WILKES – ZICO – ZIDANE
Faas Servaas Wilkes fu il primo olandese del campionato italiano; arrivò all’ Inter nel 1949, a ventisei anni. Era una mezzala dal carattere taciturno, imperturbabile e freddo. Il volto affilato e malinconico non lasciava sospettare i giochi pirotecnici che era capace di accendere non appena in campo.
Innamorato del pallone, i suoi dribbling mozzafiato non lasciavano scampo ai difensori. Da eccezionale virtuoso, non cercava la continuità di rendimento nè esercitava lo spirito di sacrificio e l’ardore agonistico. Ma nei primi due anni a Milano diede spettacolo, attirando coi suoi giochi di prestigio le folle. Era imprevedibile nelle invenzioni quanto sensazionale bombardiere sotto rete, ma la squadra non ottenne risultati eclatanti. Una piccola crisi nel terzo anno portò il pubblico nerazzurro, notoriamente di palato sin troppo fine, a fischiarlo; un’onta che calò come un’ombra sul suo carattere. Perse fiducia in se stesso, il suo gioco divenne esasperatamente individualista, il dribbling si appannò. Se ne andò allora al Torino, ma una serie di malanni fisici lo costrinse a giocare pochissimo e a lasciare l’Italia a fine stagione.
Per lui, un’intera regione si mobilitò, con interrogazioni parlamentari, minacce di secessione dall’Italia e manifestazioni di piazza. Lo stesso presidente della Repubblica, Sandro Pertini, disse che avrebbe voluto vederlo in maglia bianconera. Bianconero friulano.
Figlio d’arte (il padre era l’ex portiere del Vasco da Gama), Arthur crebbe al calcio nelle giovanili del Flamengo di Rio. Dotato di una tecnica da artista, il suo fisico gracile pareva negato al gioco del calcio. Venne allora spedito a farsi i muscoli in palestra, fra bilanceri e beveroni super-vitaminici. Il risultato fu eccellente, anche se la costruzione forzata dei muscoli gli residuò una predisposizione agli infortuni. Nel 1971 esordiva nella massima divisione, con la maglia numero dieci. Incontenibile realizzatore di gol, venne additato come il naturale erede di Pelè.
Dotato di un tiro secco e preciso e di un dribbling da pantera, i suoi calci di punizione tagliati erano la dannazione dei portieri. Idolo dei tifosi del Flamengo, il suo esordio in Nazionale fu memorabile, un 2-1 all’Uruguay condito da un suo gol.
I suoi movimenti guizzanti, a frenetico ritmo di samba, gli valsero il soprannome di “Zico” (furetto), il suo calcio trascinante riempì di trofei la bacheca del club rossonero. Nel 1983, in piena febbre post-titolo mondiale, accadde l’impossibile: il “galinho” (galletto) venne ingaggiato dall’Udinese di Lamberto Mazza, che se lo assicurò per tre anni. Le cifre dell’operazione (una complicata manovra finanziaria) sconvolsero però i vertici della Federcalcio, che bloccarono l’operazione dell’Udinese e quella della Roma per Cerezo. Sorse allora la protesta popolare, diretta contro le grandi società del Nord. Dopo poche settimane, l’inevitabile dietro-front, e l’arrivo trionfale del campionissimo a Udine (con una auto d’epoca tra due ali di folla). L’asso si dimostrò pari alle attese. Quando si accingeva a battere una punizione dal limite, il portiere faceva testamento. Qualche eccesso di prudenza del tecnico Ferrari (che doveva giostrare tre fantasisti del calibro di Causio, Mauro e Zico) e un pizzico si sfortuna negarono l’accesso all’Uefa a quella splendida squadra. L’anno dopo, riemersero gli infortuni, indotti anche dal clima umido della città e Zico sparì di scena. Malinconico l’epilogo: squalificato per sei giornate per avere insultato un arbitro che aveva convalidato un gol di mano di Maradona, inseguito dalla giustizia italiana (condanna a otto mesi per avere creato società inesistenti all’estero), tornò in Brasile, dove riprese a incantare nel Flamengo. Mancò il titolo mondiale di nuovo nell’86 e poi prolungò fino oltre i quarant’anni la carriera tra i miliardari scenari giapponesi.
Nasce a Marsiglia il 23 giugno 1972 ed esordisce nel campionato francese all’età di sedici anni (1988) nelle fila del Cannes: 185 centimetri per 80 chilogrammi di peso, Zinédine Yazid Zidane mostra già la sua classe e colleziona un discreto bottino fatto di 61 presenze e 6 gol. Nel 1992 passa al Bordeaux dove rimane per quattro stagioni realizzando 28 reti in 139 partite di campionato. Nel 1996 con i “Girondins” Zidane arriva a giocare la finale di Coppa Uefa. E’ il 1994 quando esordisce con la nazionale francese nella gara contro la Repubblica Ceca: entra nel secondo tempo e realizza due gol nel giro di soli 17 minuti, da vero predestinato. Nel 1996 approda in Italia alla Juventus di Marcello Lippi, di cui diventerà il fulcro della fantasia a centrocampo: vince il campionato per due stagioni consecutive (1997 e 1998), una Supercoppa europea (1996) e una italiana (1997) e una Coppa Intercontinentale (1996), mentre perde due finali di Champions League contro Borussia Dortmund e Real Madrid. Grande visione di gioco, capacità di giocare dietro le punte e d’illuminare l’azione con assist e dribbling improvvisi, ottima progressione, Zidane è un giocatore completo. Inventa, regge il centrocampo e guida l’attacco. Sia nella Juventus che in nazionale il suo nome segue come successore quello del grande “re” francese Michel Platini. Il 1998 vede Zidane salire sul tetto del mondo trascinando la Francia alla conquista del campionato mondiale nella finalissima del Saint-Denis contro il Brasile (3-0). Zidane giganteggia e stende i Carioca con due incursioni in area concluse con due colpi di testa, perfetti per potenza e scelta di tempo. E’ il primo storico titolo mondiale dei francesi e la consacrazione planetaria del talento di ‘Zizou’. Lo stesso anno vince con grande merito il Pallone d’Oro e viene eletto miglior giocatore dell’anno dalla FIFA che gli assegna il “World Player of the Year award”. Verrà nuovamente insignito di questo premio nel 2000 e nel 2003. Ceduto nel 2001 al Real Madrid per la cifra record di 150 miliardi di lire, Zidane chiuderà con il calcio nel 2006 nella mitica finale Mondiale contro l’Italia.