ZEMAN Zdenek: l’insostenibile leggerezza dell’essere

“Non è vero che non mi piace vincere: mi piace vincere rispettando le regole”

Di sicuro è un personaggio, uno di quegli allenatori che non passano inosservati o che non dicono cose banali. Zdenek Zeman è nato a Praga il 12 maggio 1947, in un quartiere residenziale sulle rive della Moldava. Il padre Karel è un primario dell’ospedale di Praga, la madre Kvetuscia Vycpalek è casalinga. Zeman parte nell’estate del 1968 insieme con la sorella Jarmila per andare a trovare lo zio Cestmir in Sicilia. E’ proprio mentre si trova nell’isola che i sovietici invadono Praga. Rientra in patria, ma dopo un anno torna in Sicilia alla ricerca della libertà che non esisteva più nel suo paese.

Si iscrive all’Isef di Palermo, dove si diploma con il massimo dei voti. Ottiene la cittadinanza italiana nel 1975. In Sicilia conosce la sua futura moglie, Chiara Perricone, che gli darà due figli, Karel ed Andrea. Si avvicina alla panchina accettando di allenare il Cinisi, una squadra di dilettanti di un paese alla periferia di Palermo. Poi allena il Bacigalupo, il Carini, il Missilmeri e l’Esacalza. Nel 1974 entra nelle giovanili del Palermo che allena fino al 1983.

Il Licata di Zeman

Nel frattempo si iscrive al Supercorso di Coverciano (1978) dove ottiene il patentino di allenatore di prima categoria nel 1979. Nel 1983 il presidente del Licata, Giuseppe Alabisio, decide di assumerlo dopo aver visto lo spumeggiante gioco praticato dalla squadra da lui allenata. Zdenek accetta l’incarico e inizia così la sua scalata al successo. Dodicesimo nel girone D della serie C2 il primo anno, ottiene la promozione l’anno successivo. Straordinario il suo tabellino: in 34 partite ottenne 15 vittorie, 14 pareggi e solo 5 sconfitte. 58 i gol realizzati contro i 30 subiti. Nel campionato 1985/86 si salva piazzandosi al dodicesimo posto del girone B della serie C1.

Nel 1986 i fratelli Casillo assumono come consulente del Foggia Giuseppe Pavone che, affascinato dai metodi rivoluzionari del boemo, lo consiglia per la panchina pugliese. Allena il Foggia nel 1986/87 nel campionato di C1, ma viene esonerato alla ventisettesima giornata in quanto, secondo il presidente Casillo, si è già accordato con il Parma. Si trasferisce nel club emiliano, in serie B, ma la sua esperienza dura solo 7 giornate. Il suo esonero però non avviene prima della vittoria sul Milan in Coppa Italia (ai rigori).

Richiamato in Sicilia nel 1988, allena in serie B il Messina dove conquista l’ottavo posto e scopre il futuro campione delle «Notti Romane» dell’estate del 1990: Totò Schillaci, capocannoniere della serie cadetta con 23 gol.
Il Foggia neopromosso in serie B lo richiama nel 1989: nasce così il «Foggia dei miracoli» con il presidente Casillo, il direttore sportivo Pavone ed appunto mister Zeman. Il campionato parte in salita. Zeman collezione sconfitte. Pasquale lo chiama: «Tu che faresti al posto mio? ». Il boemo ammette: «Manderei via l’allenatore». E Casillo lo spiazza: «Io invece ti confermo, vai avanti». Il Foggia comincia a vincere. A febbraio del 1990 Casillo mette a disposizione del boemo un aereo personale per andare a Praga, a trovare il padre Karel che sta poco bene: dopo 22 anni Zeman torna nella sua città. Intanto Giuseppe Signori segna 14 gol ed il Foggia chiude ottavo.

