare all’Olimpico contro la Roma, e della Lazio, attesa in casa del Napoli. Infatti, la classifica alla vigilia dell’ultimo turno è la seguente: Milan punti 44, Juventus e Lazio 43. Ovvio che il Milan, giocando, da solo, il martedì o il mercoledì successivo al 20 maggio, godrebbe del vantaggio di conoscere in anticipo i risultati delle due avversarie dirette che ancora possono sperare di strappargli quel titolo che sente già suo.

Con incredibile leggerezza, Buticchi e Rocco (pare dopo accese discussioni, sull’esatto tenore delle quali non si è mai saputa la verità, palleggiandosi a lungo la colpa della fatale decisione), compiono il bel gesto: non ce ne frega niente di un giorno o due di riposo in più, siamo tanto forti da battere il Verona a quattro giorni di distanza. Dopo, a fattaccio avvenuto, Buticchi tentò di accreditare la tesi che Artemio Franchi, presidente federale, gli avesse fatto sapere che non avrebbe comunque concesso il rinvio. Ma resta da dimostrare la verità di questa affermazione, e resta il fatto che alla fine nessuno chiese il rinvio. Un gesto di spavalderia pagato a carissimo prezzo.

Una fase della contestata finale di Salonnico, protagonista l’arbitro greco Christos Michas

Il Milan gioca a Salonicco e vince per uno a zero, con un gol di Chiarugi (l’arbitro, il greco Michas, lo favorisce in modo talmente sfacciato da finire sotto inchiesta ..). La giornata è tremenda: pioggia, fango, freddo, la fatica dei rossoneri stroncante. Ma ce la fanno e si preparano a conquistare Verona, dove si portano subito dopo il rientro in Italia dalla Grecia L’ambiente è euforico, anzi addirittura esaltato. L’ex vice-presidente dell’Arezzo, allora inseparabile amico di Buticchi, Rachini, provvide a fare acquistare decine di casse di champagne, per festeggiare la sicura vittoria (lo spogliatoio del Milan, il giorno della partita, sembrava la cantina di «Chex Maxim», negli anni fastosi della belle epoque ..).

Da Milano, dal Veneto, dall’Emilia, dal Piemonte, dal Canton Ticino arrivarono a Verona più di ventimila tifosi del Milan, che invasero la città tappezzandola di bandieroni e vessilli rossoneri. Allo Stadio Bentegodi sembrava di essere a San Siro. Tamburi, trombe, clacson, un baccano d’inferno. E i veronesi, in sparuta minoranza, guardavano In silenzio allibiti…

Si comincia, agli ordini dell’arbitro Monti di Ancona. Dopo 17 minuti Sirena, terzino d’attacco del Verona, va in gol. Infila un lungo corridoio sgombro di avversari, nessuno lo contrasta, arriva a due passi da Vecchi, portiere del Milan, e lo infila come un tordo. Stupore, incredulità: via, il Milan intende scherzare, vedrai adesso gli sfracelli che combina. E di sfracelli il Milan, in quel fatale pomeriggio pieno di sole e di disperazione, ne combinò a josa. Otto minuti più tardi Sabadini devia nella propria rete un tiro, innocuo, di Luppi. Passano quattro minuti e lo stesso Luppi, in splendida solitudine, si presenta davanti a Vecchi e lo fulmina senza pietà. Tre a zero, il Milan sembra intontito, incredulo, assente…

Verona – Milan 5-3, esultanza dei gialloblu dopo la prima rete
L’esultanza dei gialloblu dopo la prima rete

Al 32′ Roberto Rosato, il «guerriero» Rosato, avanza e segna, sorprendendo Pizzaballa con un tiro da lontano: con un’ora ancora da giocare, tutto sembra possibile. Ma nella ripresa Luppi ristabilisce le distanze. Quattro: e sono subito cinque per un altro autogol, questa volta del disperato libero Turone. Poi la furia del Verona si placa, forse gli fa pena quel povero Milan disperato e annaspante, che ha due guizzi nel finale con Sabatini e Albertino Bigon, che segna l’ultima rete dello storico cinque a tre…

Le radioline, intanto, gracchiano i risultati delle partite di Napoli e di Roma. La Lazio, a un minuto dalla fine, pareggia, zero a zero. Anche la Juve, a Roma, è in parità, uno a uno, a due minuti dal termine. Niente è perduto, ci sarà dunque un favoloso spareggio a tre (Milan punti 44. Lazio e Juventus 44)… Ma a Napoli Damiani, eroe randagio delle squadre di mezza Italia, inchioda la Lazio alla sconfitta segnando all’89’… Spareggio a due, allora, tra Milan e Juve? All’improvviso, un boato: Cuccureddu, all’Olimpico, con un tiro a lunga gittata, sorprende il portiere romanista Ginulfi, portando in vantaggio la Juve. Arbitro indovinate chi? Concetto Lo Bello (e fu una direzione di gara mollo discussa…). Scudetto alla Juve: e per il Milan un beffardo, amarissimo, secondo posto ad un solo punto di distacco..

Ma il Verona, direte, allora era fortissimo? Macché! Si classificò decimo, con 26 punti contro i 44 del Milan… Patetico e drammatico il dopo partita al «Bentegodi». Le casse di champagne ancora imballate; i giocatori piangenti e disperati; Rocco che non riusciva a spiaccicare parola; Buticchi letteralmente annichilito; Rachini che tentava, invano, di consolarlo; i veronesi quasi dispiaciuti di quanto era accaduto, che cercarono di entrare nello spogliatoio del Milan per dire parole di circostanza, ma furono pregati di lasciar perdere… E il tristissimo esodo del ventimila tifosi rossoneri, una lunga coda di macchine con i vessilli ripiegati, nascosti, volti rigati di lacrime al di là dei finestrini sbarrati, una Caporetto calcistica indimenticabile.