Wimbledon 1988: l’impresa della Crazy Gang

Cosa deve fare una squadra per entrare nella storia? Vincere? Giocare in maniera spettacolare? Essere composta da grandi campioni? Si, si, si, ma c’è anche un altro modo per entrare nella storia e essere ricordati, forse la maniera più gratificante: regalare emozioni. Le emozioni possono essere di qualunque tipo, ma quando colpiscono un gruppo di persone e sono abbastanza forti rinascono in quelle persone che le hanno vissute e vengono veicolate fino a raggiungere un audience sempre più ampia. Gli amanti dello sport da questo punto di vista sono unici, riescono a far rivivere eventi grazie ad un unico e grande punto in comune: i ricordi. Così, piccole squadre protagoniste di grandi imprese vengono ricordate fino a diventare vere e proprie icone, guadagnandosi ciò a cui tutti gli uomini ambiscono: l’immortalità.

È questo il caso del FC Wimbledon, la Crazy Gang, la squadra di calcio più cattiva degli anni Ottanta. Il grande merito di questo gruppo di pazzi fu quello di riuscire a vincere non grazie alle loro qualità tecniche né alla spettacolarità del loro gioco, non vi erano grandi giocatori o un idea tattica rivoluzionaria, ma allo stesso modo avevano qualcosa più degli altri, qualcosa che li rendeva unici e imbattibili: erano cattivi fino al midollo. Nessuno voleva incontrare il Wimbledon, tutte le squadre d’Inghilterra dalla più grande alla più piccola erano terrorizzate all’idea di dover condividere il rettangolo di gioco con quegli 11 pazzi, e la speranza ad inizio partita non era di uscire dal campo vincitori ma tutti d’un pezzo.

I protagonisti principali di questa squadra erano Dave Beasant, Eric Young, John Fashanu, Dennis Wise e Vinnie Jones. Questi sei giocatori con la loro cattiveria ed una fantastica propensione all’intimidazione rappresentavano al meglio lo stile di gioco del Wimbledon. Beasant era il capitano e il portiere, i suoi supporters lo soprannominarono Lerch per via della sua stazza imponente e della sua somiglianza al maggiordomo della famiglia Addams. Young, nato a Singapore ma che giocò per la nazionale gallese, era il leader difensivo, ed è ricordato con il soprannome di Ninja per via delle sue entrate spettacolari e della fascia di lana che portava sempre in testa.

Poi c’era Fashanu, il granitico attaccante della crazy gang. Fisico da bersagliere e origini nigeriane, la cosa curiosa sul suo conto è che solitamente sono gli attaccanti a lamentarsi della durezza dei difensori avversari, nel suo caso questo non avveniva, era molto più spesso lui che si rendeva protagonista di entrate al limite del processo penale pur di recuperare il pallone e cercare di fare gol.

Wise era il giocatore di maggior talento di quella squadra e la sua carriera ne testimonia le ottime qualità di centrocampista di rottura ma anche in grado di inserirsi e segnare con grande continuità. Una frase molto significativa su Wise la disse Sir Alex: “Wise potrebbe scatenare una rissa in una casa vuota!”. Infine arriva Vinnie, se Fashanu aveva un fisico da bersagliere lui ne possedeva uno da gladiatore. Era alto, forte e con la tipica faccia del “bad boy” britannico. Insieme a Wise componeva una coppia di centrocampisti che (giuro non sto esagerando) terrorizzavano gli avversari.

Per Jones giocare a calcio era come scendere in un arena di guerra, la palla era come il Santo Graal e per cercare di conquistarla ogni mezzo era lecito. Le sue imprese divennero presto leggenda (12 cartellini rossi in carriera, secondo solo a Keane, detentore del record per il cartellino rosso più rapido della storia, arrivato dopo soli 3 secondi dal fischio d’inizio) e vennero raccolte in una serie di VHS chiamati Soccer’s Hard Man, in cui Jones (produttore dei video) commentava le entrate più cattive di cui lui e i suoi colleghi si erano resi protagonisti. La promozione di questa collana gli costò la squalifica da parte del FA e la condanna da parte del chairman della federazione inglese che definì la sua capacità intellettuale uguale a quella di un insetto. In seguito Jones divenne una vera e propria icona inglese, recitando in film di successo come Lock and Stock, The Snatch e X-Men.