In quella primavera arriva una chiamata per Bologna, al posto di Maifredi destinato alla Juventus. Zeman non ci pensa a lasciare Foggia. L’anno dopo si concretizza il sogno della A: 38 partite, 51 punti, 67 gol, ma soprattutto il primo posto in classifica. Zemanlandia vuol dire fare un sacco di gol, giocare sempre all’ attacco, pazienza se poi perdi gare incredibili, ma per novanta minuti ti senti come su una giostra. A proposito di gol, al fianco di Rambaudi e Signori arriva Baiano, che a Zeman viene quasi imposto da Pasquale Casillo. Allena la squadra pugliese per 3 anni in serie A conquistando, contro ogni previsione, un nono, un undicesimo ed un nono posto. Sfiora anche la qualificazione alla Coppa Uefa. Si deve a lui la scoperta di Signori, Baiano, Rambaudi, dei russi Shalimov e Kolivanov, del rumeno Petrescu, dell’argentino Chamot e di Padalino che fa esordire contro il Torino a 17 anni.

Nel 1994 si trasferisce a Roma, sponda Lazio. Zdenek ritrova a Roma il suo pupillo Signori e convince il patron a portare nella Capitale anche l’argentino Chamot e Rambaudi. Nonostante il passaggio ad una squadra con maggiori ambizioni, il mister non cambia i sistemi di allenamento, la filosofia è sempre la stessa: è solo con il lavoro che si possono ottenere dei risultati. La prima Lazio di Zeman è sfortunata e viene penalizzata nei suoi risultati da decisioni arbitrali quanto meno discutibili. Nonostante tutto i suoi piazzamenti sono buoni: secondo posto in campionato, quarti di finale in Coppa Uefa.

L’anno seguente raggiunge il terzo posto nel campionato scoprendo al centro della difesa il giovane Alessandro Nesta, futura stella del calcio italiano. Nelle coppe il cammino della Lazio non è positivo come l’anno precedente: viene eliminata dalla Coppa Uefa dai francesi del Lione e dall’Inter nei quarti di Coppa Italia. Il terzo anno della sua storia laziale è forse uno dei più tristi della vita professionale del mister. Poco aiutato dal presidente Dino Zoff ed alle prese con una parte del gruppo che non lo segue più, viene esonerato il 27 gennaio 1997. I tifosi laziali devono comunque a lui in quell’anno la scoperta del ceko Pavel Nedved.

Il 6 maggio 1997 il presidente della Roma Franco Sensi propone a Zeman la panchina giallorossa. Il mister accetta l’incarico e si prepara ad affrontare il campionato 1997/98 che dovrà segnare il rilancio della Roma. Il ritiro di Kapfenberg in Austria getta le basi per quella che sarà la più bella stagione della Roma degli anni novanta. I tifosi riscoprono la gioia di andare allo stadio divertendosi, sicuri di affrontare qualunque squadra a testa alta con la certezza di poter vincere su ogni campo. Chiude la stagione al quarto posto con il miglior attacco della serie A, qualificando così la squadra per la Coppa Uefa. I tifosi, nonostante i quattro derby persi che costano anche l’eliminazione dalla Coppa Italia, sono con il tecnico boemo ed aspettano con impazienza il campionato successivo.

Nel luglio 1998 scoppia la bomba doping. Il mister parla di calcio che deve uscire dalle farmacie e dagli uffici finanziari, provocando la scomposta reazione di molti personaggi dell’ambiente che si sentono tirati in ballo dalle dichiarazioni di Zeman. Tali dichiarazioni gli porteranno non pochi problemi. La stagione 1998/99, nonostante una rosa meno competitiva delle dirette concorrenti, vede la Roma al quinto posto, ad un punto dalla quarta ed a due dalla terza posizione che avrebbero garantito l’ingresso in Champions League. E’ sempre della Roma il miglior attacco della serie A e solo un arbitraggio scandaloso nega ai giallorossi la semifinale di Coppa Uefa. Il tecnico inoltre si prende anche la rivincita nei derby (3-3 all’andata, 3-1 al ritorno). Si devono a lui la definitiva consacrazione di un campione come Francesco Totti, la nazionale per giocatori come Damiano Tommasi, Eusebio Di Francesco e Zago, l’esplosione di Luigi Di Biagio e la pioggia di gol di Marco Delvecchio. Nel maggio 1999 dopo un quinto posto anche la storia fra Zdenek Zeman e la Roma finisce.

Nell’Ottobre 1999 Zeman viene contattato dal presidente del Fenerbahçe Aziz Yildimir che lo vuole leader della sua squadra. Al boemo viene offerto un contratto di otto mesi a un miliardo e ottocentomilioni. L’avventura turca dura però solo tre mesi: difficoltà ambientali e reticenze da parte dei giocatori rendono impossibile per Zeman riaffermare i suoi metodi.

Arriviamo a giugno 2000 ed ad una nuova avventura: si tratta del Napoli, neopromosso in serie A. La speranza è quella di riportare i partenopei agli antichi fasti e riavvicinare i tifosi allo stadio con il bel gioco, prerogativa del tecnico boemo. Le premesse tuttavia non sono delle migliori: dei giocatori chiesti da Zeman ne arrivano ben pochi ed alcuni a ritiro ormai ultimato. Il precampionato fa intravedere sprazzi di bel gioco, ma è la voglia dei giocatori quella che manca; molti sono infatti i giocatori che già dal ritiro danno segni di insofferenza. Con due soli punti conquistati in 8 partite arriva inevitabile l’esonero del presidente Corbelli.

Per la stagione 2001/02 Zeman torna in B sempre in Campania, prima con la Salernitana (un sesto posto e un esonero) e poi, nella stagione 2003-2004, con l’Avellino dove ritrova il presidente Pasquale Casillo e il direttore sportivo Peppino Pavone. Con gli irpini lancia l’attaccante bielorusso Vitali Kutuzov, ma la squadra retrocede in Serie C1 e il boemo lascia la panchina campana.

Nella stagione 2004/05 Zeman risale in Serie A sulla panchina del Lecce fortemente voluto da Pantaleo Corvino. Ottiene un onorevole salvezza e lancia giocatori come Mirko Vucinic e Valeri Bojnov (ceduto a metà campionato). Al termine della stagione il rapporto contrattuale non è rinnovato nonostante Zeman concluda l’annata con il secondo migliore attacco del campionato, con un solo gol in meno della Juventus campione, anche se la difesa giallorossa risulta la più perforata del campionato italiano.

Gli anni successivi sono anni amari per Zeman. Chiamato a Brescia a campionato in corso, fallisce l’approdo ai playoff, e fallisce anche l’esperienza del ritorno a Lecce nel torneo successivo. L’esonero arriva puntuale alla vigilia del Natale 2006. Neanche il ritorno all’estero sortisce miglior fortuna. Con la Stella Rossa di Belgrado l’eliminazione in UEFA ad opera dei ciprioti dell’Apoel e un pessimo avvio in campionato portano Zeman a far le valige già in settembre.

Ma i sogni sono duri a morire e il 20 luglio 2010 il vecchio presidente degli anni della ribalta Pasquale Casillo e altri imprenditori riacquistano ufficialmente il Foggia, richiamando come allenatore Zeman e riformando la storica triade del “Foggia dei miracoli” con Giuseppe Pavone come direttore sportivo. Una stagione dei amarcord e poi via, altre avventure, altri sogni, questa volta in riva all’Adriatico con il Pescara e con una fantastica promozione in serie A al comando di un gruppo di giovanissimi come Insigne, Immobile e Verratti.

Zemanlandia è ancora sulla bocca di tutti e la Roma è pronto a riaccoglierlo a braccia aperte. Il nuovo sogno dura qualche mese: nel febbraio 2013 viene esonerato dopo una sconfitta casalinga per 2-4 contro il Cagliari. E proprio sull’isola arriva l’ultimo approdo in una squadra di serie A, voluto dal neo presidente sardo Giulini. Esito ancora amaro: esonerato e poi richiamato non riesce a risollevare la squadra che retrocede tra i cadetti.