Il manager che assemblò questo gruppo fu Dave Basset assieme al proprietario del club, Sam Hammam. Lo stesso Hammam rappresentava bene lo spirito dei suoi giocatori. Presidente vulcanico, era conosciuto per i suoi metodi non proprio ortodossi. Infatti, era solito minacciare i suoi giocatori con visite al museo in caso di sconfitta, durante una partita contro il West Ham venne trovato a scrivere oscenità nel bagno dello stadio. Inoltre, in un occasione per convincere un giocatore a firmare con la sua squadra lo chiuse nel suo ufficio fino alla fatidica firma, giunta più che per la voglia di sbarcare al Wimbledon per il desiderio del malcapitato di tornare a casa dai suoi cari.

È la stagione 1987/88 quella che rappresenterà il culmine della storia calcistica del Wimbledon, cittadina conosciuta più per i suoi verdi campi di tennis che per la sua tradizione futbolistica. L’annata comincia con l’avvicendamento in panchina tra Basset e Bobby Gould. Nonostante il cambio di manager lo stile di gioco dei ragazzi di Wimbledon non ne risentì affatto, e anzi, diventò addirittura più duro e aggressivo. Gould era un ex giocatore di hockey su ghiaccio (avete presente? lo sport giocato da omoni bianchi e sdentati!),dai giornalisti britannici veniva definito “hard as nail” e riuscì nell’impresa di veicolare la cattiveria dei suoi uomini in campo portandoli alla vittoria di una coppa che in Inghilterra conta davvero: l’FA Cup. Oltre alle solite gesta sul terreno di gioco i giocatori del Wimbledon iniziarono a intimidire i propri avversari sin dagli spogliatoi, dove erano soliti mettere musica rock ad alto volume e poi, una volta entrati nel tunnel che faceva incontrare le squadre prima dell’ingresso in campo, cominciavano a parlare con i malcapitati avversari descrivendogli quale parte del corpo gli avrebbero colpito e come. Il modo migliore per scendere in campo in tutta tranquillità.

Il trofeo più antico della storia del calcio è stato vinto dal Wimbledon contro tutti i pronostici (come detto, non è che la crazy gang si ricordi per le qualità eccelse dei giocatori che la componevano), dopo aver battuto in finale il fantastico Liverpool di Kenny Daglish in una partita che regalò moltissime emozioni. Tutti i media inglesi davano il Wimbledon per spacciato, discutendo su quanti gol di scarto ci sarebbero stati tra le due squadre. Quando i giocatori scesero in campo bastarono pochi secondi per far capire agli uomini in rosso che non si sarebbe trattato di una passeggiata di salute. Il colpo di scena arrivò a pochi minuti dalla fine del primo tempo: calcio di punizione per il Wimbledon, il pallone viene affidato a Wise che pennella un fantastico cross sulla testa di Lawrie Sanchez, colpo di nuca e gol!1-0 Wimbledon e tutti quanti negli spogliatoi.

Il secondo tempo è un monologo reds, con la crazy gang che colpisce tutto ciò che si muove con una maglia rossa indosso. Dopo 60 minuti la fortuna degli uomini di Gould sembra svanire, Goodyear abbatte Aldridge in area, rigore per il Liverpool. Si incarica della battuta lo stesso Aldridge. Il capitano del Wimbledon si prepara per la sfida dagli undici metri con il capocannoniere della First Division (non si chiamava ancora Premier League). Il nord irlandese prende la rincorsa, tira, ma Beasant si allunga e riesce a parare. È incredibile, nella storia del FA Cup nessuno aveva mai parato un rigore in finale. Beasant sfata il tabù!

Nei 30 minuti che separano il Wimbledon dalla coppa il Liverpool ci prova in ogni modo ma Beasant è insuperabile. Si arriva così al momento del tanto agognato fischio finale, una citta è in festa! Capitan Beasant si dirige verso il palco d’onore dove Lady-D gli consegna la coppa. La crazy gang è nella storia del calcio inglese, questa volta per la conquista di un trofeo e non per i lividi lasciati sulle gambe degli avversari.

Testo di Edoardo Iannone